Meta, i segreti di Condello e i nuovi assetti
REGGIO CALABRIA Un atto di guerra, contro tutto, contro tutti. Così qualche legale accorto mormorava lasciando l’aula bunker al termine della requisitoria del pm Giuseppe Lombardo al processo Meta. M…

REGGIO CALABRIA Un atto di guerra, contro tutto, contro tutti. Così qualche legale accorto mormorava lasciando l’aula bunker al termine della requisitoria del pm Giuseppe Lombardo al processo Meta. Ma proprio la lunga, appassionata, rivoluzionaria ricostruzione del sostituto procuratore della Dda ha dimostrato che la guerra non è iniziata ieri, ma è in atto da tempo. Da quando l’indagine è iniziata, da quando «ufficiali di polizia giudiziaria come Valerio Giardina e il suo aiutante di campo Gerardo Lardieri hanno iniziato a mettere i puntini, spesso su un foglio bianco», che poi è toccato al sostituto della Dda reggina unire per dare forma a quella figura di fondo che si cela dietro ogni immagine, qualcuno si è allarmato. E – sottolinea il pm Lombardo – ha iniziato a lavorare perché quell’indagine non arrivasse fino in fondo, perché non arrivasse neanche a metà della Meta che si prefigurava.
CHI HA LAVORATO PERCHÉ LA DDA NON ARRIVASSE ALLA META?
È un grido d’allarme molto serio quello lanciato dal pm Lombardo, fondato su una serie di elementi sperimentati in prima persona e sulla propria pelle, collezionati con stoicismo e costanza, inquadrati in un contesto in cui il nemico da combattere non ha più semplicemente il volto della ‘ndrangheta cittadina, o della sua massima élite. Al pari di Cosa Nostra, della camorra, della Sacra Corona Unita e di tutte le altre organizzazioni secondarie, le ‘ndrine –spiega il sostituto della Dda – sono solo socie di minoranza di un sistema criminale di cui «è arrivato il momento di andare a individuare il socio di riferimento, perché altrimenti tra dieci anni saremo ancora in un’aula di giustizia a discutere esattamente della stessa cosa. E non è possibile, perché sinceramente quella sarebbe un’ulteriore dimostrazione che il nostro lavoro non è servito a niente e che la cura che abbiamo somministrato non è servita a nulla perché sapevamo perfettamente che la `ndrangheta era un arto malato, ma non siamo andati a vedere se il corpo di cui quell’arto faceva parte, era a sua volta moribondo».
SISTEMA CRIMINALE
Un’indagine – è palese – che il pm Lombardo ha già iniziato e a cui da tempo sta lavorando, tanto da poter già affermare «che esiste un sistema criminale di tipo mafioso – ed è quello un sistema unitario di cui dobbiamo scoprire le caratteristiche – risultato di componenti visibili certamente unitarie come la `ndrangheta e le altre mafie tradizionali e sicuramente di soci occulti». Un sistema che è entrato in fibrillazione quando l’inaspettata cattura di Pasquale Condello l’ha minacciato da vicino. E ha reagito.
«Quel sistema – chiede ad un’aula attenta Lombardo – quando la meta, questa meta comincia ad avvicinarsi, sapete cosa comincia a fare? E in quest’aula non sono il solo che conosce determinate dinamiche, il contropotere privato avvia tutta una serie di operazioni finalizzate ad abbattere il rischio, perché il contropotere privato sa che per accertare determinate responsabilità non è necessario mostrare il danno che si provoca, perché nel nostro sistema questa tipologia di delitti – i reati di pericolo – sono dimostrabili». Il pm non lo dice chiaramente, ma il riferimento implicito sembra mirato a tutti quei reati che compongono il grande mosaico dell’eversione, del sovvertimento delle regole costituzionali, dei poteri democratici di cui quel sistema criminale, quel “contropotere privato”, deviato, occulto, cresciuto nei pantani della storia della Repubblica si pasce. Come occulti, subdoli, eversivi sono i metodi che quel contropotere usa per proteggersi, afferma Lombardo, «quando c’è il rischio che quelle indagini possano guardare anche sotto la cute, possano andare a verificare chi ha permesso che determinate figure assumessero determinati ruoli. Dunque che fa? Minaccia? Sì. Depista? E come no. Corrompe? Ci prova. Prova a isolare? Di certo sì. Delegittima? Come no, ce l’ha detto anche Nino Fiume come funziona. E ce lo ha detto perché lo ha ascoltato in determinati ambienti, non perché se lo è inventato in questa sede».
TENTACOLI DEL CONTROPOTERE NELLE VISCERE DELLO STATO
Ma il contropotere – ed è questo forse l’aspetto più preoccupante dell’allarme lanciato dal pm Lombardo – ha i modi e i mezzi per intervenire su quelle indagini che lo minacciano anche dall’interno della struttura statale che quel contropotere dovrebbe combatte. Dunque, dice chiaramente il sostituto della Dda reggina «quell’opera di distrazione – intesa come sottrazione delle risorse investigative che nel caso peggiore si risolve nell’allontanamento di chi determinate attività è in grado di gestirle e ce ne ha data ampia prova – porta a una distrazione ma non totale delle risorse. Perché magari sono sottovalutate». Un riferimento tutto meno che casuale all’evoluzione dell’indagine Meta, agli investigatori che l’hanno materialmente costruita, a un pm che – alla fine – è stato lasciato solo a combattere contro un sistema. Ma che – soprattutto – è stato in grado di leggere nei dettagli il mosaico che attorno gli si stava disegnando, deducendone – «con metodo socratico» sottolinea – gli elementi che consentono di ricondurlo non a avvenimento episodico, ma a meccanismo di sistema.
Lombardo lo sa, non è la prima volta che succede nella storia della giustizia italiana. Non è la prima volta che succede a Reggio Calabria. E non è la prima volta che il sistema criminale reagisce con le proprie procedure d’emergenza a quelle indagini considerate un accidente e che hanno risvolti concreti per i soci di minoranza dell’organizzazione. «In quel caso – afferma il pm – la componente esecutiva – la `ndrangheta da noi, in Sicilia Cosa Nostra, altrove quei fenomeni tipici – comincia a subire dei danni, perde occasioni di guadagno, non beneficia più di percorsi preferenziali, viene scorporata da progetti imprenditoriali particolarmente redditizi, vedi Multiservizi, Leonia e altro, programmati per tempo – nel nostro caso, il 2002 – perde il legame mediatico con il potere, è costretta ad affrontare crisi interne, deve subire tutta una serie di lamentele che provengono da determinate componenti che pensano di essere state dimenticate, non può fare altro che informare di questo stato di fibrillazione i soggetti riservati, che a loro volta si interfacciano con gli organismi decisionali centrali, che non trattiamo in questa sede, per trovare la soluzione migliore. È quella la base su cui il sistema criminale si riattiva. Le manifestazioni esteriori di questo sistema ci sono, solo che quando le manifestazioni esteriori sono costrette a fare passi , dobbiamo essere lì a coglierle».
PROCEDURE D’EMERGENZA
È con atteggiamento quasi da scienziato, che attende il momento esatto in cui la reazione chimica si attiva per procedere con l’esperimento, che Lombardo torna a sottolineare la necessità di intervenire quando il sistema criminale si muove, reagisce dunque è più debole, più manifesto, più individuabile. Condizioni che il pm ha visto concretizzarsi sotto i propri occhi, indotte proprio da quelle indagini che ha coordinato, e che adesso sa riconoscere e in una certa misura prevedere. «Sapete cosa fa – chiede alle parti – il sistema criminale quando si muove? Preferisce come prima opzione la soluzione interna, e lo abbiamo visto. Quando il problema è ancora più grande, la soluzione più grande passa attraverso un sistema di operazioni: delazioni, fughe di notizie, falsi collaboratori, campagne stampa, esposti anonimi e altro. Quando questo non basta pianifica un’opera di distruzione/distrazione di massa. Pensano: “Cerchiamo di tenerli impegnati su vari fronti”. Quando questo non basta neanche si passa al recupero di attività a favore dell’organizzazione mediante interventi speciali, e questo a Reggio non è una novità, dal pacchetto Colombo al decreto Reggio. In ultima analisi programmano nuovi paracadute istituzionali a favore delle famiglie
che sono scontente. E questo non può essere trascurato».
CHI HA PAURA DI PASQUALE CONDELLO?
Non si tratta di mera teoria desunta dalle carte della storia giudiziaria di questa città. E’ esattamente quello che è successo – tuona il pm – dopo il 18 febbraio 2008, quando la cattura di un grande latitante come Pasquale Condello ha portato ad acquisire dei risultati inattesi, che a partire da quei «segnali istintivi, dunque pericolosi» lanciati dal Supremo la notte della cattura sono diventati spunti investigativi per deleghe, accertamenti, direttive di indagini. E qualcuno si è preoccupato di farlo a quel sistema criminale che da quelle indagini poteva essere minacciato. «A quel punto il sistema criminale – tuona Lombardo – che sa chi è il Supremo si preoccupa, coglie una serie di segnali che non vanno bene, pensa di correre un rischio in relazione a quell’attività visionaria che magari vuole spingersi ad altri risultati. E quel sistema sa perfettamente che Pasquale Condello non è esattamente un capo come tanti. Che è la `ndrangheta, quella vera, quella che non gioca, quella che negozia, che tratta, che offre molto ma che pretende altrettanto, in altre parole Pasquale Condello – come i nostri imputati – è la ndrangheta che conta. Che è una cosa diversa dalla `ndrangheta delle chiacchiere che spesso e volentieri viene ricostruita non perché si deve andare fino in fondo ad accertare le dinamiche che rendono questo fenomeno sempre più forte, sempre più ricco, sempre più diffuso, ma perché bisogna riempire le statistiche. Sa troppe cose Pasquale Condello di quel livello superiore a cui lui e pochi altri possono accedere. In altre parole, Pasquale Condello diventa un problema serio e allora cosa avviene? Avviene quello che è facile immaginare, avviene che il sistema criminale di cui la `ndrangheta fa parte teme che Condello possa dire qualcosa che non deve sapersi, teme che Condello possa svelare i nuovi assetti, le nuove regole, le relazioni esterne, i livelli superiori, teme che possa aprire squarci su quel mondo di segreti riservati di cui qualche collaboratore di giustizia ci ha parlato, ma quello che succede da quel momento non è oggetto di questo processo».
Ma tutta questa agitazione, lascia intendere il pm Lombardo, non è passata inosservata. Al contrario, è oggetto di altre indagini, che puntano chiaramente al cuore del sistema. E che pretendono di disarticolarlo.