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Vicenda Mauro, il pm chiede una condanna ad otto anni

REGGIO CALABRIA Otto anni di reclusione e trentamila euro di multa: sono richieste pesanti quelle formulate dai pm Antonio De Bernardo e Luca Miceli per il patron del caffè reggino, Antonio Mauro e i…

Pubblicato il: 14/10/2013 – 17:19
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Vicenda Mauro, il pm chiede una condanna ad otto anni

REGGIO CALABRIA Otto anni di reclusione e trentamila euro di multa: sono richieste pesanti quelle formulate dai pm Antonio De Bernardo e Luca Miceli per il patron del caffè reggino, Antonio Mauro e il figlio Maurizio. Nonostante su molti reati loro contestati – primo fra tutti l’esercizio abusivo del credito – si sia abbattuta la mannaia della prescrizione,  per la pubblica accusa i due sono comunque i capi promotori di un’associazione a delinquere finalizzata all’usura. Insieme a loro, per i due sostituti deve essere condannato anche Domenico Marino, uno dei dipendenti, ritenuto responsabile di almeno tre episodi di usura, ancora non caduti in prescrizione, che ha invece “salvato” gli altri imputati.
Nonostante l’appassionata – e lunghissima – arringa difensiva cui lo stesso Maurizio Mauro si era abbandonato qualche mese fa, quando – dopo aver chiesto e ottenuto di rendere dichiarazioni spontanee – ha rivendicato le pratiche “assolutamente legittime” applicate dall’azienda per «venire incontro alle esigenze del cliente», agevolato nell’oneroso acquisto di una macchina per il caffè, «applicando tassi di interesse assolutamente legali», le sue argomentazioni non hanno convinto i pm. Per la pubblica accusa, il gruppo Mauro sarebbe stato sì un leader del caffè, ma per affermarsi avrebbe in realtà ideato un raffinato sistema di prestiti con tassi di restituzione usurari occultato dietro le forniture. E per la pubblica accusa, l’ormai ex promessa dell’imprenditoria reggina, inserito un tempo dal mensile Class fra «i duecento giovani che cambieranno l’Italia», dell’associazione che ha gestito quel sistema sarebbe stato insieme al padre l’ideatore e il promotore. Una tesi sostenuta in aula dai pm Miceli e De Bernardo, con un’articolata requisitoria divisa in due parti, che non solo ha spiegato la struttura dell’associazione, ma ha anche sviluppato a fondo l’aspetto tecnico del calcolo dell’usura e dei tassi di interesse che devo ritenersi tali.
È toccato al pm Miceli iniziare la requisitoria spiegando in dettaglio non solo l’esistenza dell’associazione e le sue caratteristiche, ma anche i ruoli che ogni singolo imputato ricopriva al suo interno. Una tesi sostenuta anche sulla base della condanna rimediata in abbreviato dal contabile dell’azienda, Francesco Lia, condannato a poco più di due anni perché considerato come mero esecutore delle direttive del patron del caffè, Antonio Mauro e del figlio Maurizio. E proprio a lui, che si è definito un onesto e brillante imprenditore, il sostituto ha lanciato il guanto di sfida, invitandolo a rinunciare alla prescrizione. Una questione cui Mauro non ha mai neanche accennato, nonostante abbia impegnato ben due udienze per perorare la propria causa. E toccherà probabilmente agli avvocati intervenire sul punto, come pure cercare di smontare la dettagliatissima ricostruzione del sofisticato meccanismo di finanziamento proposto dall’azienda, che per la pubblica accusa nasconde in realtà un sistema di prolungata e canonizzata usura . Nell’ipotesi accusatoria infatti, il sistema di pagamento frazionato in cambiali – tutte di identico importo, esclusa quella finale, il cosiddetto “cambialone”, che in caso di mancato pagamento veniva rinnovata e rinegoziata – in realtà nasconde un prestito a tassi usurari.
Una questione spinosa, su cui più volte sono stati chiamati a pronunciarsi tecnici e consulenti, cui però – ha sostenuto De Bernardo, non si può abdicare. «Questo non è un processo di consulenti – ha tuonato in aula il pm – ma di magistrati», rivendicando il diritto e dovere del giudice di valutare le opposte perizie senza farsi condizionare nel giudizio. Del resto, dalla sua il pm ha anche una nota che potrebbe mettere fine alla diatriba sul metodo di calcolo degli interessi usurari, su cui si è incentrata tutta la strategia di difesa del collegio di avvocati che difende l’imprenditore. Rispondendo a una serie di quesiti della Procura, la Banca d’Italia, con una nota che oggi è stata acquisita agli atti del processo, ha dato infatti il “visto” al metodo di calcolo degli interessi applicato dal pm De Bernardo che a sostegno della sua tesi ha portato anche le conversazioni durante le quali un preoccupato ragioniere Lia metteva in guardia i propri capi  dalle possibili conseguenze dell’operazione, come pure le e-mail con cui i torrefattori d’Italia bombardavano il ragioniere, lamentando il comportamento della Mauro caffè e che il dipendente girava puntualmente ai vertici dell’azienda. «I Mauro – ha detto il pm, mostrando grazie a una serie di slide, carta per carta, contratto per contratto le pratiche messe in atto dall’azienda – ragionavano come una banca, si comportavano come una banca, ma non sono una banca». Tutte ragioni sufficienti per sostenere una richiesta di pena così alta, ma sulla quale incombe l’ombra della prescrizione. Stando ai calcoli imposti dalla controversa legge Cirielli, nonché dall’interpretazione della Cassazione della nuova normativa sull’usura, il prossimo 13 dicembre – giorno in cui è prevista la sentenza – anche il reato principale cadrà in prescrizione. A meno che Maurizio Mauro e il padre Antonio non siano così sicuri delle proprie ragioni, da decidere di rinunciare a questa possibilità. Ma sul punto – almeno per adesso – dal folto collegio di avvocati dei due non è arrivato alcun commento. (0090)

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