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Usura, quattro fermi in provincia di Reggio

REGGIO CALABRIA Un giro di usura ridotto, ma con il sigillo di garanzia del clan Alvaro di Sinopoli. È quanto ha svelato la Squadra mobile con l’operazione che oggi ha portato al fermo dei fratelli…

Pubblicato il: 05/11/2014 – 7:08
Usura, quattro fermi in provincia di Reggio

REGGIO CALABRIA Un giro di usura ridotto, ma con il sigillo di garanzia del clan Alvaro di Sinopoli. È quanto ha svelato la Squadra mobile con l’operazione che oggi ha portato al fermo dei fratelli Giancarlo e Cosimo William Apice, Angelo Renato Franco e Antonino Alvaro. Quest’ultimo è il più giovane dei quattro fermati, ma il suo nome e il suo casato erano una garanzia per gli usurai e una minaccia – seria, concreta – per le vittime dello strozzo. Per i fratelli Apice che a lui si rivolgono perché “convinca” l’imprenditore strozzato a saldare il debito con i suoi usurai è una delle «persone a cui non avrebbe potuto dire di no». E ad Alvaro, arrestato per violenza privata aggravata dalle modalità mafiose, l’uomo non è stato in grado di dire di no. Qualche mese prima, aveva abboccato alla proposta dei fratelli Apice, che gli avevano offerto un prestito di 30mila euro in cambio di 1500 euro di “interessi” da consegnare nell’immediato, più sei assegni da 5.500 euro a garanzia del residuo debito pari a 29.000 euro. Stando agli accordi, quei titoli sarebbero stati restituiti all’imprenditore dietro pagamento del corrispondente importo in contanti. E quando l’uomo non ce la fa più, rifiutandosi di sottostare al giogo dei suoi strozzini, i due fratelli si rivolgono ad Alvaro, immediatamente pronto a ricondurre l’imprenditore a più miti consigli.
Ma i fratelli Apice non erano gli unici a dedicarsi alla lucrosa attività dell’usura. Nel medesimo settore di business – hanno scoperto gli uomini della Mobile, coordinati dalla procura di Reggio Calabria – era attivo Angelo Renato Franco, sessantaduenne di Villa San Giovanni che dal novembre 2012 all’ottobre del 2014aveva imposto ad un imprenditore locale un versamento mensile di 1.100,00 mensili, a copertura di un “prestito” di 15mila concesso negli anni passati. Anche lui, come gli Apice, utilizzava il cappio degli assegni estorti alle proprie vittime a garanzia del prestito per tenerle in pugno, costringendole a versare mensilmente la quota – usuraria – stabilita.

 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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