Caso Scajola, aggravante mafiosa per Lady Matacena
REGGIO CALABRIA «Sulla base dei nuovi elementi emersi dagli approfondimenti investigativi della Dia sulla Cogem, società grande mattatrice di appalti pubblici a Reggio Calabria, si rende necessaria u…

REGGIO CALABRIA «Sulla base dei nuovi elementi emersi dagli approfondimenti investigativi della Dia sulla Cogem, società grande mattatrice di appalti pubblici a Reggio Calabria, si rende necessaria una modifica del capo di imputazione e la contestazione dell’aggravante mafiosa a carico di Chiara Rizzo, Martino Politi e Roberta Sacco». È questa la mossa a sorpresa messa a segno questa mattina dal pm Giuseppe Lombardo nel corso dell’udienza filtro del procedimento che vede coinvolti gli indagati del cosiddetto “caso Scajola” che hanno chiesto l’ammissione al rito abbreviato, tecnicamente non ancora formalmente iniziato di fronte al gup. Una manovra che scompagina le difese dei legali, che adesso avranno tempo fino al 18 dicembre per decidere se produrre materiale a discarico, elaborare una nuova strategia e valutare se confermare la richiesta di abbreviato o optare per l’ordinario. Una scelta che sembra essere quasi obbligata per alcuni dei soggetti coinvolti.
Gli approfondimenti sulla Cogem – società controllata al 51% dai coniugi Matacena tramite una finanziaria e amministrata dalla loro segretaria Maria Grazia Fiordelisi – hanno infatti permesso al pm di precisare le singole responsabilità e mettere in luce le ramificazioni mafiose delle attività dei due e dei loro collaboratori. Nelle scorse settimane gli uomini della Dia hanno preteso da prefettura e amministrazione comunale le carte relative agli innumerevoli appalti – dal Tapis roulant al palazzo dello Sport, dal lungomare alla ristrutturazione di piazza Orange, dai centoventi alloggi popolari del quartiere di San Brunello alla pista dell’aeroporto – che la Cogem ha collezionato nel corso degli ultimi quattordici anni. Nel mirino degli investigatori ci sono subappalti, noli a caldo e a freddo, forniture, e tutti i rapporti che la società ha sviluppato sul territorio, da cui sono emersi i contatti continui, costanti e strutturali con ditte considerate espressione diretta dei clan reggini i. Tutti approfondimenti che oggi complicano la posizione degli imputati, e rischiano di inquietare quei soggetti che con la Cogem sono entrati in Ati– la ditta dei Matacena risulta socia al 23% anche della società “Edilizia ospedaliera Morelli” e del 34% della “Giudecca srl”, insieme alla “S.Aversa sas” di Carmine Aversa & c. per la costruzione del tapis roulant – ma soprattutto potrebbero provocare ben più di un imbarazzo in prefettura. Nonostante le traversie giudiziarie di Amedeo Matacena, la Cogem risultava infatti provvista di regolare certificazione antimafia.
RESPINTA LA RICUSAZIONE DEL GIUDICE È stata, inoltre, rigettata l’istanza di ricusazione presentata nel novembre scorso nei confronti del giudice per le udienze preliminari, Adriana Trapani, davanti alla quale è in corso il processo con rito abbreviato nei confronti di Chiara Rizzo, Martino Politi e Roberta Sacco. Nella prima udienza del processo, il gup di Reggio Calabria aveva deciso di non astenersi, malgrado l’istanza di ricusazione presentata nei suoi confronti. La richiesta di ricusazione, era stata depositata dall’avvocato Corrado Politi nell’interesse di Martino Politi, già segretario particolare di Matacena. Il legale, nell’istanza, aveva evidenziato che Martino Politi era stato precedentemente giudicato dal giudice Trapani nel processo scaturito dall’operazione “Mozart”, a conclusione di cui furono condannate otto persone, tra le quali il suo assistito.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it