REGGIO CALABRIA Non insistono nel contestare l’aggravante mafiosa a Raffella De Carolis, madre dell’ex parlamentare di Forza Italia – oggi in fuga a Dubai – Amedeo Matacena, nè al presidente di una delle sue tante società, Antonio Chillemi, ma i pm Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio sono determinati a portare fino in fondo anche in appello la contestazione dell’articolo sette per l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, lo stesso Matacena, la moglie, Chiara Rizzo, il braccio destro Martino Politi, e le segretarie dei due politici, Roberta Sacco e Maria Grazia Fiordelisi. Nonostante la bocciatura del gip Olga Tarzia, che lo scorso maggio ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tutti gli indagati, per i pm Curcio e Lombardo le condotte degli imputati – nei confronti dei quali è stato nel frattempo disposto il giudizio immediato – continuano a essere inquadrabili in un contesto molto più ampio dell’affaire amoroso che avrebbe legato la Rizzo e l’ex ministro, con cui i legali hanno tentato di giustificare la valanga di conversazioni, contatti, circostanze e transazioni emerse in sede d’indagine fra l’ex ministro, il suo entourage e i coniugi Matacena. Per la Procura infatti Scajola, la Rizzo e gli altri imputati avrebbero agevolato la ‘ndrangheta di cui l’ex deputato sarebbe espressione. Per i pm, i reati configurabili nell’aiuto fornito a Matacena per sottrarsi a una condanna definitiva per mafia, ma soprattutto per occultare il suo immenso patrimonio devono essere aggravati dalle modalità mafiose perché inquadrabili in un progetto più ampio.
«Non appare un azzardo affermare – si legge, infatti, nell’appello presentato dai pm – che Scajola e Matacena condividono interessi che vanno oltre l’aiuto, risultando inseriti in un circuito criminale ben più ampio visto il ruolo di Matacena in ambito ‘ndranghetistico ricostruito dalla sentenza di condanna». Solo con «rapporti di cointeresse forti (Scajola), può rendersi protagonista dei colloqui» intercettati – aggiungono – «tra cui significativi quelli in cui sembra assumere le vesti di socio occulto di Matacena, viste le elargizioni da fare per la Rizzo». Per la Procura, Claudio Scajola, con l’aiuto a Matacena, anche esercitando la «sua influenza su Berlusconi per ottenere la candidatura alle europee agevola una pedina indispensabile per il sistema criminale di cui la ‘ndrangheta fa parte» e «agevola la ‘ndrangheta in ambito politico-imprenditoriale. Non a caso – si sottolinea – Scajola, pur consapevole della condanna di Matacena per concorso esterno in associazione mafiosa, «presta consapevole contributo per agevolare la latitanza», «intrattiene rapporti economico-imprenditoriali con la Rizzo e Politi», «avvia con la Rizzo e Politi nuovi progetti imprenditoriali», «esercita la sua influenza su Berlusconi al fine di ottenere la candidatura alle europee», «promette il suo sostegno personale, finanziario ed economico, anche attraverso canali bancari privilegiati a Matacena tramite la Rizzo», «consapevolmente agevola una pedina indispensabile (Matacena) per il sistema criminale di cui la ‘ndrangheta fa parte», «consapevolmente agevola la ‘ndrangheta in ambito politico-imprenditoriale».
Tesi contrapposte difese oggi per oltre sei ore di fronte al Tribunale del Riesame, nel corso di un’udienza complessa e a tratti tesa al termine della quale il giudice Filippo Leonardo si è riservato la decisione, annunciandone il deposito nei prossimi giorni.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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