Sicurezza a Catanzaro, sale il livello dello scontro politico
CATANZARO È scontro sulla sicurezza a Catanzaro. Dopo la tentata rapina in una pizzeria di corso Mazzini, il “salotto buono” della città, si torna quindi a parlare di un problema mai sopito e ch…

CATANZARO È scontro sulla sicurezza a Catanzaro. Dopo la tentata rapina in una pizzeria di corso Mazzini, il “salotto buono” della città, si torna quindi a parlare di un problema mai sopito e che ciclicamente riempie le pagine dei giornali. È partita così la corsa all’attribuzione di responsabilità, è il tempo dei rimpalli sulle mancate decisioni e persino di rinfacciare urbi et orbi divinazioni non ascoltate.
Protagonista della profezia rimasta sospesa è Sergio Abramo: «Sono stato facile e solitario profeta nel prevedere che la microcriminalità avrebbe avuto un’impennata in città, allargandosi dai quartieri periferici fino al centro storico», dichiarava all’indomani del fatto di cronaca.
Una dichiarazione simile, Abramo, l’aveva già rilasciata nel 2013, dopo un fatto di cronaca analogo avvenuto nel quartiere lido: «Non sbagliavo quando temevo un aumento della microcriminalità nei nostri quartieri, alimentata dalla crisi economica che porta tanta gente alla disperazione. Dopo quanto avvenuto a Lido, occorre accelerare al massimo l’approvazione del progetto di sicurezza che hanno elaborato per noi gli esperti israeliani. Già in settimana, adotteremo in giunta il piano e lo sottoporremo all’attenzione della Regione per il finanziamento nell’ambito del Pon Sicurezza. È questa la risposta che dobbiamo dare alla domanda di sicurezza che viene dai cittadini».
Oggi, come allora, il sindaco torna quindi alla carica sul progetto “Safe city”, un progetto su cui la vecchia giunta regionale guidata da Scopelliti dapprima aveva puntato, salvo poi tirarsi indietro per mancanza di fondi. Fondi che effettivamente erano ingenti: più di 23 milioni di euro sarebbero stati infatti necessari per ricoprire con oltre 900 telecamere la città di Catanzaro collegate a un mega centro di controllo, il tutto progettato e installato dalla Bunkersec, società il cui presidente è l’ex capo del Mossad, i servizi segreti israeliani. Per la gestione annuale, poi, i conti sarebbero stati salati: c’era chi diceva 500mila euro all’anno, ma c’era anche chi era disposto a scommettere che l’importo sarebbe raddoppiato se non triplicato.
Insomma, un salasso economico insostenibile che avrebbe anche portato a una sensibile riduzione della privacy, come in “1984” di George Orwell. E l’opposizione? Dal canto suo fa poco. Un po’ perché esistono due (o anche tre) minoranze in consiglio comunale, un po’ perché le iniziative sostenibili non sono tante. L’unica mossa portata avanti è la richiesta formale di un consiglio comunale sulla sicurezza: una richiesta promossa da Vincenzo Capellupo (Pd) e sottoscritta da tutta la minoranza più tre o quattro consiglieri di maggioranza, tra i quali i fedelissimi di Abramo, Carlo Nisticò ed Eugenio Riccio.
La richiesta, datata dicembre 2014, non ha avuto ancora risposta, nonostante le sollecitazioni della minoranza, ma intanto Abramo si è fatto promotore di un tavolo di lavoro tra Comune e Prefettura che dovrebbe tenersi il prossimo 30 marzo nel palazzo del governo. A questo punto, siccome Abramo ha dimostrato di volersi interessare del tema sicurezza, il suo incontro con il prefetto potrebbe diventare molto più pratico e operativo se il primo cittadino si presentasse già con un documento costruito e sottoscritto dall’intero consiglio comunale dopo un apposito incontro in Aula rossa. Allora sì che si potrebbe iniziare a credere nella nascita di un percorso che porterà a una città più vivibile.
Ad oggi, che la città abbia bisogno di un piano sulla sicurezza è poco ma è sicuro, ma l’unica certezza per ora è il rinnovo dell’ordinanza antiaccattonaggio emessa dal sindaco per limitare la presenza ad ogni angolo di immigrati e rom che chiedono l’elemosina.
Alessandro Tarantino
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