Renzi e il renzismo calabrese
Ieri al T Hotel il Pd ha perso un’altra importante occasione per dimostrare al mondo che non è il partito che purtroppo è passato nella testa dei calabresi. Un partito che pensa più ai numeri, fatti…

Ieri al T Hotel il Pd ha perso un’altra importante occasione per dimostrare al mondo che non è il partito che purtroppo è passato nella testa dei calabresi. Un partito che pensa più ai numeri, fatti di tessere gonfiate e primarie dopate, di ballottaggi forzati, che alle pratiche politiche, per risollevare questa regione che vive gli anni più bui del regionalismo con punte di disoccupazione mai viste con la spazzatura che invade tutte le contrade del regno, con una opposizione a dir poco incisiva, per mantenersi sul buonismo, con tutti i parametri di civiltà da terzo mondo, cerca scorciatoie per impossessarsi di quale potere? Tutti ieri ci saremmo augurati che dopo quattro anni di commissariamento, nei quali si sono cimentati due commissari, si sarebbe scritta la parola fine sulle guerre fratricide che si sono consumate in questi quattro anni nei quali, sempre gli stessi capi popolo, da collocazioni di volta in volta diverse, saltando in tempo utile sul carro del sicuro vincitore, tentano ancora di spartirsi le spoglie di quello che rischia di restare del Pd calabrese. Dei due commissari, il primo, inviso a quelli che ci avevano portati alla disfatta alle regionali, era riuscito a portare il Pd alle soglie della convocazione del congresso nell’autunno del 2011, ma era stato stoppato dai maggiorenti romani su input dei maggiorenti calabresi. Il secondo, dopo aver convocato il congresso per il 24 giugno 2012, una settimana prima lo sospende sine die perchè, secondo lui, con quattro candidati a segretario si rischiava di spaccare il partito e si rischiava che il voto fosse inquinato. Niente di tutto ciò. Il suo unico obiettivo, condiviso e sostenuto da molti maggiorenti che oggi sostengono Magorno, era quello di gestire le elezioni politiche per garantirsi un posto in Parlamento tanto che alle parlamentarie ha racimolato oltre 8000 preferenze. La riprova di ciò si può vedere dai dati di quelle parlamentarie nei vari circoli della provincia e dal fatto che D’Attorre e la sua struttura regionale ha dovuto sostenere la candidatura a segretario provinciale di un renziano dell’ultima ora, anche se lo stesso fino ad una settimana dalla candidatura era il suo candidato Cuperliano. Sarebbe un fatto democratico che D’Attorre ci facesse conoscere il suo verbo sulla soluzione unitaria che in Calabria si è creata dopo i suoi due anni di gestione.
Ieri, al T Hotel, oltre al convitato di pietra, che dopo essersi fatto eleggere alla Camera non è più sceso in Calabria, mancava anche un suo grande elettore, come il vice presidente del consiglio regionale, che sembra abbia disertato l’assemblea perchè non è stato proposto come Presidente, della qual cosa si è lamentato il “suo” segretario provinciale che ha contestato a Magorno di non aver concordato la proposta di Vallone. Nella breve storia del Pd non è mai successo che il presidente, che diventa di parte, accetta un’elezione con appena tre voti in più della maggioranza prevista ed il segretario, eletto con appena cinque voti in più dei 151 necessari, dichiara che da oggi il Pd ha tutte le condizioni unitarie per chiedere le dimissioni di Scopelliti. Beato lui.
Mi pare che i renzisti in salsa calabrese hanno superato anche il maestro in merito a decisionismo. Renzi, che ha vinto le primarie con oltre il 65% dei consensi ha per giorni cercato, e alla fine ci è riuscito, a convincere il suo competitore ad accettare la presidenza dell’assemblea nazionale. L’altro giorno, prima di iniziare le consultazioni da primo ministro, ha concordato con Cuperlo l’ingresso in segreteria nazionale di alcuni amici della sua area oltre a due ministri. In Calabria con uno striminzito 47% contro il 42% ci si è impadroniti del Pd con arroganza e protervia. Cosa aspetta Lotti, da segretario nazionale di organizzazione, a metterci le mani?
*direttivo circolo Pd Catanzaro Lido