Perla dello Stretto, parla Crucitti
REGGIO CALABRIA «Noi abbiamo fatto un’informativa sulla “Perla dello Stretto”, ma non è stata evasa»: è dalla testimonianza dell’ispettore Crucitti, stretto collaboratore dell’allora dirigente della…

REGGIO CALABRIA «Noi abbiamo fatto un’informativa sulla “Perla dello Stretto”, ma non è stata evasa»: è dalla testimonianza dell’ispettore Crucitti, stretto collaboratore dell’allora dirigente della Mobile, Luigi Silipo, chiamato oggi a riferire sulle indagini a carico di soggetti oggi imputati nel procedimento, che emergono nuovi particolari sulla “Perla dello Stretto”, il centro commerciale nato a Villa dalla riconversione di un immobile di proprietà della Fiat. Ed è affrontando la figura dell’ex direttore della Multiservizi, Pino Rechichi che l’ispettore finirà per parlare di quell’operazione fortunata per la casa torinese, che all’inizio degli anni Duemila riesce a vendere il deposito e centro di smistamento di Villa San Giovanni alla Romeo Antonino & C. sas, già proprietaria del maxistore Mercatone.
«Nonostante l’affare fosse formalmente di Romeo Antonino, chi si relazionava con le banche era Giovanni De Stefano», ha riferito Crucitti, confermando un dato già emerso nel corso dell’escussione del suo ex capo, Silipo, ma aggiungendo anche nuovi dettagli. «I lavori per l’esecuzione vennero veicolati da Giovanni De Stefano tramite la Comedil di Giuseppe Rechichi e l’architetto Franco Audino. Per noi entrambi erano espressione dei De Stefano – Tegano».
L’ex direttore operativo di Multiservizi – che più di un collaboratore indica come uomo di Carmelo Barbaro, uno dei grandi vecchi del clan Tegano, impegnato fin dai tempi della guerra a gestire soldi e affari degli arcoti – avrebbe dunque svolto un ruolo anche nell’affare Perla dello Stretto. E di certo non limitato alla manutenzione. A svelarlo è un’intercettazione riferita da Crucitti per spiegare il ruolo che Giuseppe De Stefano, secondogenito di quel don Paolino che negli anni `70 aveva cambiato il volto e la strategia della `ndrangheta reggina e del quale all’inizio degli anni Duemila – stando a quanto emerso nel procedimento Meta – aveva ereditato il potere e il ruolo. «In quel periodo Peppe De Stefano – ricorda Crucitti – era al soggiorno obbligato a Messina, quindi veicolava gli ordini tramite suo cugino Giovanni».
Era dunque Giovanni a tenere i rapporti diretti con Rechichi per l’affare della “Perla”. Tranne in una occasione. È il 15 novembre 2001 quando gli investigatori intercettano una conversazione fra Pino Rechichi e Giovanni De Stefano. Insieme a lui c’è Peppe De Stefano, che – come anche Silipo ha confermato al processo Archi Astrea – sarebbe stato il vero regista dell’operazione che ha portato Fiat a cedere la struttura di Villa alla Romeo Antonino & C. E proprio del perfezionamento dell’affare – in cui nessuno dei due formalmente figura – parlano al telefono Peppe De Stefano e Pino Rechichi, che per il figlio di don Paolino sembra gestire quelle trattative. Un affare complesso, che sembra essersi arenato fino a quando Peppe De Stefano non ordina a Rechichi: «Senti una cosa, fammi un favore, vai a vedere dove mangia questo, ti parcheggi fuori, lo prendi, glielo porti là dal principale, là da Romeo, te lo porti là, gli porti i miei saluti, gli dici che hai portato a questo… entro dieci minuti gli firma il contratto, mi segui? Glielo fai firmare là, subito senza che ve ne andate, che pure che dice dobbiamo parlare, dobbiamo fare, no. Siamo qua per firmare il contratto. Vi saluta Peppe, ha detto così, questo è venuto apposta per firmare il contratto».
E i saluti di Peppe devono essere stati panacea di ogni difficoltà e male, se è vero che nel giro di poco il contratto verrà firmato e all’ex deposito Fiat, la Comedil prima e la Finpredil – di proprietà di Salvatore Laganà e dei fratelli Francesco e Mario Audino, boss vicinissimo a Peppe De Stefano trucidato in un agguato nel 2003 – poi, inizieranno i lavori di ristrutturazione. «I De Stefano hanno fatto di tutto perché la Perla nascesse», ha detto l’ispettore che però ha voluto sottolineare: «Nel corso dell’indagine Astrea consideravamo Rechichi più vicino ai Tegano che ai De Stefano, ma ai tempi di quella sulla Perla dello Stretto consideravamo i De Stefano – Tegano un’unica consorteria. Inoltre, quei contatti telefonici ci fecero capire che nell’affare c’erano sia i De Stefano, sia i Tegano». Un chiarimento alla luce del quale sembra divenire anche più evidente il nesso che lega il mega-affare di Villa, all’infiltrazione in Multiservizi – oggetto del procedimento Archi Astrea – in cui in cui Fiat – curiosamente – decide di investire. Coincidenze che iniziano a comporre un quadro quanto meno sospetto, ma che all’epoca in cui l’informativa sull’interesse dei De Stefano per la Perla forse non erano saltate agli occhi degli inquirenti che decisero di non dare seguito a quell’indagine.
Ma grazie alla testimonianza dell’ispettore Crucitti è stato possibile forse anche fare luce su Giuseppe Morabito, l’ex killer del clan Tegano in seguito divenuto collaboratore chiamato a deporre nel processo “Archi-Astrea”, che si è ostinatamente rifiutato di rispondere alle domande che il pm Lombardo avrebbe voluto rivolgergli sugli assetti del clan di Archi. Nonostante i ripetuti avvisi del presidente del Collegio, Giuseppe Campagna, alle domande del pm Morabito ha opposto un ostinato silenzio che gli è valso la trasmissione degli atti in Procura. Un silenzio che forse non è casuale. Morabito è stato infatti arrestato di recente in flagranza per furto aggravato insieme al nipote Giovanni Morabito e a Salvatore Sinicropi. Due soggetti ben noti alle forze dell’ordine. Se a carico di Sinicropi risulta anche un arresto nell’ambito dell’operazione Testamento come «soggetto affiliato al clan Libri», stando alle risultanze investigative sia lui sia Giovanni Morabito possono vantare una «comune e assidua frequentazione con elementi della cosca Tegano». Una frequentazione che forse potrebbe aver influito anche sul silenzio dello zio.