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Processo Bless, ergastolo confermato per Condello

REGGIO CALABRIA Ergastolo confermato per il super boss Pasquale Condello e per Demetrio Sesto Rosmini, entrambi imputati nel processo Bless. La Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, presieduta…

Pubblicato il: 16/09/2014 – 13:22
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Processo Bless, ergastolo confermato per Condello

REGGIO CALABRIA Ergastolo confermato per il super boss Pasquale Condello e per Demetrio Sesto Rosmini, entrambi imputati nel processo Bless. La Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, presieduta dal giudice Finocchiaro, ha infatti accolto in pieno le richieste del sostituto procuratore generale Adriana Fimiani, confermando la pena inflitta tanto al superboss, ritenuto il mandante dell’agguato del 1 settembre 1990 in cui morì per errore Domenico Catalano e venne ferito Natale Cozzupoli, come a Rosmini, inchiodato per l’autobomba che il dieci settembre del 1990 ucciderà Fortunato Audinò e ferirà Giuseppe Zaccone, grazie alle dichiarazioni del cugino Bruno Rosmini, uno dei pochi dissociati delle ‘ndrine reggine.
Scaturita dalle dichiarazioni del pentito Paolo Iannò, killer della cosca Condello e fra i principali protagonisti della seconda guerra di ‘ndrangheta, l’inchiesta puntava a fare luce su alcuni degli omicidi commessi nel corso del feroce conflitto che, dal 1985 al 1991, ha insanguinato Reggio Calabria.
In primo grado, i giudici della Corte d’assise avevano assolto – dai sette capi di imputazione per cui era a giudizio – il cugino del “Supremo”, Domenico Condello, “Micu u pacciu”, per decenni latitante e catturato circa un anno fa, ma avevano anche dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti del pentito Giuseppe Scopelliti. Una posizione delicatissima quella del pentito, che al termine del percorso di collaborazione si è visto concedere il riconoscimento massimo – il cambio definitivo di generalità – e ha rischiato di perdere tutto a causa del nuovo procedimento penale che lo ha visto imputato.
Accusato dell’omicidio di Francesco Polistena, il giovane picciotto dei Garonfalo, freddato il 1 dicembre del 1990, Scopelliti – reoconfesso di numerosi fatti di sangue – si è sempre proclamato innocente. Per lui, a chiedere l’omicidio del giovane sarebbero stati gli stessi Garonfalo, per evitare che la furia di Polistena si scatenasse contro di loro che avevano deciso di sacrificare uno dei propri uomini – Guido Maesano – a garanzia della pace sancita con le cosche di Villa, dopo la faida esplosa in seguito al tentato omicidio di Scopelliti. A eseguirlo invece, su ordine di Pasquale Condello, sarebbero stati Bruno Trapani e Paolo Iannò, con la regia di Nino Imerti.
Di diverso avviso sono i magistrati, per i quali Scopelliti, proprio in virtù della posizione apicale ricoperta all’interno del clan, non poteva non sapere cosa si stesse muovendo per vendicare un affronto nei suoi confronti. Ma nonostante tale granitica convinzione – ha sostenuto la Procura e confermato la Corte – oggi Scopelliti non può essere condannato. Da quei fatti di sangue è passato troppo tempo e ancor prima del rinvio a giudizio, su quell’omicidio è caduta la mannaia della prescrizione. Per questo non sarebbe dovuto andare a processo. Per questo il pm Cosentino ha invocato per lui il non luogo a procedere. Un’interpretazione che la Corte d’Assise ha sposato in pieno.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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