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Il cambiamento spaventa qualcuno

Lui, il presidente del consiglio regionale Tonino Scalzo, la chiama «una sorta di rivoluzione della normalità». Loro, gli anonimi che spediscono a casa sua lettere grondanti minacce, vogliono che si…

Pubblicato il: 07/03/2015 – 11:35
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Il cambiamento spaventa qualcuno

Lui, il presidente del consiglio regionale Tonino Scalzo, la chiama «una sorta di rivoluzione della normalità». Loro, gli anonimi che spediscono a casa sua lettere grondanti minacce, vogliono che si faccia «i cazzi suoi». Un po’ come hanno fatto tutti in passato, lasciando che il “governo delle cose” restasse nella disponibilità di quell’esercito di galoppini e portaborse cresciuto nel rispetto del motto «il compare del mio compare è mio compare», immortalato dalle telecamere di Riccardo Iacona che, ben per questo, da allora vengono impedite nell’accesso a Palazzo Campanella.

Non è don Abbondio, il presidente Scalzo, ma non è neanche Rambo. Pensa che la normalità delle piccole cose possa garantire all’Assemblea che presiede un recupero di reputazione e un riposizionamento della legalità. Rifugge per questo i proclami e le ostentazioni ma poi, quando si chiude in riunione con il suo staff impartisce disposizioni secche che vanno in direzione opposta rispetto al vecchio e collaudato andazzo. E allora bisogna che qualcuno si incarichi di sondare la sua resistenza rispetto a pressioni psicologiche del tipo contenuto nelle lettere e nelle telefonate minatorie riservategli nell’ultima settimana. 

«Non penso che qualcuno ritenga davvero che una lettera anonima può sconvolgermi la vita», si limita a chiosare Tonino Scalzo. Dei dettagli non parla ma «solo per rispetto degli inquirenti che stanno lavorando». Prosegue, invece, nei segnali di “ricreazione finita” che manda agli abitanti dell’“Astronave”. Piccoli segnali ma costanti e, soprattutto, monodirezionali. Ad esempio, Scalzo non ama i benefit. E lo sanno tutti. Al punto che il lussuoso studio che ha ereditato da Franco Talarico lo usa solo in occasioni ufficiali: le riunioni dell’Ufficio di presidenza e la Conferenza dei capigruppo, che ha “traslocato” al quarto piano di palazzo Campanella. Per il disbrigo degli affari quotidiani si è fatto allestire una stanza operativa nell’area dell’ufficio di Gabinetto, dove riceve staff e dirigenti. Già, i dirigenti. Categoria di cui Scalzo ha grande rispetto ed estrema considerazione. Ma non fino al punto di considerarla intoccabile o, peggio, sottratta alle nuove direttive di legge che impongono una sua riorganizzazione in maniera coerente e trasparente. A cominciare dalle modalità di reclutamento e selezione che, spiega, «devono passare dal rigoroso rispetto della legge e dalla scelta di curricula di tutto rispetto». E qui il segnale è stato forte perché è stato chiesto il fascicolo personale e una formale attestazione circa il possedimento dei requisiti e dei titoli richiesti per ogni singola posizione dirigenziale, alta o media che sia. Raccontano che la reazione, a Palazzo Campanella, sia stata quella memorabile che nel film di “Cetto Laqualunque” si ebbe quando l’improvvido turista osò chiedere al ristoratore il rilascio della “fattura”. Paralisi, sbigottimento, ironia, preoccupazione e infine esame delle contromisure possibili.

Altra “fissazione” del presidente del consiglio regionale: criteri certi e scelte messe nero su bianco nella valutazione di qualsiasi atto e nel motivare qualsivoglia atto. Tutto deve avvenire nel pieno rispetto della forma scritta con il divieto categorico di continuare nelle pericolose “tradizioni orali” del passato.

Immaginiamo, allora, quanto fastidio può aver dato, e darà, la volontà di Tonino Scalzo di applicare in maniera ortodossa le misure anticorruzione e l’impostazione complessiva “raccomandata” agli uffici della pubblica amministrazione dal commissario Raffaele Cantone. E allora via libera alla rotazione dei dirigenti per evitare “incrostazioni” nelle aree funzionali e, soprattutto, basta con gli interim non solo illogici ma anche pericolosi: perché spesso, nella bizzarra architettura amministrativa del consiglio regionale, la figura del dirigente “controllore” e del dirigente “controllato” finiscono per coincidere.

L’ultimo totem cui la presidenza Scalzo ha dato l’assalto è la sede romana del Consiglio, uno dei più macroscopici sprechi della Regione Calabria. Che continua a utilizzare una sede in affitto tenendo chiusa quella di proprietà che è, appunto, patrimonio di Palazzo Campanella. I vertici amministrativi dell’ente, guidati dal capo di Gabinetto Ugo Massimilla, hanno già compiuto due sopralluoghi per riaprire, rendere utilizzabile e mettere a valore l’immobile. Scelta logica, sia sul piano istituzionale che sotto il profilo economico. Ma non per questo necessariamente apprezzata da tutti.

Insomma, pare proprio che questo discolaccio del nuovo presidente del consiglio regionale un poco se le vada cercando. E teniamo conto che l’elenco delle “irriverenze” e quello degli “strappi” sono molto più lunghi rispetto alla sintesi che fin qui abbiamo ricostruito. Scalzo andrà avanti per la strada che ha scelto, lo ribadisce in queste ore e non vi è ragione per non crederli. Da ogni parte politica e da diverse istituzioni gli è arrivata solidarietà, in qualche caso forse più per atto dovuto che per convinzione vera ma non è il caso di avventurarsi in questi esami esegetici.

È importante, invece, che dentro l’istituzione del consiglio regionale, non si resti a fare da spettatori rispetto alle linee di cambiamento espresse da Scalzo. Nel palazzo del Consiglio, così come in quelli della giunta regionale, in queste settimane è una corsa al riciclarsi di personaggi a cui difficilmente affidereste le chiavi dello sgabuzzino. In molti casi l’operazione camaleontica va a termine, in altri fallisce per strada. Allo stato non c’è dubbio sul fatto che è in consiglio regionale che il “cambiamento” è particolarmente palpabile. A Palazzo Alemanni, complice qualche inadeguatezza strutturale, il vecchio regime resiste bene. Almeno per il momento.

 

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