LAMEZIA TERME La Calabria continua, inesorabilmente, ad allontanarsi dal resto del Paese. Una deriva che la pone agli ultimi posti sul tasso di crescita e di occupazione e che conseguentemente fa precipitare la regione sempre più in basso in termini di povertà relativa. I dati presentati da Unioncamere – nel corso del forum regionale dell’economia regionale svoltosi nella sede lametina dell’ente alla presenza degli assessori regionali Luigi Fedele, Michele Trematerra e Demetrio Arena e del deputato di Forza italia, Jole Santelli nonché dei vertici camerali – certificano ancora una volta il degrado economico in cui sprofonda anno dopo anno la Calabria. Anche in controtendenza rispetto all’Italia, dove qualche timido segnale di ripresa inizia a fare capolino. Allargando così la forbice tra la regione e il resto del Paese: se il Pil lo scorso anno ha chiuso a -0,4 per cento su base nazionale, in Calabria si è registrato un arretramento di un 1,2 punti percentuali. Un arretramento del sistema economico regionale – come ha certificato Unioncamere – che prosegue almeno da 4 anni.
FAMIGLIE SEMPRE PIÙ POVERE E gli effetti si sono sentiti soprattutto sulle famiglie sia in termini di reddito – tra il 2009 e il 2012 si è ridotto di oltre 300mila euro, con un valore medio di 107 euro in meno a disposizione dei singoli nuclei – che di patrimonio netto. In maniera tale che è cresciuto il numero di quanti sono precipitati sotto la soglia della povertà: dal 26,9% al 29,1 per cento.
OCCUPAZIONE GIÙ Stando ai dati forniti da Unioncamere, si sono volatilizzati decine di migliaia di posti di lavoro. Rispetto al 2012 ci sono quasi 40mila occupati in meno e quasi 60mila in meno nel confronto con il 2009. Una situazione che, conseguentemente, ha portato all’erosione della capacità di acquisto delle famiglie. Così come è cresciuto il tasso di disoccupazione ormai attestato sopra la soglia del 22 per cento (22,2 per cento) cioè dieci punti in più della media nazionale. Come è in forte incremento il numero dei disoccupati di lunga durata – passato da 5,9% al 14,4% – e tra i giovani il tasso è superiore al 56 per cento. Divenuto un tasso decisamente non sostenibile.
IN CADUTA LIBERA IL NUMERO DELLE IMPRESE Se il dato sull’occupazione è così negativo la giustificazione la si ritrova nell’impoverimento del sistema imprenditoriale regionale: tra il 2008 e il 2013, certifica il rapporto di Unioncamere, sono svanite 3.548 imprese. E a soffrire maggiormente sono stati i comparti dell’edilizia e del commercio che hanno registrato, rispettivamente una flessione dell’11,6 per cento e del 5,1 per cento. Secondo l’analisi dei tecnici di Unioncamere sul primo settore ha inciso negativamente anche la restrizione dell’offerta dei mutui sul residenziale, mentre per quanto attiene il commercio, la flessione è da attribuire alla recessione del mercato interno.
POCO EXPORT SE SI ESCLUDE L’AGROALIMENTARE La Calabria resta ancora fanalino di coda in materia di esportazione di beni. Stando alle analisi di Unioncamere, il valore delle merci complessivamente destinate all’estero raggiunge appena 350 milioni in un anno. Un volume che rappresenta 1,2 per cento del valore aggiunto complessivo e che porta la Calabria a rasentare lo zero assoluto rispetto alla massa dell’export nazionale. Una situazione che migliora se si guarda il settore agroalimentare. Un segmento che rappresenta da solo il 40 per cento del valore dell’export calabrese.
I SEGNALI DI SPERANZA Secondo le analisi di Unioncamere, gli unici settori che in qualche modo dimostrano indici di vitalità – oltre l’agroalimentare – sono la filiera della blue economy e della green economy. In ambedue i settori la Calabria dimostra di poter esprimere potenzialità anche su base nazionale. Tanto da spingere i vertici regionali di Unioncamere a chiedere di puntare su questi aspetti
L’ANALISI «Quelle aziende che hanno saputo internazionalizzarsi hanno risentito meno degli effetti della crisi. Parlo soprattutto dell’agroalimentare che, dati alla mano, ha dimostrato segnali di vitalità importante». Il presidente di Unioncamere Calabria, Lucio Dattola indica la strada per far ripartire l’economia regionale. Anche se punta il dito sulle lacune finora dimostrate. «È grave – dice ad esempio – che nonostante la qualità della produzione olearia non si riesca ad ottenere un marchio “Made in Calabria” riconosciuto. E così avviene il paradosso che spesso vengono acquistate bottiglie con marchi importanti che contengono olio lampante proveniente da Paesi del Mediterraneo, magari ritoccato dai produttori con alcuni artifici, che poi finisce sulle nostre tavole come extravergine di qualità».
E poi il presidente invita le imprese e i calabresi ad avere maggiore fiducia. «I dati pubblicati dal Sole 24ore – afferma – dimostra che siamo una delle regioni in cui, in questa situazione di crisi, ha incrementato il volume di depositi negli istituti di credito. Noi come classe dirigente abbiamo il compito di far capire che non è mettendo i soldi in banca che si assicura il proprio futuro. Ma che mettendo in circolazione le risorse che si permette all’economia di uscire dalla crisi e conseguentemente di ottenere benefici per tutti».
Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it
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