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L`Antimafia, Bilardi e quelle scomode parentele

REGGIO CALABRIA Anche se forse più presentabile, la pezza potrebbe essere peggio del buco. Il passo indietro del senatore Antonio Caridi, circa il suo ingresso nella Commissione Antimafia, ha spalanc…

Pubblicato il: 13/10/2013 – 6:31
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L`Antimafia, Bilardi e quelle scomode parentele

REGGIO CALABRIA Anche se forse più presentabile, la pezza potrebbe essere peggio del buco. Il passo indietro del senatore Antonio Caridi, circa il suo ingresso nella Commissione Antimafia, ha spalancato le porte a Giovanni Bilardi.
Le polemiche attorno alla sua nomina, infatti, hanno spinto Caridi a rinunciare alla designazione ottenuta da Renato Schifani a fare parte della Commissione d`inchiesta.
Prima i giornali e poi i parlamentari del Movimento 5 Stelle, però, avevano ricordato le dichiarazioni dei pentiti sul senatore del Pdl ma soprattutto quanto ha scritto il procuratore della Distrettuale di Genova nella relazione consegnata a Beppe Pisanu circa l`appoggio elettorale che sarebbe stato fornito a Caridi dalle cosche calabresi trapiantate in Liguria.
Ma le vicissitudini giudiziarie di Antonio Caridi sono molto simili a quelle del collega di partito Giovanni Bilardi, coordinatore del movimento “Scopelliti presidente” ed eletto nella lista “Grande Sud”, satellite del Pdl.
Entrambi, va detto con chiarezza, dal punto di vista giudiziario non hanno riportato condanne in Tribunale. Ma se Caridi è stato al centro di un`aspra polemica in questi giorni per via anche di alcune intercettazioni telefoniche, il senatore Bilardi potrebbe vantare di non comparire in alcun brogliaccio della Direzione distrettuale antimafia. Eppure proprio Bilardi annovera parentele e frequentazioni poco raccomandabili. In particolare, come emerge dalla sua scheda personale in mano alle forze di polizia, il consigliere regionale è zio di Ettore Bilardi che in termini di reati, nella vita, non si è fatto mancare nulla. Il congiunto del politico è stato «segnalato per guida senza patente, danneggiamento, fabbricazione o detenzione di materie esplodenti, estorsione, porto abusivo e detenzione armi, favoreggiamento, associazione per delinquere, evasione, libertà controllata, produzione, spaccio e detenzione oltre la modica quantità di sostanze stupefacenti».
Con gli anni lo zio Ettore ha scalato le gerarchie degli ambienti criminali, «incorrendo in specifiche e gravi violazioni di legge di carattere associativo e di natura mafiosa, come omicidio in concorso, detenzione abusiva di armi, associazione di tipo mafioso, evasione, danneggiamento, estorsione ed altro. Risulta significativo il fatto che si sia reso latitante in periodi diversi, prima tra il 1975 e il 1980 per ben cinque anni e dopo tra l’ottobre 1996 e gennaio 1997 per circa tre mesi, ad ulteriore conferma delle qualificate contiguità e protezioni che ha goduto negli ambienti malavitosi locali, evidentemente disposti a sobbarcarsi gli oneri ed i rischi che caratterizzano le lunghe latitanze. Bilardi Ettore Corrado ha sempre saputo con estrema semplicità, introdursi negli ambienti malavitosi, come già accennato avviando la sua carriera criminale dapprima al servizio dell’autorevole cosca Tripodo (quella poi emigrata a Fondi e al capeggiata dal boss Venanzio Tripodo, ndr), mentre dopo in altre, altrettanto potenti e radicate, operanti nell’area nord di questa città».
Ma se fino a qui sono solo parentele e frequentazioni che non comportano responsabilità dirette del futuro componente della Commissione Antimafia, le 146 pagine scritte dalla guardia di finanza di Reggio Calabria e trasmesse alla Corte dei conti di Catanzaro ricostruiscono nel dettaglio le risultanze investigative dell`inchiesta “Rimborsopoli” nell`ambito della quale il senatore Bilardi è indagato per i rimborsi percepiti negli anni in cui è stato consigliere regionale. Anni in cui l`ex capogruppo della lista “Scopelliti Presidente” si sarebbe fatto rimborsare di tutto. Solo nel 2012, infatti, ha percepito 214mila e 121 euro di rimborsi spese, di cui circa 17mila solo per «oggettistica di rappresentanza», sempre nello stesso negozio “Scopelliti 1887 Srl”.
Stando alla ricostruzione delle Fiamme gialle, inoltre, con i soldi del gruppo Bilardi avrebbe pagato le cartelle dell`Agenzia delle Entrate (il 5 e il 9 maggio 2012 si è fatto rimborsare 1245 euro e 1430 euro del modello F24), un set di valigie da 1200 euro, le consulenze ad un avvocato da 4680 euro, una stampante da 767 euro, un Iphone 4S da 655 euro, vari pernottamenti, un «giro pizza» a «Villa Lermar» da 660 euro e spese in gioielleria per circa 7mila euro.
Quando si trattava di gioielli, il senatore Bilardi aveva chi pensava per lui. Quello che non riusciva a comprare (e a farsi rimborsare) di persona, lo faceva attraverso il suo collaboratore e autista Carmelo Trapani che si sarebbe fatto rimborsare, tra le tante cose, circa 3600 euro di giornali, pranzi e dolci vari. Ma anche i fiori, un «armadio battente» da 210 euro, l`abbigliamento, pelletteria, qualche viaggio, un telefonino Samsung da 200 euro, il sirvizio a domicilio di Sky e 10 foulard da 700 euro.
E se la moglie di Bilardi è indagata nell`inchiesta “Torno Subito” sugli assenteisti del Comune di Reggio Calabria, almeno uno dei suoi più stretti collaboratori lo ritroviamo citato negli atti delle inchieste antimafia. Si tratta di Tino Scopelliti, fratello del governatore, al quale nei mesi scorsi è stato affidato l`incarico di collaboratore parlamentare. Un compito che lo ha costretto a chiedere la collocazione in aspettativa in quanto è un funzionario dell’Agenzia delle Entrate. Oggi, quindi, in quanto collaboratore di un senatore componente della commissione parlamentare antimafia, Tino Scopelliti potrà avere accesso agli atti e alle audizioni, alcune delle quali secretate, dei magistrati Giuseppe Pignatone e Giuseppe Lombardo che nel settembre 2010 hanno relazionato sull`inchiesta “Meta”. La stessa indagine nell`ambito della quale due imprenditori, ignari di essere intercettati, parlavano di mazzette legate agli appalti del Comune di Reggio Calabria. «I soldi se li sta prendendo il fratello del sindaco. – era stata la frase intercettata dal Ros, all`epoca guidato dal colonnello Valerio Giardina – Di tutti! Quello che si è riempito la mazzetta, quello che si è preso la pila». (0030)

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