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Così la `ndrangheta ha depauperato Reggio

Dimenticate il mito del “la mafia produce ricchezza”. Perché, dati alla mano, è chiaro che la `ndrangheta sta uccidendo un territorio, e assieme ad esso la speranza delle nuove generazioni. Una regio…

Pubblicato il: 25/02/2014 – 16:07
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Così la `ndrangheta ha depauperato Reggio

Dimenticate il mito del “la mafia produce ricchezza”. Perché, dati alla mano, è chiaro che la `ndrangheta sta uccidendo un territorio, e assieme ad esso la speranza delle nuove generazioni. Una regione che, in questo modo, spreca la propria posizione strategica – baricentrica com`è all`interno del Mediterraneo – senza riuscire ad affrancarsi dall`«isolamento» e a sfruttare strumenti pure preziosi: su tutti il porto di Gioia Tauro. Ha la potenza dei numeri, l`ostinazione dell`analisi e la voglia di offrire soluzioni la relazione del prefetto di Reggio Calabria, Vittorio Piscitelli, consegnata alla Commissione parlamentare antimafia in visita in Calabria lo scorso 9 dicembre. «L`analisi del fenomeno – si legge nelle prime pagine – spinge a ritenere tuttora attuale l`intrinseca capacità della `ndrangheta di innovarsi, riprodursi, diffondersi. Le famiglie mafiose, infatti, riescono a mantenere intatta la loro forza di radicamento ed espansione coniugando una spiccata capacità di adattamento e flessibilità, a rigidi protocollo associativi di derivazione tradizionale, alla notevole disponibilità di denaro proveniente dai molteplici settori d`interesse. Recenti indagini investigative ed operazioni di polizia giudiziaria – spiega Piscitelli – danno per avvenuta una trasformazione interna all`universo mafioso calabrese e reggino in specie, lungo linee evolutive che rischiano di aumentarne la pericolosità». E cioè, semplificando: organizzazione verticistica ma capillare nel riconoscere le «autonomie territoriali dei singoli gruppi», accreditamento nazionale e internazionale nel traffico di droga, capacità di «creare sistema». Si tratta di «una sorta di “azienda anche internazionale di attività illecite” in grado di attivare, in chiaro-scuro e attraverso mezzi di corruzione, un vasto sistema di relazioni e cointeressenze per l`arricchimento illecito ed il condizionamento dell`economia legale».

Ma proprio perché le `ndrine hanno mostrato di agire secondo la massima aurea “follow the money”, segui il denaro, Piscitelli avvia la sua analisi dai dati economici, smontando la vulgata di chi vede nel crimine organizzato un viatico per uno sviluppo altrimenti negato. Tasso di crescita del -1,4$ nel 2011 e 2012 (il dato nazionale è -0,4%) con le stime per il 2013 che segnano un ulteriore decremento (-1,8%). E ancora: «La provincia di Reggio Calabria, a partire dal 2007, ha manifestato una consistente contrazione dei posti di lavoro, passando dai 173.400 occupati di quell`anno ai 154.000 del 2012» (una perdita di oltre 5 punti percentuali: -16,4% rispetto al dato nazionale). Numeri che fanno del Reggino «una delle realtà comunitarie con il più basso livello di occupabilità». È la conferma, in cifre, che pur promettendo ricchezza, la mafia ingrassa al massimo se stessa e affama il territorio. La disoccupazione è un`altra leva su cui il malcontento fa leva per imporre condotte illegali: se nel 2013 su scala provinciale rischia di esplodere in tutta la sua drammaticità (20,4%, 8 punti tondi in più rispetto al 12,4% nazionale – dati Unioncamere), è al capitolo “disoccupazione giovanile” che la voce fa davvero paura: nel 2012 senza lavoro il 30,6% dei giovani tra i 15 e i 34 anni, con stime che per il 2013 parlano di un aumento ben 7 punti percentuali. Tra i giovanissimi (15-24 anni), poi, va ancora peggio: 54,1% ad agosto 2013, con punte di oltre il 70% «per alcune aree provinciali marginali, quali ad esempio la Locride».
La relazione di Piscitelli parte da qui «per dare contezza della pericolosità della `ndrangheta, che rimane alta, non solo per l`efferatezza in sé dei delitti e dei fatti criminosi, ma segnatamente per il perverso rapporto che la lega al territorio, al suo tessuto sociale, culturale ed economico, che alimenta quelle zone d`ombra esiziali, di intersezione, tra società e cultura, tra istituzioni locali e tessuto economico, su cui contestualmente incidere per avere risultati positivi di lunga durata».

Piscitelli aggiorna poi il dato su i beni confiscati tra Reggio e provincia al mese di gennaio 2013: sono ben 1203 degli 1811 confiscati in tutta la Calabria (fonte: Agenzia nazionale beni confiscati). A proposito del nodo gestione, la relazione incalza sulla necessità – «anche alla luce delle gravi difficoltà finanziarie in cui versano gli enti locali» – che il provvedimento di assegnazione «venga corredato da una concreta preventiva proposta di utilizzo con un corredo di risorse finanziarie adeguato alle esigenze, magari attinto per una parte sui fondi di liquidità confiscati alle stesse organizzazioni mafiose. In molti casi – si legge nel documento – i beni immobili vengono trasferiti al patrimonio comunale in condizioni molto deteriorate, tali da non consentire alcun impiego istituzionale senza un consistente e insostenibile esborso di finanza locale. Poter dare concreto utilizzo istituzionale ai beni delle famiglie mafiose avrebbe un effetto simbolico e un impatto importantissimi ni confronti delle popolazioni di questa provincia, veicolando nuove opportunità di sviluppo in un contesto territoriale fortemente depauperato come quello provinciale».  

Appalti pubblici e mercati immobiliari nel mirino del «sistema» di cui parla Piscitelli. Attività usurarie ed estorsive, «condizionamento delle amministrazioni locali». Ma anche grande distribuzione, intermediazione e credito finanziario, ristorazione e giochi illeciti (bische clandestine e videopoker) «considerati canali privilegiati del riciclaggio e del reimpiego dei proventi illeciti». E ancora la «partecipazione, mediante prestanome o soggetti contigui, a società miste pubblico-provate». Infine «il caso più evidente», cioè il mercato ortofrutticolo di Milano, «notoriamente gestito dalle organizzazioni criminali calabresi», che fa il paio, qui in Calabria, con il «controllo di società operanti nel settore import-export nel porto di Gioia». Chiosa il prefetto di Reggio: «Se per il settore bancario la linea di protezione si è fatta sempre più elevata, non altrettanto lo è quella riferita ai settori (…) più sensibili, quali i giochi illeciti, i sistemi di credito legale, il racket, le attività di mercato nei vari ambiti economici, costantemente minacciati da artifizi, raggiri ed elusioni, fino al lavoro nero e all`evasione fiscale».
In particolare, le ultime operazioni di polizia hanno testimoniato «come sempre più spesso, noti mafiosi reggini preferiscano assumere il controllo e la direzione di imprese già attive sul territorio – soprattutto nel settore dell`edilizia privata e turistico alberghiera – intraprendendo il ruolo di socio-finanziatore occulto ed affidando la gestione operativa a locali imprenditori compiacenti». Nuove “aree di interesse” da affiancare a quelle “classiche”, come gli appalti pubblici («una delle principali e tradizionali fonti di arricchimento illecito e riciclaggio») e la sanità: «Come non citare gli scioglimenti, nel recente passato, sempre per condizionamento mafioso, di tre Aziende sanitarie: Reggio, Locri e Vibo».

Dalla sanità alla politica il passaggio è breve. Se al 31 ottobre 2013 il numero complessivo dei delitti denunciati all`autorità giudiziaria segnava un decremento rispetto al 2012 (-5,6%), pare accennino a diminuire anche le intimidazioni agli amministratori locali: in un immutato scenario di «connivenza, abuso, inefficienza, parzialità e tentativi di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali», il 2013 ha fatto registrare 14 atti intimidatori rispetto ai 39 dell`anno precedente, sia grazie all`intensificazione dell`«azione di vigilanza sulle pubbliche amministrazioni locali» sia all`«individuazione e perseguimento in sede giudiziaria di componenti significativi della cosiddetta “zona grigia”, di esponenti cioè della politica, delle istituzioni, delle professioni, dell`imprenditoria».  
Citando poi il caso dello scioglimento delle amministrazioni locali per infiltrazione mafiosa, Vitto rio Piscitelli lancia l`idea di quello che chiama «accesso positivo», che consiste nel «prevedere, se è di difficile configurazione il prolungarsi oltre dei tempi di gestione straordinaria, un monitoraggio mirato di quella pubblica amministrazione per un congruo lasso di tempo potrebbe preservare quella comunità locale dal possibile rinvigorirsi degli interessi criminali. Una sorta di accesso positivo a tutela della buona e trasparente amministrazione disposto per alcuni anni a seguire».

Il fenomeno in numeri fornisce un quadro allarmante. In questo contesto di ingerenza pervasiva della mafia nel Reggino i 10 milioni di euro messi in cantiere per un ulteriore potenziamento tecnologico e logistico dei presìdi di polizia (Programma straordinario per la giustizia in Calabria, finanziato dal governo Letta nell`ambito del Piano di azione e coesione) sono un importantissimo passo, ma – conclude così la sua relazione il prefetto Piscitelli – «la lotta è tuttavia durissima ed essenziale, e richiede altri e più intensi sforzi, anche di ordine economico e finanziario, che vanno declinati in un regime costante di sostegno nei confronti di quanti operano in questa regione». Quasi un appello. Da girare al nuovo esecutivo. (0070)

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