Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 18:42
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 11 minuti
Cambia colore:
 

PROCESSO FALLARA | Il pm: Scopelliti decideva, gli altri eseguivano

REGGIO CALABRIA È l’immagine di una città devastata, di una classe politica incapace, ingorda, consapevolmente sprecona, sciatta nei modi e spudorata nei falsi ma vigliacca quando viene colta in fall…

Pubblicato il: 13/02/2014 – 16:02
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
PROCESSO FALLARA | Il pm: Scopelliti decideva, gli altri eseguivano

REGGIO CALABRIA È l’immagine di una città devastata, di una classe politica incapace, ingorda, consapevolmente sprecona, sciatta nei modi e spudorata nei falsi ma vigliacca quando viene colta in fallo quella che emerge dalla durissima requisitoria del pm Sara Ombra al processo Fallara, il procedimento che prende il nome dalla dirigente del settore Bilancio del Comune di Reggio Calabria morta suicida nel dicembre 2011, lasciando dietro di sé una voragine nei conti comunali dai contorni ancora non definiti e che vede imputato per falso in atto pubblico e abuso d’ufficio l’ex sindaco e attuale governatore Giuseppe Scopelliti, assieme ai revisori dei conti dell’epoca, Carmelo Stracuzzi, Domenico D`Amico e Ruggero Alessandro De Medici, accusati solo di falso. Per loro il pm Ombra ha chiesto rispettivamente cinque e quattro anni di reclusione perché responsabili di quei reati che vengono loro contestati e a detta della pubblica accusa sono stati commessi con coscienza e volontà di dolo, oltre che con piena consapevolezza del danno perpetrato.

DANNI DEL PASSATO DA PAGARE IN FUTURO
«In questo processo noi discutiamo dei dieci anni passati – tuona il pm in aula – che dovranno essere scontati nei dieci anni futuri. Quello che è successo, quello che è stato sperperato dal 2002 al 2010, goccia a goccia dovrà essere ricompensato e ci aspettano periodi durissimi. E noi dobbiamo credere che “firmava senza sapere”?». Un accenno alla linea difensiva fin dal principio adottata dal governatore ma che si sgretola di fronte alle evidenze ricostruite nel corso del dibattimento e sintetizzate dal pm in una requisitoria di oltre sei ore. Giuseppe Scopelliti sapeva perché la Corte dei Conti – che, sottolinea il pm, non ha sciolto negli anni passati il Comune di Reggio solo perché la normativa le concede tale potere solo dal 2011 – aveva segnalato negli anni gli artifizi contabili, le irregolarità, la persistente e preoccupante crisi di liquidità tamponata con continue anticipazioni di cassa, le operazioni ad alto rischio – non ultima un’operazione di swap per 150milioni di euro, senza uno straccio di gara di evidenza pubblica – l’eccessivo numero di consulenti, l’enorme debito delle partecipate, lo sforamento del patto di stabilità, l’enorme mole di residui attivi, troppo antichi per essere esigibili, che si ammassava – identica, anno dopo anno, nonostante i ripetuti richiami al necessario riaccertamento – nei bilanci del Comune.

SCOPELLITI SAPEVA MA NULLA È STATO FATTO
Criticità che verranno rilevate – pressoché identiche – dai consulenti della Procura, quindi dagli ispettori del ministero delle Finanze nel 2010, ma che già quattro anni prima riempivano le durissime missive che la magistratura contabile inviava al sindaco Scopelliti chiedendo provvedimenti e misure urgenti. «Quelle carte erano alla sua attenzione e indirizzate alla sua conoscenza – sottolinea il pm Ombra –. L’imputato durante il suo esame ha detto che questo pm forse non conosce le carte, e va bene, può darsi, ma lui invece le conosceva benissimo». Una conoscenza che però non si è tradotta – come auspicato, o meglio intimato dalla Corte dei conti – in misure adatte a riparare i guasti. Ma nulla di tutto ciò è stato fatto. E non perché l’organo politico – sostiene il pm Ombra – non fosse a conoscenza della situazione. Nonostante i documenti contabili fossero blindati dal ferreo controllo della Fallara e le «relazioni dei revisori e dell’organo esecutivo arrivassero solo 3-4 giorni prima della discussione sul bilancio», l’opposizione era riuscita a mettere insieme le carte e i dati per sollevare in aula quelle obiezioni «precise e analitiche, che poi ritroveremo identiche nelle relazioni degli ispettori, dei consulenti e della Corte dei conti, che aveva parlato di dissesto già un anno fa».

RABARAMA O LE BOLLETTE?
Ed è un «quadro devastante di irregolarità enormi e reiterate nel tempo» quello che emerge dall’analisi dei tecnici e dei magistrati contabili, «che risponde – ci tiene a sottolineare il pm Ombra – a precise scelte politiche di fondo necessarie per aggirare i vincoli. Una procedura che generalmente passa attraverso due operazioni: sovrastimare le entrate e camuffare le spese, gestite in modo che non compaiano nei bilanci. A Reggio Calabria sono state fatte entrambe le cose». Ecco perché – spiega il pm Ombra – in quegli anni venivano messe a bilancio somme sempre inferiori all’onere annuale delle partecipate – con buona pace dei lavoratori che a settembre, ottobre, rimanevano senza stipendio, o per quale arcana motivazione le bollette dell’Enel finivano solo con un anno di ritardo nel capitolo di bilancio dei “servizi conto terzi”. «Questo significa che nel 2008 il Comune aveva smesso di pagare le bollette, come confermato anche dall’imputato Scopelliti nel corso del suo esame». Stando a quanto dichiarato dal governatore nel corso del dibattimento rispondendo alle domande delle parti, con l’Enel si sarebbe accumulato un debito a causa «di un minore trasferimento che la dottoressa Fallara elargiva perché c’erano questi flussi di minore entità che arrivavano da Roma». Insieme all’Enel, vantavano un credito nei confronti del Comune anche il commissariato straordinario per i rifiuti – che finirà per spedire un commissario anche in riva allo Stretto – e l’Ato. Peccato però – fa notare il pm Sara Ombra – che mentre si attendevano i trasferimenti da Roma per pagare l’Enel, «contemporaneamente venissero elargiti 250mila euro per le statue di Rabarama, 50mila euro alla Vecchiato Art gallery’s per l’allestimento della conferenza stampa per la mostra dell’artista e 252mila euro a Rtl a titolo di acconto. Anche a me piacciono le statue di Rabarama, ma mi preoccupo se nel frattempo non si pagano le bollette dell’Enel, per le quali si attendono i finanziamenti statali. Questa però è una precisa scelta politica».

I JOLLY DEL “MODELLO REGGIO”
E ad ingrossare quel capitolo di bilancio dei servizi conto terzi «che generalmente nei bilanci dei Comuni pesa per il 5-10%, ma a Reggio Calabria era pari al 40%» sono andati a finire anche dei misteriosi finanziamenti ad istituti religiosi. «Scopelliti ha sempre sostenuto di non aver mai fatto atti di gestione, ma allora per quale motivo non ha demandato ai servizi sociali questi casi? – incalza il pm Ombra –. Come si decidevano? L’erogazione dei benefici deve essere preceduta dall’identificazione di precisi criteri, ma questo a Reggio non è mai avvenuto. Perché venivano erogati? Quanti hanno chiesto e non hanno avuto? In base a cosa? Scopelliti decideva, la Fallara eseguiva, le somme necessarie venivano appostate in un capitolo di bilancio che nulla aveva a che fare con la loro reale natura e per coprire le spese venivano appostate somme inesistenti. L’elargizione di questi finanziamenti risponde solo a precisi criteri politici». Ma le spese erano tante, i soldi pochi, dunque, spesso – ricorda il pm, sintetizzando quanto emerso in dibattimento – i fondi a destinazione vincolata venivano indirizzati su altri capitoli di spesa, mentre a giustificare l’enorme mole di denaro movimentato, debiti contratti e spese pazze rimaneva nei documenti contabili quell’enorme mole di residui attivi – cioè crediti non riscossi, gran parte dei quali di fatto inesigibili perché risalenti agli anni Novanta – negli anni divenuti quasi un jolly per l’amministrazione comunale. Una pezza giustificativa per spendere, assumere, contrarre mutui, pagare consulenze e progettazioni, incarichi e prebende.  

BILANCI FALSI CON L’AVALLO DEI REVISORI
Sono questi gli elementi che hanno dato vita a «bilanci falsi per innumerevoli motivi», afferma il pm Ombra, che ricorda come nonostante le irregolarità evidenti quei documenti contabili passassero indenni il vaglio dei revisori dei conti cui «non si contesta l’omesso controllo, ma di aver consapevolmente affer mato cose false. Non esiste un piano di revisione, non esistono verbali di riunione, non risultano i controlli a campione. Hanno messo nero su bianco conclusioni senza aver fatto alcun controllo».
Ma i revisori non erano i soli a sapere e ad affermare il falso. «È assurdo, impensabile, sconfessato dai fatti che la Fallara si sia chiusa in splendida solitudine nel suo ufficio per elaborare i bilanci senza informare l’organo politico. L’ufficio Finanze si è invece limitato a tradurre in numeri le indicazioni di natura politica».

TUTTA COLPA DELLA FALLARA?
La potentissima burocrate godeva di un rapporto fiduciario con Scopelliti, che nel 2002 l’aveva scelta per quel ruolo «nonostante – ricorda l’accusa – non avesse i requisiti per ricoprire quell’incarico», si sottraeva senza conseguenze all’esame del nucleo di valutazione,  aveva blindato il suo ufficio e i documenti contabili, sottraendoli anche al controllo degli altri dirigenti e degli assessori, senza che tutto ciò comportasse alcuna conseguenza. Circostanze da cui per il pm si evince che «la Fallara aveva in atto una vera e propria occupazione politica. La Fallara era l’assessore. Lo stesso Cuzzocrea nel testimoniare ha detto di fronte a questo Tribunale che le imprese parlavano solo con lei e Scopelliti perché altro non serviva».
Ma questo non significa – chiarisce il pm – che la potentissima signora della Ragioneria avesse il potere di agire senza la supervisione dell’organo politico anche perché «chi è che aveva interesse a mistificare quei bilanci e chi è che ne ha beneficiato?». La risposta che Sara Ombra dà al Tribunale e alle parti non lascia spazio a interpretazioni, «ma rappresentazione della situazione reale dell’ente avrebbe comportato un aumento delle tasse e una contrazione dei servizi e questo avrebbe comportato una riduzione del consenso. Non trattare questo argomento vorrebbe dire tapparci gli occhi. Quei bilanci sono serviti a realizzare il programma del sindaco. Chi glielo faceva fare alla Fallara?».
Una domanda che non fa in tempo a risuonare nell’aula, senza che il pm incalzi ancora l’ex sindaco Scopelliti: «È venuto a dirci che lui non aveva motivo per dubitare della fedeltà della Fallara, dunque se infedeltà c’è stata è da imputare alla dirigente», ricorda il pm, ripercorrendo l’esame da imputato dell’attuale governatore. «Ma la situazione è radicalmente differente – tuona il pm Ombra –. Scopelliti sapeva che la situazione era disastrosa e ha firmato quei bilanci sapendoli falsi. Aveva tutti i dati a disposizione per sapere quali fossero i reali termini della situazione dell’ente e ha consapevolmente firmato quei bilanci. Qui non si tratta di omesso controllo, questo è un chiaro falso».

LE DICHIARAZIONI DEGLI IGNAVI
E che la situazione in città e al Comune fosse drammatica era per tutti chiara – ha sottolineato il sostituto procuratore, ripercorrendo le deposizioni delle decine di testimoni – in maniera cristallina. «Gli unici che hanno negato che l’ente fosse in difficoltà già dal 2007-2008 sono stati Zoccali e la sfilza di assessori chiamati a testimoniare». Tutti politici – ha evidenziato il pm Ombra – «che sono venuti a dirci di non essersi mai accorti assolutamente di nulla, di non sapere nulla perché fanno tutto i dirigenti, ma io i dirigenti in conferenza stampa non li ho visti mai».
Deposizioni di «assoluta inconsistenza» per la pubblica accusa. «Dovevano venire a raccontarci fatti concreti, e invece cosa sono venuti a dirci? Che facevano tutto i dirigenti, che loro non sapevano nulla, che hanno abbandonato l’amministrazione o sono entrati in rotta con Raffa «perché non si trovavano» o «perché era troppo accentratore». E loro che ne sapevano «se non facevano nulla?». In realtà, ha spiegato il pm, tutti avevano gli elementi per conoscere la reale condizione delle casse del Comune se è vero che «i bilanci erano frutto di accese discussioni e contrattazioni con gli altri assessori. Non si tratta di documenti elaborati nel chiuso di un ufficio. C’erano falsità macroscopiche ed evidenti perché contrastanti con dati di fatto». Circostanze che porteranno il pm a concludere che «l’omerta che è veleggiata in questo processo è stata altissima». E il dato che tutti hanno cercato di nascondere è uno solo: «La Fallara era brava a fare quello che decidevano i politici e rispondeva solo al sindaco Scopelliti e su questo non c’è alcun segreto, né segreto di Stato», afferma il pm, alludendo alle eccezioni sollevate dalle difese quando è stato chiesto di acquisire agli atti del procedimento i verbali della commissione d’accesso che raccolgono anche le testimonianze di quei dipendenti e funzionari del Comune, che in aula non hanno ripetuto le medesime informazioni. Un dettaglio che comunque non inficia le conclusioni cui l’intero dibattimento ha portato: «“Firmavo atti senza leggere” è una giustificazione inaccettabile perché non corrisponde a realtà. Questa è un’evidenza e si ricollega a quel sistema che abbiamo visto sfilare di fronte a questo Tribunale. Al Comune di Reggio Calabria c’era un sistema perverso che coinvolgeva tutta l’amministrazione. E chi era il perno dell’amministrazione? Lui, l’imputato Giuseppe Scopelliti». (0040)

Argomenti
Categorie collegate

x

x