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Nuovo sbarco di migranti a Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA Quando la mastodontica nave inglese Bulwark si è affacciata all’imboccatura del porto, anche a occhio nudo è stato chiaro che quella mastodontica portaerei non ce l’avrebbe fatta ad a…

Pubblicato il: 29/06/2015 – 20:06
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Nuovo sbarco di migranti a Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA Quando la mastodontica nave inglese Bulwark si è affacciata all’imboccatura del porto, anche a occhio nudo è stato chiaro che quella mastodontica portaerei non ce l’avrebbe fatta ad attraccare al molo. Troppo grande, con un pescaggio sproporzionato rispetto alle dimensioni dello scalo di Reggio Calabria, mai e poi mai avrebbe potuto entrare in sicurezza. Ma ormai l’annunciata emergenza migranti ha permesso a tutti di sviluppare ingegnosi, quanto inconsueti, modi e metodi di reazione. La Bulwark ha attraccato in rada e sono stati i mezzi anfibi di cui la nave è dotata ad accompagnare al molo i migranti salvati dal mare (927 quelli sbarcati lunedì sera in riva allo Stretto) e da un racket che nonostante annunci e programmi di guerra targati Bruxelles, nessuno sembra realmente in grado di arginare. E mentre l’Europa dispone l’ennesima pezza sfilacciata per tentare di arginare una ferita aperta che solo la predisposizione di corridoi umanitari e straordinari programmi di accoglienza potrebbero arginare, sui moli calabresi va in scena la straordinaria ordinari età degli sbarchi. Schierati in attesa dei profughi che sanno in arrivo ci sono gli uomini delle forze dell’ordine – la Polizia di Stato, incaricata dell’identificazione e della ricerca dei sospetti scafisti, la Guardia di finanza e i carabinieri a presidiare – i medici del 118, del ministero e dell’Asl, i mediatori culturali, la Protezione civile e i volontari che a vario titolo vi collaborano. Tutti ormai sanno cosa fare, tutti ormai sanno come non intralciarsi l’uno con l’altro perché l’accoglienza è diventata quasi quotidiana routine, ma le forze sono ormai allo stremo.

Lo dicono i volontari che ormai non sanno più a chi chiedere aiuto, vestiti, scarpe e contributi per soccorre chi arriva spesso solo con la voglia di fuggire a un destino di morte, lo dicono i gesti dei medici, ormai “addestrati” a cercare segni e sintomi di scabbia e pediculosi – banali infezioni che prossimità e pessime condizioni igieniche regalano – come quelli di ustioni, disidratazione, malnutrizione e a smistare rapidamente chi ha bisogno di cure o trattamenti. Il linguaggio che tutti gli operatori parlano è quello della stanchezza insieme alla determinazione ostinata ad andare avanti. Perché c’è gente da salvare. Perché chi arriva – e tutti coloro che hanno avuto a che fare con gli sbarchi lo sanno – ha scelto di mettere a rischio la propria vita perché nel proprio Paese d’origine non aveva più nulla da perdere, se non la vita stessa. Per questo hanno scelto di mettersi in mano ai mercanti di uomini e di rischiare tutto pur di riuscire a sopravvivere a un destino di fame, miseria e guerra già segnato.

I profughi che oggi hanno toccato terra a Reggio Calabria arrivano dall’Etiopia, dall’Eritrea, dalla Somalia, dalla Nigeria. Tutti teatri di guerre non dichiarate ma ugualmente devastanti. Per questo – forse  – anche 16 delle 147 donne che hanno toccato terra oggi in Calabria, hanno preferito affrontare il viaggio anche in avanzato stato di gravidanza, piuttosto che rischiare di far nascere il proprio figlio in una terra senza futuro immediato. Allo stesso modo, intere famiglie hanno scelto di affidare le proprie speranze ai 38 minori non accompagnati scelti per attraversare il Mediterraneo e cercare fortuna oltremare.

Insieme a loro, viaggiavano altri 728 uomini, tutti recuperati mentre viaggiavano su diversi scalcinati gommoni alla volta dell’Europa. Che proprio in queste settimane sta diventando sempre più una fortezza inespugnabile. Stando al piano di riparto messo a punto dal Ministero, solo quelli che necessitano trattamenti sanitari urgenti e i minori non accompagnati rimarranno in Calabria, per il resto in 200 andranno in Lombardia, altri 200 in Veneto, 150 in Toscana, 100 in Piemonte, 100 in Liguria, 50 in Abruzzo, 50 in Emilia, 25 a Trento e 25 a Bolzano. I pullman destinati ad accompagnarli in quello che per molti sarà solo un ulteriore peggio di viaggio, sono pronti e si avvicendano rapidi di fronte ai tendoni di smistamento. Pochissimi però sognano un futuro in Italia e i più già progettano di attraversare i confini per raggiungere parenti o amici in Francia, Germania, Inghilterra, Norvegia. Ma la fortezza Europa ha chiuso le porte. E il governo italiano – inutilmente – continua a bussare. 

a. c.

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