TORINO Ergastolo per Francesco Furchì, il calabrese accusato dell’omicidio del consigliere comunale torinese Alberto Musy. Questa la sentenza della Corte di Assise di Torino. Musy venne ferito a colpi di pistola il 21 marzo 2012 nell’androne di casa e morì dopo sette mesi di agonia. I giudici hanno riconosciuto alla vedova di Musy, Angelica Corporandi D’Auvare, che rappresentava anche le quattro figlie, una provvisionale complessiva di un milione di euro. Alla madre di Musy, Paola Pavia, e alla sorella Antonella una provvisionale di 100mila euro ciascuna. Per il Comune di Torino, che si è costituito parte civile, l’acconto è di 30mila euro. Per l’Università del Piemonte Orientale, dove insegnava Musy, la somma è di 83mila euro. Furchì è stato anche dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale.
LA REAZIONE DELLA MOGLIE DELLA VITTIMA
“Finalmente so che cosa dire alle mie bambine quando torno a casa”. Così Angelica Corporandi d’Auvare, moglie di Alberto Musy, ha commentato a caldo l’ergastolo a Francesco Furchì . “Mi aspettavo un verdetto del genere, per tutti noi è una liberazione, ora possiamo tornare a vivere. Ringrazio la squadra mobile della polizia per il grande lavoro fatto. Dopo l’agguato non sapevamo proprio chi potesse essere, abbiamo considerato tutte le possibili ipotesi senza capire chi potesse avercela con Alberto”.
FURCHI’: SONO INNOCENTE
“Sono innocente, è un’ingiustizia”. Cosi’ Francesco Furchì ha commentato, prima di lasciare l’aula accompagnato dalla polizia penitenziaria, la sentenza che lo ha condannato all’ergastolo per l’omicidio di Alberto Musy. Durante la lettura del dispositivo, Furchì ha scosso pIù volte la testa in segno di disapprovazione e ha esclamato rivolgendosi ai suoi avvocati “non è giusto”. Non un omicidio premeditato ma casuale e questo assolverebbe Francesco Furchì dall’essere il killer di Alberto Musy. E’ il ragionamento ribadito dall’avvocato Gaetano Pecorella, legale di Furchì, dopo la condanna all’ergastolo. Il difensore ha spiegato che aspetterà di leggere il ragionamento fatto dai giudici nelle motivazioni “poi noi diremo la nostra in appello”. “Non è stato un omicidio premeditato come sostiene l’accusa – ha detto l’avvocato – ma un delitto casuale e improvviso che non può essere certamente attribuito al nostro assistito. E’ questo è anche quanto emerge dagli atti di indagine”.
LA RICOSTRUZIONE
Era il 21 marzo 2012 quando Alberto Musy, avvocato, docente universitario, già candidato a sindaco di Torino per il Terzo Polo e capogruppo dell’Udc in Comune, rientrava a casa, dopo avere accompagnato a scuola due delle quattro figlie. Nell’androne della sua abitazione in via Barbaroux, nel pieno centro di Torino, era stato colpito da alcuni colpi di pistola in un misterioso agguato. Da allora non aveva più ripreso conoscenza e fu ricoverato in una clinica fino alla morte, 19 mesi dopo. L’immagine del killer fu ripresa da diverse telecamere e la foto dell’uomo con il volto coperto da un casco integrale per diversi mesi accompagnò le indagini. Si cercò in più direzioni, nella vita privata e professionale di Alberto Musy, nella sua attività politica, fino all’arresto di Francesco Furchì, che si è sempre proclamato estraneo all’agguato al professore torinese. Musy si era laureato in Giurisprudenza a Torino nel 1990, conseguendo una seconda laurea a Berkeley, negli Stati Uniti, nel 1995. Si era occupato del modello giuridico anglo-americano, dedicandosi anche ad approfondimenti sul trust e sull’efficienza della giustizia civile. Aveva lavorato come avvocato civilista anche a Milano, prima di stabilirsi definitivamente a Torino. Nel corso della sua carriera universitaria aveva insegnato in Bocconi, all’Academie de Nantes, alla Benjamin N. Cardozo school of law di New York e in altre università straniere. Alle elezioni comunali della primavera del 2011 era stato candidato sindaco per il Terzo Polo. Entrato in consiglio comunale era stato capogruppo dell’Udc. Alcuni mesi dopo l’agguato, la moglie Angelica aveva chiesto alla Sala Rossa di far decadere il marito dalla carica di consigliere comunale e il Consiglio aveva quindi provveduto alla surroga. Nel luglio 2013, in una affollata cerimonia a Palazzo Civico, il sindaco di Torino Piero Fassino e il prefetto Alberto Di Pace avevano consegnato alla moglie l’onorificenza di Commendatore della Repubblica conferita a Musy dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
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