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Le mani della 'ndrangheta sulla nuova pedofilia on line

ROMA I media li chiamano “orchi”. Per le loro vittime spesso hanno l’appellativo di “amici”. Ma i pedofili in Italia ora hanno il nuovo volto degli affaristi, osservato con attenzione anche delle m…

Pubblicato il: 25/06/2014 – 17:50
Le mani della 'ndrangheta sulla nuova pedofilia on line

ROMA I media li chiamano “orchi”. Per le loro vittime spesso hanno l’appellativo di “amici”. Ma i pedofili in Italia ora hanno il nuovo volto degli affaristi, osservato con attenzione anche delle mafie. Dietro si nascondono vere e proprie strategie economiche, che celano una holding messa in piedi grazie al sistema darknet, il web sommerso. È la Pedo-Connection, il nuovo marchio criminale made in Italy, che esporta ed importa pedopornografia e non scambia o vende più solo file, ma esseri umani. Bambini di cui abusare. E grazie ai quali fare affari, un terreno molto fertile – secondo investigatori e criminologi – per il business della ‘ndrangheta.
In Italia, negli ultimi mesi, questo tipo di reato è aumentato fino a raddoppiare le cifre: sono già 200 le denunce di abusi rilevati attraverso la rete nei primi 6 mesi di quest’anno, a fronte delle 344 di tutto il 2013, con 165 minori adescati. E nella black list formulata dalla polizia ci sono oltre 1.700 siti dall’inizio del 2014. Tutto online, che resta off the records per gli internauti. Navigare nelle acque torbide delle reti parallele è compito del Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia (Cncpo), che solo tre mesi fa ha messo a
segno la prima operazione condotta nel Paese con successo all’interno del darknet: dieci arresti e l’identificazione di tre ragazzini di sette anni. L’indagine solo agli inizi: gli investigatori stanno cercando di scardinare un’organizzazione definita “massonica”, che isola i componenti sospetti indagati, ha uno slang, commercia ed esibisce come trofei i bimbi violentati. Tra loro però c’è anche una squadra di cento poliziotti italiani infiltrati e addestrati anche tra le file di Fbi ed Europol. «Sul darknet esiste un vero e proprio manuale del pedofilo, attraverso il quale si tenta di aggirare i controlli», spiega il dirigente nazionale della polizia postale, Carlo Solimene. La chiave d’accesso al sottobosco del web, dove è garantito l’anonimato, è il download di software come Tor, sistema per la criptazione utilizzato dalle forze militari usa. Ma non basta essere informatici, spesso bisogna essere autori di abusi. Solo in seguito si entra nel business, come venditori o
acquirenti, dove ‘lolite’ e ‘pre-teen’ sono le parole chiave più leggere. E gli affari sono pesanti: in Canada è stato sequestrato un sito con file di pedofili, che aveva incassato 5 milioni di dollari canadesi. Ma da oltreoceano ci sono diversi ponti che portano all’Italia. Solo tre mesi fa in Alabama un uomo mostrava in una foto il figlio di tredici anni in gabbia, che seviziava assieme al compagno. La foto matrice che ha permesso di dare il via alle indagini sulla vicenda è stata trovata in Italia.
Ma il lavoro dell’intelligence, sparsa per il mondo alla ricerca dei mercanti di sevizie italiani, non si limita alle decriptazioni. Da un elemento banale nella foto o nel video si risale al Paese d’origine del file per poi rintracciarne l’autore e, prima di tutto, la vittima. In campo sono scesi anche Google e Microsoft, con applicativi che aiutano a tracciare le immagini. Anche l’Italia è impegnata su progetti
per raggiungere la ‘fotografia madre’, la prima scattata. Per la criminologa Roberta Bruzzone, «le mafie, come la ‘ndrangheta, hanno capito il business. Ora ai file è stato imposto un valore di mercato che va da decine fino a migliaia di dollari e che dipende da età, etnia e atto sessuale». Prezzi decisi da una spa ormai ben radicata anche in Italia. Una filiera di atrocità diventata globale. Dove l’orco è diventato manager dell’orrore.

 

Lorenzo Attianese

Ansa

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