Pensarci in tempo
Sempre le solite! Se non sai raggiungere una meta, con o senza navigatore satellitare, difficilmente la raggiungi, a meno che non ti fermi per strada, piazzi la macchina di traverso e costringi chi s…
Sempre le solite! Se non sai raggiungere una meta, con o senza navigatore satellitare, difficilmente la raggiungi, a meno che non ti fermi per strada, piazzi la macchina di traverso e costringi chi sta dietro di te a fermarsi e, quindi, a darti l’informazione che ti urge per proseguire. Se questo ti capita – e non dovrebbe – per raggiungere la Sila o l’Aspromonte o il Pollino, transeat, anche se non è giusto. Se, invece, ti accade perché, per esempio, devi raggiungere l’università Magna Grecia di Catanzaro con annesso policlinico universitario, con medici e degenti-familiari ricoverati, allora – davvero – non sai come fare, se non ti fai accompagnare da qualcuno del posto, al quale dai appuntamento allo svincolo per Germaneto e poi, insieme, proseguite per la meta desiderata. Quale la sorpresa, appena arrivati nel punto in cui occorre girare per l’università? C’è una mini-targa che dice “università” e non puoi fare altro che pensare che sia quella giusta (anche perché l’accompagnatore, che una volta raggiunta le meta, ti saluta, lo ringrazi e ti lascia sul posto). Pensavi di aver risolto il problema? No, non è così. Se è mattina non sai dove trovare un parcheggio dal momento che tante sono le macchine tra professori, dirigenti e docenti medici, paramedici, amministrativi. Giri e ti rigiri – un po’ come all’aeroporto di Lamezia, quando non trovi posto nei parcheggi a pagamento – fin quando un “buco” lo trovi. Non ti curi per spensieratezza o per urgenza di focalizzare il posto del parcheggio (non ci sono numeri, lettere dell’alfabeto, segnali, punti di riferimento utili a ritrovare la macchina quando esci dalla visita ospedaliera). Allora, chi non è pratico, non sa come fare. Il lato positivo è che raramente incontri persone poco gentili. Tutti affabili: si mettono a disposizione fin quando non trovi la macchina dopo esserti sforzato di dare un minimo punto di riferimento. Hai perso, però, non meno di mezzora, ma hai conosciuto galantuomini. Tutto questo di giorno. E se ti dovesse capitare di notte? A parte che è difficile che tu possa incontrare la stessa gente del mattino, sei costretto a girare e rigirare per trovare il tuo mezzo di locomozione. Transeat! E se quando arrivi vuoi un panino, un caffè o un giornale? Son cose che con l’università non hanno nulla a che fare. Non esistono chioschi di alcun tipo almeno all’aperto. Ci sono due punti ristoro ai piani, ma valli a trovare. Al massimo trovi qualcuno che ti dice: dovevi pensarci prima
e provvedere alle stazioni di servizio. Se poi hai la ventura di ricoverare un congiunto? In quella landa sperduta, cosa fai? Posto che – giustamente – gli orari di ingresso sono assai limitati, non puoi far altro che viaggiare verso casa e tornare l’indomani o trovare un bed and breakfast, un loft nei paraggi, nel quale fai finta di riposarti, cerchi di dormire in attesa che si faccia l’ora della visita al parente ricoverato. E la cena? Gli alloggi non hanno ristoranti annessi. Ti devi dar da fare per trovarne qualcuno: non eccellenti, ma accettabili. E così vai avanti e indietro,tra il policlinico, il loft, il giornalaio, la locanda. Sembra che l’abbiano fatto apposta per farti trascorrere il tempo, visto che in ospedale come questi non sono ammessi, a giu- sta ragione, parenti che possano restare a far compagnia all’ammalato. Ma com’è possibile, ti chiedi, che non ci sia la segnaletica idonea a farti muovere tra Catanzaro e l’Università?
Eppure. Eppure si tratta di un ateneo con 12mila iscritti, con ben 17 corsi dedicati alle professioni sanitarie, ci sono 5 sale operatorie al- l’avanguardia, laboratori per la ricerca e le biotecnologie, una sala per la risonanza magnetica funzionale. Per mancanza di fondi, a Germaneto hanno dovuto chiudere l’eliporto. E non è solo il servizio elicotteri a essere stato chiuso. Quel che rammarica, e non poco, il magnifico rettore, professor Aldo Quattrone – ma anche i primari – è stata la drastica riduzione nel tempo dei posti letto dell’ospedale universitario. Ne sono stati garantiti 350, siamo scesi a 270 nel 2004, adesso il grande ed efficiente policlinico ne ha solo 150. Medici e primari devono fare la guerra per sistemare le urgenze che arrivano dalle altre province. Se riescono, spostando e stringendo possono anche ricoverarti, altrimenti, devono rinviarti di una settimana o ad altra struttura. «C’è un’intesa con la Regione che prevede di riportare i posti letto ad almeno 250, dice il rettore Quattrone. Il di più – cosiddetto – manca, ovviamente. Si era pensata una sala conferenze, vista la gran mole di universitari, anche per evitare di costringere, con gli studenti, i parenti dei pazienti a trovare una sistemazione estiva, per non soffrire il caldo o d’inverno per non patire la furia degli elementi. Niente, a dispetto della qualità dei servizi resi e degli sforzi che dirigenti universitari, medici e paramedici fanno per alle- viare la sofferenza dei pazienti e perché hanno avuto la ventura di lavorare in un posto di eccellenza calabrese. Onore al merito. Nomi: il professor Pasquale Mastroberto, il professor Bruno Amantea, il professore Indolfi, i dottori Zofrea, Malta, Polistena e il direttore Bel- castro che hanno fatto di Cardiochirurgia – con i loro collaboratori, tutti disponibili – veramente un centro di super eccellenza. Peccato che i posti letto siano davvero pochi.
Dicevamo 12mila studenti che, certo, non sono presenti tutti i giorni, se non in una buona percentuale, hanno le loro esigenze alle quali non si potrebbe non provvedere? E quando arriveranno i dipendenti regionali(1.800) – siamo nella stessa zona, e i cittadini che andranno a parlare con politici e burocrati? Meglio non pensarci, o, forse, sarebbe davvero utile pensarci per tempo.
*giornalista