La Calabria o il Senato: il diktat di Ncd
di Antonio Ricchio «Senza un accordo sulla Calabria non possiamo escludere problemi a Palazzo Madama, dove il nostro Tonino Gentile guida una piccola pattuglia di senatori fondamentale per man…

di Antonio Ricchio
«Senza un accordo sulla Calabria non possiamo escludere problemi a Palazzo Madama, dove il nostro Tonino Gentile guida una piccola pattuglia di senatori fondamentale per mantenere in vita il governo». Alle sei di sera, quando Gaetano Quagliariello pronuncia queste parole, un vento gelido attraversa le stanze del Nazareno. Lorenzo Guerini è il più preoccupato. Mario Oliverio quello più disinvolto: «Io non ci sto. Mi spiegate voi come vado a presentarmi agli elettori calabresi? Io non posso guidare una coalizione che comprende i maggiori responsabili dei disastri prodotti dalla giunta Scopelliti. Non scherziamo, su». Ernesto Magorno assiste impotente a questo siparietto. Nico Stumpo è dalla parte di Oliverio. Marco Minniti, invece, prova indicare una soluzione che possa andare bene a tutti: sì a un centrosinistra allargato alle forze politiche che sostengono il governo ma patto che le liste calabresi presentino forti elementi di rinnovamento e discontinuità con il passato. Lorenzo Cesa si mostra disponibile e assicura l’impegno dell’Udc in tale direzione. Quagliariello è in costante collegamento telefonico con Gentile.
L’impasse non si sblocca. Oliverio è irremovibile: «Io non mi faccio ricattare da nessuno. Preferisco rinunciare alla candidatura piuttosto che essere eletto e avere le mani legate». Sono parole di fuoco quelle del vincitore delle primarie dello scorso 5 ottobre. Che fanno entrare nel panico Guerini. Come si fa a spiegare a Renzi che c’è il mancato accordo sulle regionali in Calabria dietro una potenziale crisi parlamentare? Oliverio è convinto, e con lui Nico Stumpo, che la mossa di Gentile nasconda un bluff, che dietro la minaccia di lasciare Ncd e la maggioranza al Senato ci sia soltanto la volontà di massimizzare i profitti in questa fase di trattative elettorali. Si narra che con il coordinatore calabrese del Nuovo centrodestra ci siano Giovanni Bilardi, Nico D’Ascola e Piero Aiello. Non Antonio Caridi, che è rimasto fedele a Scopelliti ed è attestato su una linea alternativa a quella dei suoi colleghi.
È evidente che se l’accordo con il Pd dovesse fallire, la strada alternativa sarebbe quella di dare vita a uno schieramento autonomo da centrosinistra e centrodestra. Già, perché dopo lo strappo formalizzato in Emilia Romagna, un accordo con Forza Italia è sempre più remoto. Ncd e Udc si presenterebbero agli elettori calabresi con una lista (“Popolari per la Calabria”) e con un proprio candidato alla presidenza della Regione. Per conquistare uno dei 30 seggi in palio bisognerà raccogliere almeno l’8% dei consensi. Il problema (per Gentile e gli altri) è che gran parte dei big dell’Udc calabrese non fa i salti di gioia per tale prospettiva. Anzi, c’è chi è pronto a scommettere sulla candidatura di diversi consiglieri regionali uscenti dello Scudocrociato nelle liste del centrosinistra. «Un conto è aprire ai singoli e a chi ha preso le distanze da tempo da Scopelliti – è il ragionamento del candidato a governatore – un altro è siglare un accordo politico con i partiti che quella maggioranza l’hanno sostenuta senza se e senza ma. Non posso tradire il popolo delle primarie». Oliverio sa bene che un’intesa con i moderati che stanno al governo con Renzi aumenterebbe le distanze con Sel e con tutto l’arcipelago di movimenti che sta a sinistra del Pd. Non a caso Gianni Speranza si è già chiamato fuori rispetto a un accordo Pd-Ncd-Udc e lo stesso hanno fatto i socialisti del Psi.
A tarda sera la sintesi migliore la trova forse Pippo Civati: «La Calabria o il Senato: un bel ricatto dell’Ncd». Guerini prova a minimizzare, ma è consapevole che di questo si tratta.
Twitter: @AntonioRicchio