«Dominique Suraci è un associato del clan Tegano»
REGGIO CALABRIA Non considerate Dominique Suraci un concorrente esterno, ma un associato, in tutto e per tutto un uomo del clan Tegano, disposto però a mettere le sue “professionalità” a disposizione…

REGGIO CALABRIA Non considerate Dominique Suraci un concorrente esterno, ma un associato, in tutto e per tutto un uomo del clan Tegano, disposto però a mettere le sue “professionalità” a disposizione di diversi can: è questa la richiesta avanzata dal pm Stefano Musolino, al collegio chiamato a giudicare gli imputati del processo Assenzio Sistema. Alla sbarra, oltre all’ex consigliere comunale, campione di preferenze a Reggio città e prima dell’arresto astro nascente della destra reggina, c’è il gotha degli “arcoti” – il clan Tegano e la sua infinita galassia e il clan Condello con le sue infinite articolazioni- fotografato nella progressiva azione di conquista del sistema della grande distribuzione reggina, letteralmente colonizzato grazie anche al complicato fallimento della Vally Calabria, società che a metà degli anni ’90 gestiva una catena di discount tra Reggio e provincia, prima controllata da una cordata di “imprenditori” tra i quali Dominique Suraci e successivamente passata pressoché interamente in mano all’ex consigliere comunale che, attraverso società a lui direttamente – seppure non formalmente – riconducibili, permetterà l’infiltrazione di una pluralità di ditte e società espressione diretta di sodalizi criminali cui affiderà le forniture più diverse.
Un tema su cui oggi il pentito Roberto Moio, nipote acquisito del boss Giovanni Tegano per aver sposato la figlia della sorella Vittoria, ha spiegato “nella grande distribuzione tutto è ndrangheta perché senza ‘ndrangheta a Reggio non lavori. Loro si presentavano a nome dei Tegano e potevano portare anche sassi, tutti se li prendevano”. Loro sono Michele Crudo, Pasquale Utano, i fratelli Polimeni, e tutti gli altri imputati, accusati di essere riusciti a imporre sul mercato le proprie forniture fino a creare il monopolio solo in nome del clan di cui erano espressione. Circostanze confermate dal pentito Moio, nel corso di una deposizione a tratti sconnessa, non sempre di facile comprensione anche per le distorsioni proprie del collegamento in video conferenza, ma chiara nei contenuti. Lui, che nel clan ha voluto rimanere picciotto, ma per legami familiari era in grado di venire a conoscenza di ruoli e compiti di ciascuno – sebbene non di interloquire al riguardo – sul “sistema” della grande distribuzione è stato chiaro. Tutto – afferma – era in mano agli arcoti, dai supermercati, alle assunzioni, alle forniture. A far girare la giostra – spiega a suo modo il pentito – era Dominique Suraci. “L’ho conosciuto – dice Moio – tramite Masi De Angelis”, ma quest’ultimo non sarebbe stato il solo con cui aveva rapporti. Intimo dei fratelli Maurizio, Mario e Franco Audino, vertici del locale di San Giovannello per i quali “investiva denaro, faceva girare soldi”,come di Paolo Schimizzi e Giorgio Benestare, con quest’ultimo – afferma il collaboratore ” parlava sempre di affari, si incontravano spesso al ponte della libertà per discutere”. Ma anche con Schimizzi, mente economica dei Tegano, prima che le ambizioni non ne segnassero la condanna a morte decretata – hanno detto i collaboratori – da uomini del suo stesso clan, Dominique Suraci aveva ottimi rapporti. “I De Angelis si erano impegnati per lui – rivela il collaboratore – ma anche Paolo, prima che scomparisse, aveva questo accordo con Dominique. Per due anni consecutivi mi ha chiesto di raccogliergli voti”. Elementi che vanno a rafforzare un quadro già pesante a carico dell’ex politico, considerato dal pm Musolino l’uomo dei clan nella grande distribuzione, che proprio grazie a questi rapporti avrebbe accumulato nel tempo un enorme capitale elettorale. Un uomo – specifica il pm Musolino ai giudici del collegio – a disposizione della ‘ndrangheta, perché parte integrante della ‘ndrangheta stessa.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it