L`OMBRA DEL DEFAULT | Le motivazioni che affossano Palazzo San Giorgio
REGGIO CALABRIA Sono pesantissime le motivazioni con cui la Corte dei conti ha bocciato il piano di rientro presentato dalla triade commissariale per sanare il buco – dalle dimensioni ufficialmente n…

REGGIO CALABRIA Sono pesantissime le motivazioni con cui la Corte dei conti ha bocciato il piano di rientro presentato dalla triade commissariale per sanare il buco – dalle dimensioni ufficialmente non ancora perimetrate – nelle casse del Comune di Reggio Calabria. Un piano rigoroso e pesantissimo per una città già gravata da problemi, ritardi e disservizi, che azzerava gli investimenti, imponeva il massimo rialzo sulle tariffe e riduceva all’osso anche i servizi essenziale, ma non è sembrato sufficiente ai magistrati contabili che lo hanno rispedito al mittente. E sono ben undici – e nevralgici – i rilievi mossi dalla Corte dei conti al piano presentato dai prefetti.
LE MOTIVAZIONI
Stando a quanto si legge in sentenza è infatti impossibile approvare il piano alla luce della «limitata attendibilità della prevista riduzione della spesa per servizi, per trasferimenti e per il personale», anche perché – sottolineano i magistrati «non è stata documentata “l`eliminazione dai fondi per il finanziamento della retribuzione accessoria del personale”, imposta dell’articolo 243 bis, comma 9 del Tuel», di conseguenza, altrettanto inattendibile è il «prefigurato riassorbimento del disavanzo di amministrazione, come peraltro evidenziato dal modesto avanzo di gestione corrente previsto già per il 2013, impropriamente “compensato” da un prefigurato avanzo di parte capitale, da conseguire attraverso vendite “fuori dagli equilibri previsti nel piano”, poi non realizzate e dunque non assistite da concrete riscossioni».
Ma a pesare sulla mancata approvazione del piano sono anche i debiti fuori bilancio, la cui ricognizione «si è rivelata non esaustiva ed incerta (non è stata trasmessa la richiesta certificazione dell’insussistenza di ulteriori debiti), nonostante l’obbligo, ribadito dall’articolo 243 bis, commi 6 e 7 del Tuel, di provvedere, ai fini della predisposizione del piano di riequilibrio, alla «puntuale ricognizione (……) di eventuali debiti fuori bilancio». Inoltre, sottolineano i giudici «il Comune non ha effettuato il riaccertamento straordinario dei residui imposto dall’articolo 243 bis comma 8 lett. e), ma esclusivamente quello ordinario. In detta sede, l’Ente ha disatteso le previsioni di piano con riguardo allo stralcio di buona parte (euro 41.224.340,93) dei residui attivi vetusti, con particolare riguardo per quelli del titolo III (senza che l’operazione possa dirsi totalmente “compensata” dal fondo svalutazione crediti, comunque già contemplato nel piano), lasciando nel contempo inalterato l’ammontare del disavanzo di amministrazione da “riassorbire” nel decennio, saldo la cui attendibilità risulta conseguentemente inficiata in maniera pervasiva».
Se ciò non bastasse, all’esame della Corte si sono rivelati assolutamente insufficienti i 2,5 milioni di euro di accantonamento previsti nel piano di riequilibrio e confermati nella nota del Comune di risposta alla terza richiesta istruttoria del ministero dell’Interno «in rapporto alla grave situazione quali-quantitativa del contenzioso in essere». Traduzione: si tratta di un tesoretto troppo esiguo per poter eventualmente assolvere agli obblighi derivanti dall’enorme mole di contenziosi che gravano su Palazzo San Giorgio.
Ma questi non sono gli unici rilievi mossi dai magistrati contabili ai prefetti che hanno tentato di disegnare un progetto per risanare le dissestate casse dell’Ente. Stando a quanto si legge in sentenza, il Comune non solo «ha ritenuto di poter differire, in misura omogenea per ciascun esercizio e in un arco di tempo decennale, la copertura del disavanzo di amministrazione, in difformità da quanto ritenuto dalla sezione autonomie», ma in ogni caso ha presentato un piano di riequilibrio che «non fornisce adeguata motivazione in ordine alla effettiva dilazionabilità decennale, in termini di competenza, della copertura finanziaria del disavanzo di amministrazione», così come «non ha comprovato l’effettiva sostenibilità del piano in termini di cassa, avuto riguardo all’ingente massa passiva data dai residui passivi, dai debiti fuori bilancio, dalle obbligazioni di competenza e dagli oneri restitutori delle anticipazioni straordinarie».
Troppo ottimista sembra inoltre per la Corte il piano in ordine alle entrate. «La manovra – si legge nelle motivazioni – è risultata, alla luce dei dati disponibili per il 2013, di attendibilità limitata, sul versante delle concrete riscossioni».
Ma per i magistrati, Palazzo San Giorgio ha fatto soprattutto orecchie da mercante. «Il Comune – scrivono i magistrati – è rimasto sostanzialmente inadempiente rispetto all’obbligo (articolo 243 bis, comma 7, lett. e) di effettuare, in sede di predisposizione del piano di riequilibrio, “una verifica della consistenza ed integrale ripristino dei fondi delle entrate con vincolo di destinazione”». Una mancanza reiterata – sottolineano i giudici – «nonostante le ripetute segnalazioni di questa Corte e del Mef, che aveva rilevato, tra l’altro, alterazioni della documentazione contabile relativa. Peraltro, l’importo a fine 2013 approssimativamente riferito dal Comune supera di gran lunga quello massimo (pur incrementato temporaneamente dalla legge) consentito dall’ordinamento».
Ma è con l’undicesima e forse più pesante motivazione che la Corte dei conti lancia la bomba che rischia di affondare definitivamente il Comune di Reggio. Il piano di rientro per Palazzo San Giorgio – si legge – non può passare per «insussistenza del presupposto sostanziale per l’accesso alla procedura di riequilibrio, essendo riscontrabili, come peraltro già rilevato ed accertato da questa Sezione con delibera n. 309/2012, gli estremi della più grave situazione finanziaria prevista dall’art. 244 del Tuel, reclamante l’immediata debita dichiarazione di dissesto finanziario». Quanto sia grave il buco nei conti del Comune non è ancora dato sapere. Di certo – mette nero su bianco la Corte dei Conti – è troppo profondo perché l’Ente si possa salvare.
E ADESSO?
Stando alle prime indiscrezioni che filtrano dal Comune, la triade commissariale farà ricorso contro il provvedimento e toccherà alle sezioni riunite della Corte dei conti pronunciarsi al riguardo. Una sentenza che per i più – dopo la sonora bocciatura incassata – difficilmente potrebbe discostarsi da quella con cui i magistrati contabili calabresi hanno respinto il piano di rientro presentato.
Un esito che interessa da vicino non solo chi oggi ha in mano le redini della macchina comunale, ma anche chi le stringeva fin quando il ministero dell’Interno non ha deciso di porre fine a un’amministrazione reputata troppo infettata dalle ‘ndrine per poter servire il pubblico interesse. Se il piano di rientro dovesse essere totalmente cassato, per Reggio arriverebbe automaticamente una dichiarazione di dissesto, che – contrariamente al giudizio civile di incandidabilità scaturito dallo scioglimento – potrebbe procurare guai non solo all’ex sindaco, oggi assessore regionale alle Attività produttive Demi Arena, e alla sua giunta, ma anche a chi lo ha preceduto alla guida di Palazzo San Giorgio, l’attuale governatore Giuseppe Scopelliti. (0090)