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EVASIONE DA FILM | Renzi: sì alle videoconferenze

ROMA Il caso del detenuto evaso dopo un assalto al furgone della polizia penitenziaria che lo stava portando in tribunale per un`udienza riapre il dibattito sulla possibilità di estendere l`uso della…

Pubblicato il: 04/02/2014 – 21:59
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EVASIONE DA FILM | Renzi: sì alle videoconferenze

ROMA Il caso del detenuto evaso dopo un assalto al furgone della polizia penitenziaria che lo stava portando in tribunale per un`udienza riapre il dibattito sulla possibilità di estendere l`uso della videoconferenza nei processi. A lanciare il sasso in sede politica è un tweet di Matteo Renzi. Il leader Pd prende spunto dalla posizione espressa su alcuni quotidiani dal procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri, secondo il quale se ci fosse stata la videoconferenza per i detenuti di alta sicurezza l`evasione di Antonino Cutrì non ci sarebbe stata. Una posizione che Renzi fa sua: “Mi ha colpito l`analisi del procuratore Gratteri. Con la videoconferenza avremmo evitato assalto, morti, evasione”. La sua non è una voce isolata. Il sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Berretta (Pd) appoggia l`idea di estendere le videoconferenze – oggi previste più che altro per i reclusi al 41bis – anche ai detenuti per gravi reati. Ieri, dopo l`evasione, al ministero della Giustizia si è accarezzata la possibilità di imprimere un`accelerazione a un provvedimento in questa direzione. E di fondo il ministro Cancellieri sarebbe favorevole a un ricorso più ampio alla videoconferenza, partendo dal presupposto che se l`imputato è pericoloso sarebbe meglio che non uscisse dal carcere per recarsi in udienza. Ma farlo non è così semplice. Oggi, intanto, è sceso in campo il capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, che dopo aver manifestato “solidarietà e vicinanza” agli agenti della penitenziaria che si sono trovati a fronteggiare una “situazione drammatica”, fa notare: “Il numero delle traduzioni effettuate deve necessariamente porre la questione se non sia giunto il momento di pensare a un maggiore utilizzo delle videoconferenze per i detenuti, soprattutto di alta sicurezza”. E a sostegno della sua tesi, fornisce delle cifre: nel 2013 sono state effettuate 187mila traduzioni per 368mila detenuti. Il Dap, del resto, si era già espresso a favore, e un articolato normativo che prevedeva la videoconferenza anche per i detenuti per mafia e terrorismo (oggi circa 8.500) era stato recepito nei documenti della commissione ministeriale presieduta dal professor Glauco Giostra incaricata di elaborare proposte per riformare l`ordinamento penitenziario. Un input mai tradotto in legge. Contrari, invece, i penalisti, secondo cui in questo modo si lede il diritto di difesa. “Essere sul posto col proprio legale, interloquire con lui è ben diverso che parlare via linea telefonica. Esiste un diritto a starci, nel processo, che non può essere compresso”, afferma il presidente dell`Unione Camere penali, Valerio Spigarelli, che invita a non legiferare sull`onda di “episodi eccezionali” senza nessuna “incidenza statistica”. Eppure, secondo alcuni esperti, si potrebbe predisporre uno strumento flessibile, non obbligatorio, lasciando al giudice la possibilita` di utilizzarlo per i soggetti pericolosi. Per farlo bisogna vincere delle resistenze. A via Arenula lo sanno bene. Se al ministero da tempo è in atto un ragionamento sulla videoconferenza, che comporterebbe tra l`altro notevoli risparmi, la cautela sui diritti della difesa è alta e c`è la consapevolezza che una riforma necessiterebbe di un approfondimento sul piano tecnico e di una trattativa con le parti in causa. (0050)

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