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I Rechichi “contavano” su un magistrato e un poliziotto

REGGIO CALABRIA Ci sono un magistrato della Cassazione e un poliziotto infedele fra le persone che la famiglia Rechichi ha cercato di contattare , all’indomani dell’arresto per associazione mafiosa d…

Pubblicato il: 22/01/2014 – 21:40
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I Rechichi “contavano” su un magistrato e un poliziotto
REGGIO CALABRIA Ci sono un magistrato della Cassazione e un poliziotto infedele fra le persone che la famiglia Rechichi ha cercato di contattare , all’indomani dell’arresto per associazione mafiosa del direttore operativo della Multiservizi Giuseppe, per avere notizie e indiscrezioni sull’indagine in corso. È quanto emerge dalla lunghissima deposizione dell’attuale capo della Mobile di Torino, Luigi Silipo, fino a qualche anno fa numero due del medesimo reparto a Reggio, che proprio in questa veste ha sviluppato le indagini  sulle conversazioni telefoniche e ambientali – ascoltate e intercettate dalle cimici degli investigatori – di Giuseppe Rechichi e i suoi familiari. Conversazioni che per ordine del pm Giuseppe Lombardo, la Mobile reggina ha passato a pettine fitto, e si sono rivelate una devastante miniera di informazioni. Ma non solo per gli imputati. Toghe infedeli? Ascoltati dalle cimici del Ros, anche nel corso dei colloqui in carcere, i Rechichi non hanno avuto alcuna remora a far riferimento ai personaggi – almeno un giudice e un poliziotto – su cui contavano per avere sostegno e informazione. «Dalle intercettazioni – sintetizza Silipo – emerge il tentativo di contattare un magistrato in servizio a Roma, alla Corte di Cassazione, tramite il quale si spera di avere notizie e consigli. Purtroppo gli elementi raccolti non ci hanno permesso di arrivare ad una identificazione». Gli investigatori arriveranno a scoprire solo che si tratta di una donna, con cui tanto la moglie di Rechichi, come il fratello Rosario, avrebbero dovuto incontrarsi. Un incontro che – stando a quanto emerge dalle conversazioni intercettate e riferite oggi in aula dal dirigente della Mobile – sarebbe saltato almeno un paio di volte perché il giudice era in ferie, ma che alla fine si sarebbe svolto a Roma, dove il solo Rosario Rechichi si sarebbe recato portando con sé «tutte le carte e i progetti ». Gioco sporco Sicuramente più dettagli sono emersi invece a carico di quella divisa, cui i Rechichi erano arrivati grazie al vasto entourage  della moglie dell’ex direttore operativo della Multiservizi. Si tratta dell’agente della Narcotici, Peppe Rocchetta, alla cui porta la famiglia bussa per cercare di ottenere informazioni, ma che – stando a quanto emerso – sarà poco d’aiuto. Eppure qualche divisa – ancora da identificare – ma ben informata sulle indagini e disponibile a metterle a disposizione degli indagati c’era se è vero che – afferma in aula Silipo – «Marco, il figlio di Rechichi riferisce al padre di aver parlato con il poliziotto “che ha preso le armi” e che questi gli avrebbe detto testualmente “Pino non esce perché se esce devono arrestare Pignatone». Un’affermazione sibillina che – almeno allo stato – investigatori ed inquirenti non hanno saputo o voluto spiegare, ma che dà il metro della capacità dei Rechichi di entrare in contatto con personaggi in grado di conoscere le pieghe più segrete e profonde di indagini in corso. E questo non sarebbe stato l’unico tentativo di giocare sporco. Dall’audizione del dirigente della Mobile, nonostante le proteste veementi di alcuni dei legali, emerge che i Rechichi avrebbero tentato – dice Silipo rispondendo ad una specifica domanda del pm Lombardo – «tentato di falsificare alcuni atti» riguardanti Multiservizi e Monte dei Paschi di Siena. Quel debito di Montesano che inguaia Rechichi Proprio la  pessima salute delle società Sica e Recim – entrambe nella compagine di Multiservizi e con cui  almeno formalmente nulla avrebbe dovuto avere a che fare – sono la principale preoccupazione di Pino Rechichi nel corso dei suoi ultimi mesi da uomo libero e dei primi da recluso. Lo raccontano le conversazioni intercettate in quel periodo dagli investigatori, che danno conto dei suoi frenetici contatti  con commercialisti, legali e banche. A mettere nei guai la Sica e la Recim – due dei soggetti societari entrati nella compagine di Multiservizi – sarebbe stato anche un credito che i Rechichi avrebbero vantato da Carlo Montesano, al quale avrebbero affittato un immobile in zona Saracinello, sulla statale 106. Lì l’ex patron della Gdm aveva installato il suo supermercato Carrefour express, ma nel giro di pochi mesi avrebbe iniziato ad accumulare sempre maggiori ritardi nel pagamento del canone di locazione. Un debito che fa impazzire Rechichi, che nel corso di una conversazione riferita da Silipo si dice disponibile a recuperare quei soldi anche con una transazione non ufficiale, anche perché quell’ammanco lo mette nei guai con Mps, istituto di credito con cui ha contratto un mutuo milionario, che non è in grado di onorare. Pino Rechichi, vero dominus delle società Ed è su questa traiettoria che si muovono la maggior parte delle conversazioni registrate dagli inquirenti in quei mesi convulsi e che «dimostrano senza ombra di dubbio che fino ad oggi Pino Rechichi è stato il vero e proprio dominus delle società. Nonostante fosse in carcere, ha continuato a impartire direttive, mentre all’esterno il suo ruolo è stato assunto dal fratello Rosario». Una circostanza confermata anche dalle lamentele della moglie di Rechichi, che con il marito protesta per il carattere «accentratore» del fratello, che – stando a quanto emerge – in sua vece parteciperà ad una serie di riunioni con massimi vertici della Multiservizi, come il direttore generale Paolo Vazzana e i Cozzupoli, titolari di una delle società private entrate nella compagine della municipalizzata.  Incontri che – almeno in un caso – vedranno la partecipazione dell’ex consigliere comunale Dominique Suraci, tratto in arresto per associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta Assenzio – Sistema. E sarà proprio qualche ora dopo quell’incontro che gli investigatori registreranno Suraci in sottofondo affermare «non socio privato, ma socio occulto». Un particolare che non viene spiegato né approfondito, ma che sembra confermare gli stretti legami fra l’ex consigliere comunale e quella società mista e chi di fatto la amministrava. Stando a quanto svelato dalle indagini infatti, nel 2007 la Multiservizi si sarebbe trasformata in uno dei grandi bacini elettorali per l’aspirante consigliere proprio grazie all’allora direttore operativo Pino Rechichi. Per gli inquirenti, i due sono massima espressione dei professionisti al servizio del clan Tegano, ma le cronache cittadine – che prima dell’arresto di entrambi li annoveravano nei ranghi della “Reggio bene” – li volevano amici affiatati. Insieme a loro, facevano gruppo – e stando a quanto riferisce Silipo non mancheranno di far arrivare a Rechichi il proprio sostegno anche dietro le sbarre o si metteranno a disposizione dei familiari – anche professionisti e  imprenditori  “che contano” a Reggio città come Michelangelo Tibaldi e Salvatore Rijli. Tutti soggetti che – a vario titolo e in diverse fasi – hanno avuto a che fare con la Multiservizi e con le indagini che su quella società tutt’ora proseguono.
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