Quell'ultimo incontro tra il segugio e il pentito
Si incontrarono per caso il generale Angiolo Pellegrini e Tommaso Buscetta, in un locale pubblico. Erano passati quindici dal pentimento di don Masino. È il generale a raccontare i dettagli di quella…

Si incontrarono per caso il generale Angiolo Pellegrini e Tommaso Buscetta, in un locale pubblico. Erano passati quindici dal pentimento di don Masino. È il generale a raccontare i dettagli di quella cena a Piero Melati, nello speciale dedicato al generale e al suo rapporto di amicizia con Falcone, pubblicato su “Il Venerdì” di Repubblica, in edicola oggi.
Il generale Pellegrini è stato per anni la bestia della ‘ndrangheta reggina e non solo.
Quel giorno Buscetta era già affetto dal tumore che lo avrebbe stroncato di lì a poco. Ma il generale lo aveva riconosciuto lo stesso e andò a parlargli. Era seduto a un tavolo, circondato dalla scorta. Fu Buscetta a ricordare il passato. «È stata una stagione straordinaria» gli disse. «Abbiamo condotto una grande battaglia che ho avuto l’onore di combattere assieme a voi tutti. Avete raggiunto risultati eccellenti. Ma si poteva fare di più». «Già, si poteva fare molto di più» gli rispose Pellegrini. E poi aggiunse: «Se solo ce lo avessero permesso».
Non si può dire – precisa Pellegrini nel suo libro “Noi gli uomini di Falcone”, scritto con Francesco Condoluci – che Buscetta non avesse previsto una simile conclusione. Quando aveva offerto a Falcone la chiave di lettura di ben 120 omicidi, tra cui quelli «eccellenti» (il procuratore Scaglione, il colonnello Russo, i giudici Terranova e Costa, il capitano Basile e il generale Dalla Chiesa), a proposito dell’eliminazione a Palermo dell’uomo che aveva sconfitto le Brigate Rosse, aveva detto: «È stato ammazzato dai corleonesi con l’aiuto dei catanesi, per fare qualche favore a qualche amico politico che lo riteneva troppo ingombrante». Ma non aveva aggiunto altro.
«I tempi per parlare di mafia e politica non sono maturi» aveva infine profetizzato.
mi.mo.