Lotta alla `ndrangheta, Gratteri in tv: «Adesso tocca alla politica»
Dalla rivoluzione di Papa Francesco a quella auspicata e auspicabile del sistema giustizia in Italia; dalla `ndrangheta che in Sud America non conta il denaro ma lo pesa a quella che in Calabria è p…

Dalla rivoluzione di Papa Francesco a quella auspicata e auspicabile del sistema giustizia in Italia; dalla `ndrangheta che in Sud America non conta il denaro ma lo pesa a quella che in Calabria è protetta da certa Chiesa, dal caso Cancellieri al caos Berlusconi. È un Gratteri a tutto tondo quello che è intervenuto questa sera a Otto e mezzo, la striscia informativa quotidiana condotta da Lilli Gruber. A partire dall’allarme lanciato qualche tempo fa dalle colonne di un noto quotidiano nazionale, il procuratore aggiunto della Dda reggina spiega come l’operazione trasparenza avviata dal nuovo pontefice in Vaticano, possa essere interpretata come una minaccia da quella `ndrangheta che investe, che ricicla denaro, che negli anni si è nutrita delle connivenze con la Chiesa e con lo Ior. «Forse Ratzinger non aveva più sufficiente energia, ma questo Papa è andato subito al cuore del problema, in pochissimo tempo rispetto a quelli che sono i normali tempi della Chiesa». Una Chiesa che in Calabria – dice Gratteri – spesso ha chiuso «uno o anche tutti e due gli occhi» di fronte alle richieste di una `ndrangheta che ha bisogno “della visibilità” che stare vicino alla Chiesa stessa dà. «Per uno `ndranghetista farsi vedere vicino alla Chiesa è come essere il presidente di una squadra di calcio, non da guadagni immediati, ma crea consenso». Un principio che vale tanto per i capi come per gregari e picciotti. «Da un’indagine svolta in un carcere – ricorda il procuratore, che ha appena firmato a quattro mani con Antonio Nicaso un libro che affronta proprio il rapporto fra ndrine e religione – risulta che il 98% degli affiliati detenuti prega i santi. Prima di uccidere, uno ndranghetista si rivolge alla Madonna. Lo fanno perché loro si sentono nel giusto perché nella loro ottica è la vittima ad aver violato le regole della `ndrangheta». Un’organizzazione potente, con base in Calabria, ma radici in tutto il mondo – sottolinea Gratteri – il cui problema oggi non è produrre ricchezza, ma ripulire gli enormi patrimoni che già detiene. Per questo, sottolinea il procuratore è necessaria una nuova severità nella gestione dei beni confiscati, che «oggi non funziona. Non bisogna tenere in vita imprese fasulle, che sono anomalie di mercato». Allo stesso modo dice Gratteri – che è stato chiamato da Enrico Letta a far parte della task force che nel giro di pochi mesi ha elaborato una serie di proposte di riforma dei codici per rendere più semplice e efficace la lotta alla mafia – è necessario riformare la giustizia. «Non è necessaria una grande trasformazione, ma piccole modifiche che vanno fatte contemporaneamente, tutte insieme». Modifiche come la più volte auspicata informatizzazione del processo penale, l’equiparazione in termini di pene del reato di associazione mafiosa con quelli relativi a traffico e spaccio di stupefacenti o ancora ricette per risolvere l’emergenza carceri che passino da accordi bilaterali perché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi d’origine o da seri programmi di recupero per i detenuti tossicodipendenti. Le proposte di riforma sono state elaborate, sono tante e stanno sul tavolo del presidente del Consiglio.«Adesso – dice Gratteri – tocca alla politica».
Una politica che ha bisogno di credibilità, dice Gratteri, rispondendo a una domanda sul caso Cancellieri: «Può non aver commesso alcun reato, ma la politica ha bisogno di essere credibile». Mentre su Berlusconi e sugli annunciati “documenti americani” destinati – a suo dire – a stravolgere le sue sorti giudiziarie, il procuratore non si pronuncia «non conosco quelle carte quindi non posso esprimermi al riguardo, ma posso dire che la revisione del processo è più un’ipotesi di scuola che una prassi diffusa, per ottenerla sono necessari elementi inediti e decisivi». Un’ultima battuta – al vetriolo – il procuratore la riserva all’antimafia di professione. Ed è con severità che Gratteri quasi sbotta «per parlare di lotta alla mafia bisogna avere una storia alle spalle, invece c’è gente che si è inventata un mestiere». Lo dice con coscienza di causa Nicola Gratteri. Più volte le ndrine hanno progettato di ucciderlo, da anni vive sotto scorta. «Ma io – dice – sono un uomo libero, molto libero».