Chiesti 18 anni per Preiti
La conferma della sentenza di primo grado non basta, per il delitto commesso è necessaria una pena ancora più dura. Il procuratore generale di Roma, Francesco Mollace, ha chiesto alla Corte d’appello…

La conferma della sentenza di primo grado non basta, per il delitto commesso è necessaria una pena ancora più dura. Il procuratore generale di Roma, Francesco Mollace, ha chiesto alla Corte d’appello della capitale di condannare a 18 anni la pena inflitta a Luigi Preiti, in prima istanza condannato a 16 anni per aver sparato davanti a Palazzo Chigi, il 28 aprile 2013, contro i carabinieri mentre era in corso l’insediamento del governo guidato da Enrico Letta. Un inasprimento della condanna sostenuto dal pg nel corso di una lunga e accorata requisitoria, durante la quale Mollace ha voluto sottolineare che il calabrese era arrivato a Roma con un preciso programma di morte. Dalla sua Rosarno, l’uomo si era spostato a Roma, la notte aveva riposato in albergo e il giorno dopo si era presentato di fronte a palazzo Chigi con il preciso proposito di uccidere. Una circostanza ammessa dallo stesso Preiti dopo l’arresto, quando ai microfoni di Radiorai aveva spiegato «Sono arrivato ieri, volevo fare qualcosa di eclatante contro i politici, so che c’è il giuramento del governo oggi. Volevo colpire dei politici, due o tre, non lo so… e volevo uccidermi. Poi ho visto che era difficile colpirli, non c’era nessuno di loro, e ho sparato contro la prima divisa che ho visto, ho sparato alla cieca, non so… non li ho scelti, non ce l’ho con i carabinieri, mi dispiace parecchio per quelle due persone». In realtà, ha sostenuto il pg Mollace nel corso della requisitoria, utilizzando videoriprese, foto nonché le dichiarazioni degli innumerevoli testimoni, Preiti quel giorno si è presentato di fronte a Palazzo Chigi con la precisa intenzione di uccidere, ha sparato mirando a tutti e quattro i carabinieri lì presenti – a conferma della tesi accusatoria dell’omicidio plurimo – solo per caso solo il brigadiere Giuseppe Giangrande è rimasto ferito in maniera invalidante. Tutta la dinamica dei fatti – ha sottolineato il pg nel corso della sua requisitoria – dimostra che Luigi Preiti aveva la chiara intenzione di uccidere, per questo – ha aggiunto il magistrato reggino – è impossibile concedergli le attenuanti generiche. Adesso toccherà attendere il prossimo 10 febbraio per sapere se la Corte d’appello, presieduta da Giovanni Masi, accoglierà le tesi del pg Mollace, ma prima i giudici dovranno pronunciarsi anche sull’istanza presentata dai legali dell’imputato che per lui hanno chiesto una nuova perizia psichiatrica. In primo grado un analogo approfondimento aveva accertato che «al momento del fatto l’imputato presentava un modesto disturbo depressivo. Tali componenti non avevano rilevanza psichiatrica forense e dunque per le loro caratteristiche e intensità non incidevano in modo significativo sulla sua capacità di intendere e di volere. Non vi è nulla che possa far dubitare della sua piena capacità di intendere e volere al momento dei fatti». Per il medico forense, lo psichiatra Pietro Rocchini, nonostante la tendenza alla depressione, in Preiti «la spinta suicidaria sembra essersi fermata a livello di pensiero senza alcun reale tentativo di messa in pratica. L’uomo mostra caratteristiche di personalità con larvata costante conflittualità nei confronti dell’ambiente (soprattutto “classe politica”, “Stato” e i suoi rappresentanti). Anziché un autentico desiderio di morte, si rileva una “aggressiva ricerca” di riconoscimento pubblico, con l’immaturo desiderio di trasformarsi in una sorta di eroe vendicatore, pubblicamente riconosciuto».
a.c.