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Il ministro "soccorre" Scopelliti

REGGIO CALABRIA Se gli organizzatori della kermesse “Panorama d’Italia” avevano puntato sul nome del ministro Beatrice Lorenzin per battezzare con un bagno di folla la tre giorni di eventi e dibattit…

Pubblicato il: 02/04/2014 – 17:00
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Il ministro "soccorre" Scopelliti

REGGIO CALABRIA Se gli organizzatori della kermesse “Panorama d’Italia” avevano puntato sul nome del ministro Beatrice Lorenzin per battezzare con un bagno di folla la tre giorni di eventi e dibattiti organizzata a Reggio Calabria, saranno probabilmente rimasti delusi. Non solo il Teatro Cilea è rimasto semivuoto fino quasi alla fine del dibattito d’apertura della manifestazione, ma per di più il direttore del settimanale Giorgio Mulè ha dovuto far appello a una buona dose di diplomazia per “gestire” la contestazione che – quasi inaspettatamente – è arrivata fin sotto il palco della manifestazione. A portare la protesta al Cilea sono state le donne del comitato calabrese per la 194, nettamente contrarie al “piano nazionale per la fertilità” annunciato recentemente dal ministro dalle colonne del quotidiano cattolico Avvenire. E se con le loro inequivoche magliette hanno fatto sudare freddo gli organizzatori, è con un aplomb quasi inglese che Mulè ha permesso loro di leggere  il comunicato di fuoco con cui si sono rivolte al ministro.

«SOLIDARIETÀ A SCOPELLITI»
«Sono certa che con i tre gradi di giudizio ci sarà la possibilità di accertare la verità e speriamo così di non fermare il lavoro strepitoso che è stato fatto in questi anni». Così il ministro Lorenzin è intervenuta dal palco reggino in “soccorso” del governatore Giuseppe Scopelliti, di recente condannato a sei anni per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Un giudizio basato sui numeri, che il ministro snocciola prontamente, sbandierando un grafico: «In tre anni ha portato il debito della Sanità della Regione Calabria dai 263 milioni di euro a 30 milioni di euro. Dal punto di vista finanziario – aggiunge – la Regione ha raggiunto l`equilibrio di bilancio. Solo nell’ultimo anno sono stati recuperati 53 milioni di euro». Cifre che tuttavia non permettono alla Lorenzin di evadere il disastrato quadro della sanità calabrese, spesso sul podio delle pecore nere per emigrazione sanitaria, qualità dei servizi e delle infrastrutture, pagamento di imprese e fornitori. «In Calabria il migliore ospedale è l’aereo. Nell’immaginario collettivo qui sono addensati una cattiva governance, un cattivo management e cattivi medici», non può che ammettere la Lorenzin, che però sembra fiduciosa sulla possibilità della regione di risalire la china.

PROGETTI PER RISOLLEVARE UNA «SANITÀ DI SERIE C»
A salvare quella che il ministro non esita a definire una «sanità di serie C» potrebbero essere quelle riforme di sistema che permettono di vigilare anche a livello centrale sull’efficienza delle reti ospedaliere. Problemi causati – sostiene – spesso e volentieri dagli ostacoli burocratici che impediscono di utilizzare i fondi «che in Calabria come in altre regioni ci sono. Noi stiamo valutando di mandare delle taskforce di advisor che assistano le amministrazioni in questo processo, ma è necessario che i direttori generali si prendano la responsabilità e firmino. Capisco che c’è sempre paura delle leggi, ma se non mi voglio assumere certe responsabilità, posso sempre scegliere un altro lavoro», si lascia scappare il ministro, che sa e ammette che il ripianamento finanziario non può bastare alla sanità calabrese. «Io – dice – sono preoccupata per tutte le regioni che attualmente sono sottoposte a Piano di rientro. Stanno facendo tutte un grande sforzo, ma adesso manca l’ultimo passo, il mantenimento dei Lea, dei livelli minimi di assistenza. Bisogna mettere insieme Lea e risanamento». Un obiettivo fondamentalmente impossibile da raggiungere senza uno sblocco del turnover, che in Calabria è da anni paralizzato. «La Calabria ha perso più di 3.000 operatori, e ne chiede 380 per avere un minimo di sussistenza di cui oltre 180 solo nell’ospedale di Cosenza», ammette il ministro che però incalza «sbloccare il turnover non significa fare assunzioni clientelari. Dobbiamo vigilare e sottrarci a queste logiche anche per quanto riguarda i fornitori. Noi dobbiamo pretendere che in sanità ci siano i migliori, il massimo dell’offerta sul mercato nazionale».

LA SODDISFAZIONE DI SCOPELLITI
Musica – probabilmente – per le orecchie di Scopelliti, in prima fila sotto il palco assieme al senatore Nico D’Ascola, che a margine dell’incontro commenta: «Quando siamo arrivati c’era una spesa esorbitante per l’emigrazione sanitaria, che piano piano si sta assottigliando, ma è un numero talmente grande che ha bisogno di tempo per essere abbattuto. Anche qui è questione di meritocrazia. Avete i dati che fate finta di non conoscere, come quelli relativi ai 439 assunti nella provincia di Cosenza, o alle assunzioni anche all’Ospedale di Reggio Calabria dove non vengono contrattate le figure importanti e necessarie ma solo quelle che interessano alla politica». Non fa nomi Scopelliti, ma il riferimento – neanche troppo velato – è all’avversario politico, nonché grande accusatore al processo Fallara, Demetrio Naccari Carlizzi, attualmente indagato perché accusato dai magistrati di aver tentato di forzare la nomina a primario della moglie. «Se lo spaccato è questo – continua – dovreste essere in grado di rispondervi da soli sul perché la sanità produceva questo costo esagerato di emigrazione sanitaria, che la mia amministrazione in questi anni ha decisamente ribaltato. Adesso ci vuole del tempo perché la gente acquisti fiducia negli ospedali del territorio». Per lui, quell’aereo divenuto nelle parole del ministro «il migliore ospedale calabrese» non è che un ritratto del passato, perché al contrario «siamo una delle regioni che ha superato i livelli di criticità per i Lea. Non siamo fra i territori che vivono in criticità, ma fra le regioni che hanno fatto un passo in avanti. Con l’approvazione che speriamo arrivi al tavolo Massicci prossimamente, dei nuovi passaggi previsti, potremo crescere ulteriormente, ma anche fornire nuovi strumenti non solo di assistenza, ma anche di valutazione  per quanto riguarda quello che è il compito del Ministero». Un primato che rivendica come commissario ad acta per la Sanità, un’altra delle cariche che probabilmente sarà costretto o deciderà di lasciare, prima che la sospensione dettata dalla legge Severino per la condanna rimediata al processo Fallara, produca i propri effetti. «La scelta di dimettermi dalla carica di commissario ad acta mi sembra sia consequenziale, poi sarà il governo a prendere la decisione. Io mi dimetto da presidente della Regione, così come ho detto e ovviamente non ci ho mai ripensato, contrariamente a quanto qualcuno ha scritto. Vi sbagliate, non ci ripenso. Una cosa che non mi è mai mancata è la certezza di quello che dico quando esprimo un giudizio o un pensiero. Chi mi conosce sa che una delle cose che mi ha sempre contraddistinto in politica è la coerenza rispetto alle cose che ho detto su questi temi così delicati».

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