"Italia che lavora", la mannaia del gup
SAN LUCA Un’assoluzione, un non luogo a procedere per intervenuta prescrizione e sei condanne a quattro anni. Non passa la mannaia del gup il castello accusatorio del procedimento “Italia che lavora”…

SAN LUCA Un’assoluzione, un non luogo a procedere per intervenuta prescrizione e sei condanne a quattro anni. Non passa la mannaia del gup il castello accusatorio del procedimento “Italia che lavora”, coordinato dal pm Francesco Tedesco, che sembrava aver individuato un vero e proprio “cartello” di imprese in grado di accaparrarsi, direttamente o indirettamente, lavori pubblici fatti a San Luca, grazie ai rapporti con elementi di spicco delle cosche della zona. Il gup Scortecci ha solo parzialmente accolto le richieste di pena avanzato dal pm, condannando Francesco Stipo, Domenico Cosmo, Domenico Costanzo, Antonio Cosmo e Francesco Mammoliti a quattro anni di carcere. Caduta l’aggravante mafiosa si estingue – per intervenuta prescrizione – il reato contestato a Francesco Nirta, mentre esce dal processo assolto da tutte le accuse a suo carico Antonio Stipo.
Stando all’impostazione accusatoria, gli indagati si sarebbero accaparrati grazie ad atti di concorrenza sleale volti al controllo o comunque al condizionamento dell’aggiudicazione e della successiva esecuzione dei lavori nove appalti pubblici banditi dal Comune di San Luca, dalla Provincia di Reggio Calabria e dalla Regione Calabria del valore di 5,5 milioni di euro. Una spartizione che avrebbe seguito, secondo l’accusa, pedissequamente gli equilibri mafiosi esistenti nel territorio di San Luca tra il 2005 ed il 2009, in base ai quali le varie famiglie si sarebbero appropriate dei sontuosi finanziamenti destinati alla realizzazione di opere pubbliche grazie alla predisposizione fraudolenta di offerte o rapporti di sub-appalto lecito o illecito dei lavori, come anche tramite l’imposizione delle ditte destinate eseguire di fatto i lavori.
Alesssia Candito
a.candito@corrierecal.it