Caso Matacena, i legali chiedono la scarcerazione di Scajola
REGGIO CALABRIA Assume sempre più la forma di una partita a scacchi in cui ogni mossa sottintende una più ampia ed articolata strategia, il processo “Breakfast” che oggi vede imputato imputato l’ex m…

REGGIO CALABRIA Assume sempre più la forma di una partita a scacchi in cui ogni mossa sottintende una più ampia ed articolata strategia, il processo “Breakfast” che oggi vede imputato imputato l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, alla sbarra insieme all’ex segretaria di Amedeo Matacena, Maria Grazia Fiordelisi, entrambi accusati a vario titolo di aver aiutato l’ex parlamentare di Forza Italia, tuttora in fuga a Dubai, a sottrarsi a una condanna definitiva per mafia, come ad occultare il suo immenso patrimonio. Contrariamente alle attese, l’ex ministro in aula non c’è. Causa maltempo, l’aereo su cui viaggiava è stato dirottato su Lamezia e le dissestate strade del Reggino non hanno consentito all’imputato di raggiungere in tempo utile il tribunale per l’udienza. In aula, nel frattempo, è all’esito delle schermaglie fra la pubblica accusa, rappresentata dal pm Giuseppe Lombardo, e difese – gli avvocati Cristina Dello Siesto, Giorgio Perroni e Patrizia Morelli – che il tribunale ha stabilito la lista dei testi che – salvo nuove emergenze istruttorie e relative richieste integrative – nei prossimi mesi saranno chiamati a ricostruire in aula l’indagine e le posizioni dei due imputati. Sfoltita in maniera chirurgica e attenta l’imponente lista degli oltre 160 uomini e ufficiali di polizia giudiziaria che hanno partecipato all’inchiesta che il pm avrebbe voluto chiamare in aula, il collegio ha sostanzialmente accettato le richieste del sostituto procuratore Lombardo, fatta eccezione per i collaboratori di giustizia che avrebbero dovuto riferire sulla figura di Matacena. In tal senso il Tribunale, presieduto da Natina Praticò, sembra aver parzialmente accolto le osservazioni dell’avvocato Perroni, legale di Scajola, cui si è in seguito associata l’avvocato Di Siesto, difensore della Fiordelisi, che hanno chiesto ai giudici di cassare l’istanza di audizione non solo dei pentiti, ma di vari dichiaranti fra cui l’ex ufficiale dell’Aisi a Dubai, Paolo Costantini, Luca Salvi, uno dei soci della Fera srl – azienda finita al centro di diversi approfondimenti investigativi anche per quel finanziamento di 5,9 milioni di euro ottenuto nel gennaio 2009, proprio quando a gestire i milionari investimenti per l’innovazione tecnologica era Scajola –, ma anche il presidente della Casa della legalità di Genova, Christian Abbondanza, perché «sono tutti testi – ha affermato in aula Perroni – che il pm ha dedotto dall’aggravante mafiosa che non è oggetto di questo processo». Richiesta bocciata dal tribunale, che pur non avendo ammesso – quanto meno per il momento – l’audizione dei pentiti, ha dato visto buono alle testimonianze chieste dal pm, incluse quelle della moglie di Amedeo Matacena, Chiara Rizzo, dell’ex braccio destro del politico, Martino Politi e dell’ex segretaria di Scajola, Roberta Sacco, che il prossimo 13 ottobre dovranno presentarsi di fronte al gup per l’inizio del processo con rito abbreviato a loro carico. Tutti soggetti che anche le difese hanno chiesto e ottenuto di avere la facoltà di interrogare in aula, dove potranno anche convocare quei “testi a prova contraria”, con cui sperano di poter confutare quanto affermato dai dichiaranti voluti in aula dal pm. Non passano invece agli atti del procedimento né note e relazioni di servizio compilate nel corso delle indagini dagli uomini della polizia giudiziaria perché non riconosciute come atti irripetibili, nèi brogliacci delle conversazioni, che saranno interamente trascritte, già a partire dalla prossima settimana, quando l’incarico verrà conferito al perito Vincenzo Cannone.
Sarà depositato invece nei prossimi giorni il parere del pm Lombardo sull’istanza di revoca dei domiciliari e reimmissione in libertà presentata dal suo legale per l’ex ministro Scajola. Un uomo – ha sottolineato Perroni nel suo accorato intervento – «incensurato, un servitore dello Stato, che non è mai stato coinvolto nelle inchieste che hanno travolto la politica in questi anni. Quando è stato arrestato – a torto, a nostro parere – è rimasto certamente un po’ sorpreso, ma da uomo dello Stato ha rispettato lo Stato. Dopo aver ottenuto i domiciliari, non ha mai fatto istanza di reimmissione in libertà, pensando che quei mesi sarebbero stati necessari ad accertare la verità. Quello che non è accettabile è che quella custodia cautelare si protragga. Tenere Claudio Scajola ai domiciliari è un’ingiustizia». Per il legale infatti, non esisterebbero più i presupposti per le esigenze cautelari né sotto il profilo della possibile reiterazione del reato, né del pericolo di fuga, al contrario l’ex ministro avrebbe sempre mantenuto un atteggiamento «estremamente collaborativo». Questioni delicate e da valutare con attenzione per il pm Lombardo, che si è riservato di depositare nei prossimi giorni le proprie controdeduzioni al riguardo. Ma il parere del sostituto procuratore della Dda reggina, non sarà l’unico atto che da qui a qualche giorno finirà agli atti del processo. Quasi al termine dell’udienza, il pm ha infatti annunciato «colgo l’occasione per comunicare che a partire dal 12 o dal 13 novembre saranno disponibili presso la mia segreteria gli atti relativi alle attività integrative di indagine riguardanti tanto gli imputati dell’abbreviato, come di questo processo». Una doccia fredda per le difese che già pensavano di aver portato a casa l’udienza. Sebbene nessun particolare – allo stato – filtri sulla produzione documentale che entrerà a far parte del procedimento, l’impressione è che l’inchiesta possa andare ben oltre l’attuale perimetro, arrivando probabilmente a lambire quelle inquietanti ipotesi comparse nel decreto di perquisizione emesso a carico di Scajola e degli altri imputati l’8 maggio scorso. Un documento che collocava l’ex ministro al centro di uno scenario molto più complesso ed ambiguo di un’ordinaria – e forse pruriginosa – storia di favori incrociati, identificandolo piuttosto come ingranaggio – fondamentale – di un sistema.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it