Sequestro da 7 milioni al genero del boss
REGGIO CALABRIA Il patrimonio aziendale e il capitale sociale di due note imprese di costruzioni, la I.C.O.P. Srl, e la G.S.C. Srl Unipersonale, ma anche conti correnti e disponibilità finanziarie az…

REGGIO CALABRIA Il patrimonio aziendale e il capitale sociale di due note imprese di costruzioni, la I.C.O.P. Srl, e la G.S.C. Srl Unipersonale, ma anche conti correnti e disponibilità finanziarie aziendali e personali. Pesa per oltre 7 milioni di euro il sequestro dei beni riconducibili all’imprenditore Massimo Siciliano, disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su proposta del direttore della Dia Arturo De Felice. Arrestato nell’ambito dell’operazione antimafia “Saggezza”, quindi coinvolto nell’indagine “Ceralacca2”, Siciliano – da tempo dietro le sbarre –, per i magistrati è l’imprenditore di riferimento del suocero Nicola Romano, capo locale di Antonimina, ma soprattutto capo consigliere della “Sacra Corona”, una nuova struttura criminale svelata dall’operazione Saggezza in grado di gestire i conflitti e spartire gli affari fra i locali di Antonimina, Ardore, Canolo, Ciminà e Cirella di Platì, rapportandosi direttamente con boss e famiglie di peso della jonica, come i Commisso di Siderno, i Cordì di Locri, i Pelle di San Luca, gli Aquino di Marina di Gioiosa Jonica, i Vallelunga di Serra San Bruno, i Barbaro di Platì, gli Ietto di Natile di Careri, i Primerano di Bovalino, ma anche di dialogare con la massoneria e la politica. Per gli inquirenti, Siciliano – attraverso le ditte di cui è risultato titolare e strettamente collegate al sodalizio criminale – ha garantito nel tempo l’esecuzione di lavori nel settore dell’edilizia pubblica, turbando le regole della libera concorrenza e del libero mercato stante il profilo del pesante condizionamento mafioso ed estromettendo dunque le aziende operanti lecitamente. Un ruolo non dissimile da quello fotografato dall’indagine “Ceralacca 2”, che ha mostrato come Siciliano ed altri imprenditori abbiano creato un vero e proprio carello criminale capace di monopolizzare e smistare fra pochi, selezionati eletti gli appalti della Provincia di Reggio Calabria, della Stazione unica appaltante della Provincia di Reggio Calabria (Suap) e della Società risorse idriche calabresi (Sorical) di Catanzaro. Stando a quanto emerso nell’ambito dell’indagine, Siciliano forniva infatti un costante contributo all’associazione mafiosa di appartenenza, presentando – sia con le proprie imprese (G.S.C. S.r.l. unipersonale) che con imprese dallo stesso di fatto direttamente controllate (I.C.O.P. S.r.l.) – offerte fittizie e proponendo ribassi concordati in precedenza con i Bagalà, per condizionare le gare indette dalla Sorical. Le determinazioni dei giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria sono scaturite da un`articolata ed esaustiva attività di indagine patrimoniale, condotta dal Centro operativo Dia di Reggio Calabria, mirata a verificare le modalità di acquisizione del cospicuo patrimonio societario riconducibile all’imprenditore, il quale negli ultimi anni aveva incrementato in modo esponenziale la propria attività con l’accaparramento di numerose commesse pubbliche non solo in Calabria, ma anche in tutto il territorio nazionale e in particolare nel nord Italia. Gli accertamenti, oltre all’evidente incremento del volume d’affari dell’azienda con una concorrenza sleale a danno degli onesti imprenditori, hanno anche evidenziato un’evidente sproporzione tra gli investimenti effettuati da Siciliano rispetto a quanto fiscalmente dichiarato. (0050)