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«Mi devi dei soldi, visto che non sai comportarti»

REGGIO CALABRIA «Dobbiamo recuperare una somma di denaro che tu devi a Giovanni Spratico… abbiamo ricevuto un’imbasciata dai carcerati dove era rinchiuso il figlio di Spratico e non dobbiamo fare…

Pubblicato il: 13/01/2015 – 13:55
«Mi devi dei soldi, visto che non sai comportarti»

REGGIO CALABRIA «Dobbiamo recuperare una somma di denaro che tu devi a Giovanni Spratico… abbiamo ricevuto un’imbasciata dai carcerati dove era rinchiuso il figlio di Spratico e non dobbiamo fare brutta figura». Il messaggio è chiaro, l’atteggiamento anche, e quando Giovanni Dario Valentino e Francesco Ollio si presentano nella sua agenzia di pompe funebri, mentre un terzo uomo non identificato rimane fuori a “controllare” la situazione, il titolare Giuseppe Triolo non ci mette molto a capire quale sia il loro intento. Nonostante i due asseriscano che lui abbia un credito con Spratico che a loro toccherebbe riscuotere, quello che sta subendo è un tentativo di estorsione in piena regola. E a nulla serve chiamare lo stesso Spratico per affermare che di quei soldi non esiste né memoria, né riscontro. Al telefono, il presunto creditore non solo conferma l’esistenza del debito, ma annuncia il proprio arrivo all’agenzia di pompe funebri, dove all’indirizzo del titolare non esita a pronunciare una minaccia molto chiara «tu – dice l’uomo rivolgendosi a Triolo – mi devi dare 2.000 euro ora e subito, visto e considerato che in passato non hai capito come ti devi comportare… visto che io ti ho chiesto tante volte aiuto in un altro modo ed evidentemente non hai capito e non ha funzionato, adesso ti arrangi e paghi, se no sono cazzi tuoi». Non era la prima volta che l’uomo – riferirà Triolo ai carabinieri nel denunciare l’accaduto – si presentava in ufficio chiedendo o pretendendo del denaro a sostegno dei detenuti. In passato, Spratico aveva invano chiesto “una mano” per sostenere le spese legali e della detenzione del figlio, arrestato nel luglio 2012 per rapina aggravata e ricettazione in concorso, ma pur non avendo gradito la risposta negativa ricevuta da Triolo, se ne sarebbe “semplicemente” andato via indispettito. Il 23 maggio scorso no. Al no di Triolo, sarebbe seguita un’accesa conversazione degenerata in una vera e propria rissa all’interno dell’ufficio del titolare, quindi i tre – ripresi dalle telecamere del circuito di videosorveglianza – si sarebbero allontanati indisturbati. Tuttavia, Triolo non si sarebbe preoccupato di denunciare l’accaduto. Per sua stessa ammissione – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – Triolo avrebbe tentato di risolvere la questione «in famiglia», anche perché il futuro sposo della figlia è parente di uno degli aggressori, Francesco Ollio. Un tentativo infruttuoso, solo in seguito al quale il titolare della nota agenzia di pompe funebri si sarebbe deciso a fare una denuncia. Ma i propositi bellicosi non sarebbero durati molto. Di fronte ai carabinieri, cui il 21 giugno si rivolge per ritirare la querela inizialmente sporta, Triolo dichiara infatti «il fatto che ho sporto denuncia so che è diventato di dominio pubblico, tuttavia mi sono arrivate voci affinché io ritirassi la denuncia presentata. A tali voci ho detto che se venivano a firmare tutti e quattro, anche la persona non conosciuta, una sorta di remissione di querela dove dichiaravano che si sarebbero accollati quanto denunciato, avrei preso l’incarto da loro firmato e sarei andato dai carabinieri a ritirare la querela se ciò fosse possibile. Tale circostanza l’ho fatta presente anche al mio avvocato affinché fosse a conoscenza di quanto io avevo detto». Una mossa che non ferma le indagini su quella che in tutto e per tutto si presenta come una tentata estorsione, ma fornisce agli inquirenti materiale prezioso come le informazioni sulle utenze e gli indirizzi dei soggetti coinvolti. «Chiara, certa ed inequivocabile è, a parere degli operanti, la dinamica dei fatti accorsi – si legge –. La capitolazione del Triolo alle pressioni ricevute dagli autori del fatto reato, verosimilmente avvenuta anche al fine di evitare che si verificassero gesti intimidatori volti a colpire l’attività lavorativa del medesimo o alla sua persona, rappresenta certamente un’ attestato di responsabilità da parte dei soggetti segnalati; tanto si evidenzia sia nelle dichiarazioni rese dal Triolo in sede di s.i.t., sia nella stesura del verbale di remissione di querela di cui, come si evince dall’annotazione di P.g. redatta da militare operante, i soggetti coinvolti sarebbero entrati subito in possesso».

 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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