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OPERAZIONE INGANNO | «Il manuale Cencelli delle `ndrine»

REGGIO CALABRIA «Siamo di fronte all’ennesima operazione che dimostra quanto sia profondo l’inquinamento della politica da parte della `ndrangheta – afferma senza mezzi termini il procuratore capo de…

Pubblicato il: 12/12/2013 – 15:42
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OPERAZIONE INGANNO | «Il manuale Cencelli delle `ndrine»

REGGIO CALABRIA «Siamo di fronte all’ennesima operazione che dimostra quanto sia profondo l’inquinamento della politica da parte della `ndrangheta – afferma senza mezzi termini il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho –. San Luca non poteva esserne esente, considerando il suo ruolo centrale nella governance della `ndrangheta». Una previsione facile, ma soprattutto confermata dai fatti. Sciolta più volte per infiltrazioni mafiose, l’amministrazione comunale del piccolo comune della Locride torna protagonista delle cronache: è ancora accusata di essere al servizio delle `ndrine prima che dei suoi cittadini. Sono questi i motivi che hanno portato all’arresto dell’ex sindaco Sebastiano Giorgi – per lungo tempo accreditatosi come icona dell’antimafia – e del suo assessore all’Ambiente, Francesco Murdaca, entrambi accusati non solo di aver concesso appalti e lavori alle storiche `ndrine di Platì, ma anche di averli equamente divisi in ragione della forza e del peso criminale di ognuna.

LA SPARTIZIONE DEGLI APPALTI
«Gli appalti pubblici – spiega Cafiero de Raho – andavano alle famiglie criminali di maggior peso, i Romeo “Staccu”, i Pelle “Gambazza” e i Nirta “Scalzone”, mentre i lavori di somma urgenza andavano alle `ndrine di seconda fascia, come i Mammoliti “Fischiante”, i Nirta “Terribile” e gli Strangio “Jancu” ”. «Un manuale Cencelli della `ndrangheta» per il procuratore aggiunto Nicola Gratteri – che assieme al sostituto Francesco Tedesco ha coordinato l’indagine – in ragione del quale tra i clan di Platì sono stati divisi appalti per milioni di euro. Lavori e favori che hanno fatto finire in manette anche l’imprenditore Giuseppe Cosmo – già ai domiciliari per altra causa – titolare dell’omonima impresa edile che si era aggiudicata appalti importanti come la metanizzazione e lo sviluppo del progetto “Percorsi di cultura e fede nel centro storico”. A Francesco Strangio, conosciuto come Ciccio Boutique, era andato invece il controllo esclusivo dell’area mercatale della zona di Polsi e per questo è stato arrestato questa mattina, assieme ad Antonio Nirta, “il Terribile”, reale proprietario della Edil Trasporti, attribuita fittiziamente ai figli. Per gli inquirenti, Sebastiano Giorgi era un «sindaco eletto con il consenso e l’appoggio delle cosche», responsabile di aver  asservito «l’attività amministrativa ai voleri degli appartenenti alle cosche che di fatto avevano occupato il Comune», dunque «referente  politico e amministrativo cui le cosche si rivolgevano per assecondare le loro necessità in materia di appalti e lavori pubblici».

IL SINDACO E L’ASSESSORE DEI CLAN
Il sindaco si sarebbe preoccupato anche di tutelare gli affari, omettendo di comunicare alla Stazione unica appaltante dati che avrebbero comportato l’immediata revoca dei lavori come l’arresto di Antonio Pelle, che tramite l’Azzurra Costruzioni si era aggiudicato un appalto da 300 milioni di euro, o l’interdizione all’attività imprenditoriale che aveva colpito Antonio Nirta, o ancora – banalmente – i ritardi e la pessima esecuzione delle opere, che hanno salvato le imprese dei clan dalle relative penali. Servigi per i quali Giorgi sarebbe stato debitamente ricompensato non solo con l’elezione a sindaco, ma anche con un concreto e attivo supporto quando con la lista di centrodestra “Noi Sud” ha tentato la corsa alla Regione.  Comportamento del tutto analogo a quello del suo assessore Francesco Murdaca, imparentato con i Mammoliti  e loro presunto principale referente.  Un vincolo di parentela che – ad esempio – avrebbe portato ad assegnare i lavori  di ripristino della viabilità nella zona di Polsi a Francesco Mammoliti, nonostante fosse sorvegliato speciale e utilizzasse mezzi intestati fittiziamente all’impresa individuale del nipote.

IL COMMISSARIAMENTO NON BASTA
Un quadro devastante che rimette al centro della discussione il tema dello scioglimento delle amministrazioni, oggi – di fatto – incapace di arginare le infiltrazioni mafiose. «La Commissione d’accesso, come la gestione commissariale di un’amministrazione per un anno, un anno e mezzo, non basta ad arginare la pressione dei clan – afferma convinto il procuratore capo della Dda –. È necessario che questi Comuni vengano messi sotto tutela, magari con un controllo di legittimità e di merito degli atti che producono. Un ente sciolto più volte per mafia deve essere trattato come un soggetto interdetto su cui lo Stato estende la propria tutela. Questo non significa togliere democrazia, ma garantirla». Concetti ribaditi anche qualche giorno fa di fronte alla Commissione parlamentare antimafia, straordinariamente riunita a Reggio Calabria, cui Cafiero de Raho non ha mancato di manifestare l’urgenza di rinforzi in riva allo Stretto, dove «parlare di ritardo sembra addirittura risibile».

«MANDATECI RINFORZI»
Ma le forze per lavorare non ci sono. «La Procura di Reggio Calabria è costituita da 26 magistrati di cui 23 in servizio, 4 sono stati trasferiti e a breve se ne andranno, ma solo un nuovo pm arriverà a Reggio Calabria. È un numero assolutamente inadeguato perché si continua a pensare che gli organici vadano modulati sulla base della popolazione, ma se è vero che la `ndrangheta è l’organizzazione più potente del mondo, le forze sono assolutamente insufficienti». Quello del procuratore capo della Dda è un vero e proprio allarme, già lanciato di fronte ai parlamentari della Commissione antimafia e ribadito pubblicamente oggi: «Di fronte a un grado di inquinamento così elevato la Procura sarà sempre in ritardo, perché l’organico dovrebbe essere moltiplicato, non raddoppiato». (0070)

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