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PROCESSO FALLARA | L`arringa di D`Ascola: Scopelliti è un laureato, non un esperto

REGGIO CALABRIA «Non ci rivediamo prima delle venti». Così il presidente Olga Tarzia ha congedato le parti ma soprattutto la folla accorsa in massa all’ultima udienza del “processo Fallara”, il proce…

Pubblicato il: 27/03/2014 – 14:11
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PROCESSO FALLARA | L`arringa di D`Ascola: Scopelliti è un laureato, non un esperto

REGGIO CALABRIA «Non ci rivediamo prima delle venti». Così il presidente Olga Tarzia ha congedato le parti ma soprattutto la folla accorsa in massa all’ultima udienza del “processo Fallara”, il procedimento che prende il nome dalla responsabile del settore Bilancio morta suicida nel dicembre 2011 lasciandosi alle spalle una voragine di debiti, e che oggi vede alla sbarra l’ex sindaco e attuale governatore Giuseppe Scopelliti, imputato per falso in atto pubblico e abuso d’ufficio, e i tre revisori dei conti Carmelo Stracuzzi, Ruggero Ettore De Medici e Domenico D`Amico, che rispondono solo di falso. E si sono presentati in tanti – fra personaggi noti e meno noti del centrodestra cittadino e non – per assistere all’arringa dell`avvocato Nico D’Ascola. Il governatore Giuseppe Scopelliti ha preferito affidare a una memoria scritta il suo ultimo tentativo di autodifesa, che è toccato al suo secondo legale, l’avvocato Aldo Labate, presentare al Tribunale, chiedendone l’acquisizione. Ma non si tratta dell’unico documento che le difese hanno tentato di far transitare agli atti del processo. «Premettendo che si tratta di atti appena sopraggiunti, dunque non presentati prima», Labate ha chiesto al Tribunale di acquisire anche uno stralcio della perizia degli ispettori spediti in Comune dalla Procura, datata 2011, e uno schema di bilancio e delle relative delibere allegate, asseritamente elaborato dall’Ente stesso, necessari – a detta del legale – per dimostrare che i debiti fuori bilancio accertati nella contabilità dell’Ente, sarebbero in realtà da ascrivere alle gestioni precedenti. Un’iniziativa bollata come «intempestiva» dal pm Sara Ombra, che non ha esitato a definire «parziali, di dubbia autenticità e assolutamente irrilevanti ai fini della decisione» i documenti. Ma questa non è stata l’ultima e unica sortita dei legali del governatore, che hanno chiesto al presidente Olga Tarzia una riapertura dell’istruttoria sulla base di un’intervista rilasciata dal consigliere regionale del Pd, nonché fra i principali testi d’accusa, Demetrio Naccari, “reo” di aver annunciato l`intenzione di chiedere al Pd di essere candidato alla presidenza della Regione. Una prova – hanno sostenuto i legali di Scopelliti – della «mancanza di credibilità del teste», che sulla questione avrebbe dovuto essere risentito dal Tribunale. Un’istanza in realtà già avanzata dalle difese e in passato bocciata dai giudici, che anche oggi l’hanno respinta al mittente assieme alle altre richieste perché «difettano di qualsiasi presupposto per la riapertura dell’istruttoria dibattimentale». Semaforo verde invece per la memoria tecnica dell’avvocato Panuccio, legale dei revisori, che già nel corso delle precedenti udienze aveva annunciato al Tribunale un compendio degli aspetti più tecnici del suo intervento.
Fallita l’iniziativa dei legali di Scopelliti, è toccato dunque al senatore D’Ascola l’ultimo intervento in difesa del governatore. Quella del noto legale è stata un’arringa breve, concisa, «limitata al capo di imputazione dell’abuso d’ufficio e che si iscrive – ha premesso il senatore – su un terreno già arato dall’avvocato Labate», che nel suo intervento aveva in precedenza sostenuto che l’ex sindaco di Reggio Calabria sarebbe stato indotto in errore dalla “sua” dirigente del settore Finanza e Tributi, Orsola Fallara. In violazione di uno dei principi cardine della pubblica amministrazione – quell’onnicomprensività dell’incarico che come una scure grava sulle funzioni di ogni dipendente pubblico – la potentissima burocrate, per gli avvocati del governatore, avrebbe convinto l’allora sindaco di poter lecitamente rappresentare l’Ente di fronte alla commissione tributaria e di poter altrettanto lecitamente essere retribuita per questo. Scopelliti – aveva affermato Labate nel corso del suo intervento – è stato tradito dalla Fallara, che – senza che l’allora sindaco se ne rendesse conto – lo avrebbe biecamente ingannato. Un concetto oggi ripreso e sviluppato dall’avvocato D’Ascola, che per sostenere l’impossibilità di contestare l’abuso d’ufficio al proprio assistito «perché il fatto non sussiste» ha di fatto dovuto affermare l’assoluta misconoscenza che l’allora primo cittadino avrebbe avuto delle norme base della pubblica amministrazione. Per D`Ascola, Scopelliti «è un laureato, ma non è un esperto». «Ci sono forse elementi per affermare che il sindaco Scopelliti sapesse dell’esistenza di un divieto di conferire incarichi alla Fallara? Noi affermiamo che Scopelliti ha violato l’onnicomprensività, ma solo perché presupponiamo che ne fosse a conoscenza. Ci sono elementi soggettivi per dimostrare l’intenzionalità di Scopelliti?», ha chiesto il noto legale alle parti.
Al contrario, per D’Ascola lo stesso governatore avrebbe dimostrato di ignorare totalmente la questione, affermando in aula di aver chiesto alla Fallara se fosse possibile affidarle quegli incarichi.
«La circostanza è pacifica per tutti, lo stesso Scopelliti ha detto di essersi posto il problema e la Fallara ha detto che sì, era possibile per lei svolgere quell’incarico». All’allora sindaco, le rassicurazioni della dirigente – «l’organo tecnico» specifica D’Ascola – sarebbero bastate. «Si tratta di una domanda banale, non di un consulto giuridico che riceve dalla Fallara una risposta rassicurante. Una domanda che dimostra che Scopelliti non era a conoscenza della norma. Pagare per gli errori è giusto – tuona D’Ascola, concludendo il suo intervento – ma non con una condanna penale». La prosa è dotta, l’eloquio raffinato, ma anche dall’arringa del senatore viene fuori l’immagine di un politico, Scopelliti, catapultato fra le stanze di Palazzo San Giorgio, dove per anni avrebbe fatto il sindaco lasciando tutto nelle mani dei dirigenti, delle cui valutazioni sarebbe stato facile preda. Un ritratto radicalmente diverso dalla tuttora decantata squadra che ha partorito il “modello Reggio”, per poi trasferirlo in Regione. (0050)

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