Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 15:00
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

‘Ndrangheta a Condofuri, 24 assoluzioni in primo grado

REGGIO CALABRIA Ventiquattro assoluzioni su 54 condanne richieste e pene fortemente ridimensionate rispetto alle richieste del pm: non passa il vaglio del Tribunale presieduto da Olga Tarzia il caste…

Pubblicato il: 25/07/2013 – 23:18
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
‘Ndrangheta a Condofuri, 24 assoluzioni in primo grado

REGGIO CALABRIA Ventiquattro assoluzioni su 54 condanne richieste e pene fortemente ridimensionate rispetto alle richieste del pm: non passa il vaglio del Tribunale presieduto da Olga Tarzia il castello accusatorio alla base del processo Konta Korion, il procedimento scaturito dall’inchiesta che per prima ha svelato l’esistenza di un locale di `ndrangheta a Condofuri, determinando anche lo scioglimento del locale consiglio comunale. Un provvedimento opportuno, se è vero che l’ex assessore ai Lavori pubblici Filippo Rodà – infermiere di professione e per sua stessa ammissione fulminato sulla via di Damasco della politica attiva «due, tre mesi prima delle elezioni» ma risultato primo fra gli eletti alle successive consultazioni – ha rimediato oggi una condanna a nove anni di carcere. Alla stessa pena sono stati condannati Concetto Manti e Pietro Miceli – per i quali erano stati chiesti rispettivamente 14 e 12 anni di carcere, mentre sono più pesanti le condanne rimediate da Giuseppe Poerio, cui sono stati inflitti dieci anni e sei mesi  – un anno e mezzo in più rispetto alla richiesta del pm – e Ernesto Pontari, per il quale il pm aveva chiesto 18 anni di carcere.  Sono queste le condanne più pesanti inflitte dal Collegio presieduto da Olga Tarzia. Pene minori vanno invece agli altri diciotto imputati. Il Tribunale ha condannato infatti a tre anni e quattro mesi di carcere Domenico Caridi è stato,tre anni e sei mesi vanno invece a  Filippo Guglielmini,  Antonio Massimo Nucera,  Caterina Iriti e Tommaso Miceli Junior, mentre  Tommaso Miceli senior (classe ’49) ha ricevuto una condanna  a tre anni. Sono stati condannati a un anno di reclusione Gianfranco Aquino, Bruno Bertone, Pietro D’Aguì, Antonio Grasso, Antonio Rocco Ieropoli, Francesco Marzano, Giuseppe Scattareggia, Domenico Stelitano, Leone Violi. Si estingue per intervenuta prescrizione, dunque incassano un non luogo a procedere Giuseppe Gurnari, Daniele Marcello Nucera, Francesco Pangallo, Calogero Terrana, Bruno Zappavigna e Ferdinando Zappavigna. Il collegio ha infine disposto di non doversi procedere per morte del reo nei confronti di Giuseppe Caruso.
Tantissime le assoluzioni disposte dal Tribunale. Escono indenni dal processo di primo grado a loro carico Filippo Altomonte, Giovanni Altomonte, Pietro Bertuca, Leone Caridi, Francesco Cataldo, Angelo Cosentino, Giovanni Gullì, Francesco Gurnari, Pio Legato, Vincenzo Marra, Carmelo Modafferi, Pasquale Modafferi, Antonio Nucera, Giuseppe Nucera, Leonardo Occhibelli, Tommaso Ollio, Giuseppe Perrone, Pietro Praticò, Barbara Rinaldo, Giacomo Scattareggia, Marco Siciliano, Massimo Siciliano, Claudio Sottile e Demetrio Tripodi.
Il procedimento conclusosi oggi in primo grado, è scaturito da un’indagine che ha permesso di scoprire che non solo i Rodà – Casile avevano per anni condizionato il  Comune di Condofuri, ma anche che avevano tentato il salto di qualità eleggendo un proprio uomo con l’obiettivo dichiarato di farlo arrivare nella stanza dei bottoni. Una strategia mirata a controllare l’assessorato ai Lavori pubblici, divenuto per i clan crocevia di affari e appalti pilotati. Un progetto riuscito, almeno fino all’intervento della magistratura, che dall’incendio di un escavatore di un’impresa di movimento terra, verificatosi nel novembre del 2004, è riuscita prima a dare un nome e un volto al comitato d’affari – espressione diretta della consorteria mafiosa – che gestiva in regime di quasi totale monopolio l’aggiudicazione degli appalti pubblici della zona, quindi a fotografare il clan, in tutte le sue articolazioni. Alla sbarra sono finiti infatti personaggi della “società maggiore” e della “società minore” della locale di Condofuri, rappresentate plasticamente e descritte in dettaglio da centinaia di intercettazioni che hanno dato gambe all’inchiesta. «Siamo in presenza di una locale importante – ha detto nel corso della sua requisitoria il pm De Bernardo, riconosciuta dal Crimine di Polsi e dunque organizzato sulla base di regole condivise. E le regole sono l’essenza stessa della ndrangheta». Regole comuni che hanno trovato conferma in molte inchieste, descritte in dettaglio dalle centina di conversazioni messe agli atti e che hanno consentito di ricostruire anche le alleanze e i rapporti esterni dei principali personaggi della consorteria. Un filone investigativo fortunato e che ancora non sembra essersi esaurito: non più tardi di qualche mese fa  l’operazione El Dorado ha colpito ulteriormente l’anima della locale di Condofuri, svelando un giro di traffici e riciclaggio che i principali esponenti del clan erano in grazio di gestire tra la Calabria e Viterbo.

Argomenti
Categorie collegate

x

x