CROTONE Una sorte singolare quella di Antica Kroton: il suo problema non è la mancanza di attenzione da parte delle istituzioni (come accade spesso ai siti archeologici) ma, anzi, dal 2004, la smania eccessiva di metterci mano, con interventi che, a progetto ultimato e a finanziamenti erogati, si stanno rilevando tutt’altro che indicati e, anzi, dannosi. Che qui non ci si possa lamentare della mancanza di finanziamenti, è più che un dato di fatto: per il progetto “Recupero e valorizzazione dell’area archeologica Antica Kroton” sono stati stanziati i soldi dell’Accordo programma quadro della Regione e dei fondi Fas (per un totale di 11 milioni di euro) e ben 65 potrebbero arrivare, (sempre che si riesca ad avviare il cantiere “fantasma” entro il 31 dicembre) dai fondi Cipe. Non è stato però considerato il fatto che l’area sia ormai stata notevolmente ridimensionata a seguito dei rimpalli tra Comune di Crotone e Regione e, soprattutto, non si è pensato di risparmiare sulle somme stanziate e sui “salati” anticipi alle ditte. Sono state poi previste onerose bonifiche da percolato – liquido di risulta presente nelle discariche di cui ad Antica Kroton non si ha traccia – e a operazioni di fitorimediazione che potrebbero avere effetti devastanti sui reperti. Stando inoltre ai valori tabellari inseriti nel piano di caratterizzazione, al decreto legislativo di riferimento (il 152/2006) e all’esposto presentato alla Corte dei Conti dall’ingegnere delle tecnologie industriali a indirizzo chimico – già progettista di un progetto di bonifica su Antica Kroton – Vincenzo Voce, si starebbe procedendo a una bonifica “sovradimensionata”, dato che la presenza di cadmio e zinco sarebbe in massima parte nella norma (i suoli che richiedono interventi di bonifica – al netto dell’area stralciata dalla Regione di 14,5 ettari – sono 201.566 metri quadri, mentre nel progetto sono previsti interventi su 750mila metri quadri).
PROGETTO RIDOTTO E SPESE INVARIATE
Come specificato nelle determine dirigenziali vidimate dall’ingegner Gianfranco De Martino e dal dirigente del settore finanziario Giuseppe Vincenzo Vilone (la numero 998 del 24 aprile del 2014 del Comune di Crotone, relativa alla liquidazione della fattura per la riperimetrazione dell’area archeologica “Ex montedison” e la numero 1048 dell’8 maggio del 2014, relativa alla liquidazione della fattura numero 1/2014 del 26 marzo 2014), alla ditta appaltante – la Eragon S.c.a.r.l. Crotonescavi Costruzioni generali spa, è stata inoltre data un’anticipazione contrattuale sul 10 per cento del progetto originario e non su quello “ridimensionato”, pari a 529.612, 91 euro lordi. «L’anticipazione dei lavori affidati erogata dal Comune di Crotone, inoltre – scrive Vincenzo Voce nel suo esposto alla Procura – anche se garantita da polizza fideiussoria, non ha tenuto conto dello stralcio dei 14,5 ettari che saranno bonificati dalla Regione Calabria. La stazione appaltante – prosegue – quasi certamente non ha disposto la variante dei lavori fino alla concorrenza di un quinto dell’importo dell’appalto, pertanto anche l’anticipazione contrattuale del 10 per cento non è stato ridotta». In altre parole, il progetto da “ambizioso” – che qui non sembra coincidere con “utile” – è diventato molto più contenuto, ma le somme da erogare alle ditte – chiamate dunque a prestare servizi inferiori a quelli previsti – sono rimaste invariate. Una svista davvero grossolana, che nessun anello del quadro dirigenziale è riuscito a rilevare nella mole massiccia di documenti prodotti dal 2006 a oggi.
I REPERTI “A FIOR DI TERRA” MINACCIATI DA RADICI
A questo si deve aggiungere la pericolosità di alcuni interventi finanziati, come la fitorimediazione dei terreni tramite gli “sfalci” di piante ad alto fusto, come la pawlonia tomentosa, e poi medicago sativa, satureja hortensis e hyssopus officinalis. Vegetali che, piantati, sono in grado di assorbire i metalli pesanti tramite le radici. Una misura forse in sé efficace, ma altamente invasiva quando si parla di siti archeologici: «Ad Antica Kroton – spiega l’archeologa Margherita Corrado – si trova già qualcosa a 20 centimetri di profondità. La fitorimediazione e il soilwashing, danneggiano certamente la stratificazione, perché qualunque cosa si insedia tra gli strati rende inutilizzabile il dato archeologico». Che, ad Antica Kroton, significa distruggere i resti dell’abitato magno-greco, unico nel suo genere perché qui non si sono mai insediati agglomerati romani. L’area è dunque rimasta – pur non avendo edifici in alzato, pavimenti o strade lastricate – intatta, e fino a questo momento nelle possibilità degli studiosi. «L’area – prosegue Corrado – non è assolutamente adatta allo sviluppo turistico, ma non è neppure adatta alla musealizzazione: il sito non è “parlante”, e dopo aver scavato bisogna subito dopo richiudere. I finanziamenti avrebbero potuto essere usati, con notevole risparmio, per il recupero dei casali limitrofi, che avrebbero potuto essere destinato a museo virtuale per mostrare con la realtà aumentata com’era Kroton: abbiamo 40 anni di dati e non ci sarebbe servito altro».
PERCOLATO IMMAGINATO
La voce “analisi percolato”, è inoltre prevista nel computo metrico del progetto di bonifica, per un totale di 115.200 euro (320 analisi per 360 euro cadauno). Qual è il problema? Che ad Antica Kroton o ex Montedison, nonostante la vicinanza con l’area industriale, di percolato non ce n’è. Semplicemente perché non si tratta di una discarica. A questo si deve aggiungere, come ha rilevato ancora Vincenzo Voce nel suo esposto alla Corte dei Conti, che «non sono previste altre voci di spesa come il recupero, il trasporto e lo smaltimento del materiale di risulta, ai sensi della normativa vigente». Insomma, il percolato non c’è, si paga per toglierlo ma non ci si industria a sufficienza per nascondere che i conti non tornano.
Zaira Bartucca
z.bartucca@corrierecal.it
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