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"Ramo spezzato", crolla l`impianto accusatorio

REGGIO CALABRIA Segna una profonda riforma delle pene comminate in prima istanza dal gup, la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, chiamata dalla Cassazione a rivalutare le posizi…

Pubblicato il: 22/02/2014 – 22:58
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"Ramo spezzato", crolla l`impianto accusatorio

REGGIO CALABRIA Segna una profonda riforma delle pene comminate in prima istanza dal gup, la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, chiamata dalla Cassazione a rivalutare le posizioni degli undici imputati del procedimento “ramo spezzato” che hanno scelto il rito abbreviato. Al termine di una camera di consiglio durata circa sei ore, la Corte, presieduta da Massimo Gullino, con a latere Kate Tassone e Francesco Petrone, ha infatti assolto dieci degli undici imputati dal reato di associazione mafiosa, facendo inoltre cadere la contestazione di contraffazione e commercio di sostanze alimentari per tutti coloro che avevano riportato condanna in primo grado. Sull’imponente impianto accusatorio si è inoltre abbattuta la scure della prescrizione, da cui si sono salvate solo le contestazioni di reati fine come ricettazione, violazione di sigilli e falso. Tutte valutazioni che hanno indotto i giudici a rideterminare sensibilmente le pene di primo grado.
Passa infatti da quattro a due anni di reclusione più 600 euro di multa Leonardo Nucera, difeso dall’avvocato Giacomo Iaria, mentre dovrà scontare due anni e otto mesi Giovanni Nucera, assistito dall’avvocato Antonio Mandalari, in precedenza  condannato a quattro anni. Medesima pena inflitta in primo grado a Paolo Saraceno, assistito dai legali Orlando Cassisi e Jacopo Pensa, che incassa in appello una condanna a due anni e sei mesi di reclusione, più 1200 euro di multa. Sensibile la riduzione di pena stabilita dalla Corte per Giuseppe Romeo, difeso dagli avvocati Carmelo Tripodi e Antonio Mandalari, Antonio Nucera e Domenico Nucera assistiti dal legale Antonio Mandalari, che passano da tre anni e quattro mesi di reclusione a un anno e otto mesi, più 500 euro di multa, mentre dovrà scontare due anni e sei mesi di reclusione a fronte dei quattro rimediati in primo grado Giovanni Rodà, difeso dall’avvocato Basilio Pitasi.
La Corte ha inoltre disposto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati loro contestati nei confronti di Raffaele e Gregorio Nucera – anche loro difesi dall’avvocato Mandalari – mentre ha confermato le condanne di primo grado per Giuseppe Errigo, assistito da Pietro Modafferi e Umberto Abate, e Bruno Idà, difeso dall’avvocato Basilio Pitasi.
Scaturito da un’inchiesta coordinata dal pm Antonio De Bernardo, il procedimento Ramo spezzato aveva colpito gli affari del clan Iamonte, cosca da tempo considerata parte integrante del gotha della `ndrangheta reggina, che sul traffico di stupefacenti ha costruito la propri fortuna, ma non ha mai smesso di disdegnare quella che era in origine la principale attività della famiglia, la macellazione della carne. E proprio il traffico e la commercializzazione di animali in pessime condizioni di salute, sono finiti al centro dell’inchiesta della Procura reggina, che ha potuto contare anche sulle dichiarazioni del testimone di giustizia Saverio Foti, imprenditore vessato dalla cosca Iamonte  che ha deciso di rivolgersi alla giustizia per ottenere la punizione dei propri taglieggiatori. (0030)

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