«Qualsiasi cosa si inventino, giù in Calabria, il sette novembre si vota. Al massimo si può slittare al sedici novembre, perché la tornata elettorale deve includere anche la Regione Emilia e il Comune di Reggio Calabria, ma non si va oltre».
Così il ministro degli interno Angelino Alfano al premier Matteo Renzi che lo ha sentito per avere parole chiare sull’anarchia istituzionale che impera nella Regione Calabria. Da ultimo anche dal Quirinale era stato chiesto al Presidente del Consiglio di capire cosa stesse accadendo in terra brutia, la lettera dei parlamentari di Sel aveva spinto Giorgio Napolitano a muovere passi felpati ma non per questo meno risoluti. Del resto, la contraddizione era fin troppo evidente, le dimissioni di Scopelliti da governatore e la sua sospensione per una condanna a sei anni di reclusione sono coeve dello scioglimento dei consigli regionali del Piemonte e dell’Abruzzo ma in quelle regioni si è già votato da mesi, in Calabria, invece, continuava a mancare persino la convocazione dei comizi elettorali.
Sono cittadini italiani anche i calabresi? Se lo sono non possono ricevere un trattamento diseguale, non possono restare in balia della melina tra la vicepresidente Antonella Stasi, peraltro esterna all’Assemblea regionale per non essere mai stata eletta, e il presidente del consiglio regionale Franco Talarico che, formalmente, non ha mai “congedato” i consiglieri. Anzi, si andava avanti a colpi di nomine e prendendo iniziative e decisioni che non solo non hanno niente a che spartire con la ordinaria amministrazione ma, in alcuni casi, impegnano la Regione Calabria per gli anni futuri.
Da qui la decisione di dare una stretta a tanto lassismo e la richiesta al Viminale «di mettere in atto ogni iniziativa utile a garantire il rapido ritorno al voto dei calabresi». Angelino Alfano ha capito che non poteva restare più sul pero e dopo avere esaminato il pasticciaccio istituzionale in cui è avviluppata la Calabria, nel tentativo di guadagnare altro tempo prima di andare al voto, ha elaborato una strategia che, garantisce, porterà a convocare le elezioni regionali per il sette di novembre, rassicurando in tal senso il premier.
Del resto, anche la storiella dell’impugnativa della legge regionale che avrebbe così impedito di andare alle urne rapidamente, è stata facilmente smontata dai consulenti giuridici di Palazzo Chigi: accettare una simile chiave di lettura, hanno fatto notare, significherebbe ammettere che la legislatura possa durare all’infinito, visto che il consiglio regionale della Calabria ha volutamente approvato una legge elettorale incostituzionale e potrebbe rifarlo ancora.
La svolta imposta, con la data delle elezioni regionali, tuttavia, non sarebbe il solo segnale verso la Calabria per indicare ai ras politici locali che “la ricreazione è finita”, altre decisioni sarebbero in arrivo nei prossimi giorni a testimonianza di una estrema determinazione da parte di Matteo Renzi per cambiare le cose sul fronte calabrese. In questo facendo tesoro di molte indicazioni che gli sono venute da Ernesto Magorno, il segretario calabrese del Pd che si conferma sempre più “ascoltato” dal premier.
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