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Crupi, “rivoluzione” con libri e riforme

Pasquino Crupi era un rivoluzionario con due sole armi: i libri e le riforme. Sempre controcorrente, sempre irriverente verso il potere, sempre orgoglioso della sua indipendenza, sempre dalla parte d…

Pubblicato il: 21/08/2013 – 17:34
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Crupi, “rivoluzione” con libri e riforme

Pasquino Crupi era un rivoluzionario con due sole armi: i libri e le riforme. Sempre controcorrente, sempre irriverente verso il potere, sempre orgoglioso della sua indipendenza, sempre dalla parte della povera gente. Sapeva come infiammare il cuore e la mente di chi lo ascoltava: ai congressi, alle manifestazioni elettorali, il suo intervento era atteso come quello di una rockstar. “Parla Pasquino, parla Pasquino” era il passaparola tra i compagni che poi  seguivano in religioso silenzio lo tsunami oratorio del “professore”, fino a sciogliersi nella puntuale standing ovation finale. Un abile mix di retorica e fredda analisi politica, condito da un non trascurabile senso teatrale, che lasciava sempre il segno. Mai banale, mai scontato.
Era un rivoluzionario anche fisicamente: un po’ guascone, lo sguardo tagliente, i baffi orgogliosamente ostentati, i capelli fluenti, raccolti dalle ampie falde dei suoi mitici cappelli. Io, ascoltandolo, l’ho sempre immaginato alla Bastiglia con il tricolore francese o a Quarto, con la camicia rossa, accanto a Garibaldi, o a Cuba al fianco del “comandante” Ernesto Che Guevara. Già, le barricate, le trincee, i luoghi metafisici in cui l’intellettuale combatteva le sue battaglie. Più volte ci siamo detti: siamo dei privilegiati, abbiamo il privilegio di stare in trincea e sperare di cambiare le cose. Cambiare le cose era possibile. Ne era convinto Pasquino, tanto da condividere parte del suo percorso politico e culturale con il leader calabrese che più di tutti ha cercato e in parte ottenuto il cambiamento: Giacomo Mancini. Al quale, per la verità, non risparmiava aspre critiche e rilievi, ai limiti dell’irriverenza. Pasquino è stato l’anima di alcuni degli “strumenti” culturali della politica manciniana, il settimanale “Calabria Oggi” e, soprattutto, il Premio letterario “Sila”. Perché è con la cultura, diceva Crupi, che si può fare la vera rivoluzione, mettendo nelle mani della povera gente la “cassetta degli attrezzi”, i mezzi per emanciparsi e per conquistare un’effettiva parità sociale. Alla politica Pasquino chiedeva le riforme, quelle vere, quelle che lasciano il segno nel mondo dell’istruzione e in quello della sanità, in quello del lavoro e in quello del welfare, in modo da garantire a tutti le stesse opportunità e gli stessi punti di partenza. Ma dalla politica ha sempre ricevuto delusioni brucianti.
Come definire Pasquino ? Un comunista o un socialista? Né l’uno, né l’altro. Ai miei occhi appare, oggi che non c’è più, come un rivoluzionario romantico, anarchico e senza regole, un non-allineato la cui vita è stata contrassegnata da un credo ideologico profondo: gli uomini nascono tutti uguali e la cultura può renderli veramente liberi. Hasta siempre, Pasquino.

* Centro Studi “Willy Brandt” – Catanzaro

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