REGGIO CALABRIA L’indagine su Expo continua. Non è la prima volta che la giornalista Alessia Candito si cimenta nel racconto preciso e dettagliato della ‘ndrangheta al Nord Italia. Due anni fa, il suo “Chi comanda Milano” aveva raccontato una prima parte degli interessi legati a Expo 2015, quando chi aveva “le mani sulla città” aveva deciso senza alcun benestare pubblico di far diventare la città meneghina il futuro palcoscenico dell’Esposizione Universale, inaugurata lo scorso 1 maggio. Candito aveva già evidenziato il sistema di criminalità organizzata che ormai da tempo è infiltrato nel tessuto economico e sociale di Milano e oggi presenta la sua seconda fatica, “Chi comanda Milano – Mafie, soldi, potere nell’era di Expo”. Un approfondimento dettagliato, ma soprattutto ben documentato, degli interessi che ruotano attorno ad Expo, interessi per decine di miliardi di euro. Sono soldi, tanti soldi, che fanno gola non solo alla ‘ndrangheta, ormai primo attore di ogni grande movimento che si registri nel tessuto economico nazionale, ma anche a tutta una grande zona, ribattezzata ormai “zona grigia” di forze conniventi alla criminalità organizzata, che appoggiandola più o meno esplicitamente e fortemente ne assicurano il lieto prosperare, al netto dei vantaggi concessi.
Una riflessione che parte dalla volontà di dare al proprio lavoro un’interpretazione di sistema, di contestualizzare i diversi filoni di indagine, per fornire al lettore degli strumenti da cui partire per poter capire appieno la realtà a volte difficile che lo circonda, sviluppando un proprio senso critico. Ma se a muovere il filo rosso che collega l’Expo milanese alla ‘ndrangheta calabrese è un interesse prettamente economico, è pur vero che non è la prima volta che la criminalità organizzata mostra il proprio interesse nell’investire il proprio ingente capitale fuori dai confini del Sud.
Il perché lo spiega il pm Giuseppe Lombardo, autore della prefazione del libro: «Le mafie – spiega – hanno una caratteristica nota, sono organismi vivi in continua trasformazione, in continuo adattamento. La ‘ndrangheta e le altre organizzazioni comunali si spostano fuori dai propri confini perché è necessario conquistare spazi soprattutto di economia legale, perché nel momento in cui si riesce a condizionare il circuito economico, l’organizzazione criminale diventa organismo di cui non si può fare a meno». È questo il grande potere della ‘ndrangheta, la straordinaria e sconfinata disponibilità di denaro, il cui obiettivo dev’essere il riciclo, della maggiore quantità possibile. «Il sistema economico – approfondisce Candito – ha necessità di una cosa che solo la ‘ndrangheta ha in questo momento, l’enorme quantità di denaro prodotta dal narcotraffico. Non è casuale che nel covo di Pasquale Condello (storico boss della ‘ndrangheta, ndr) fossero stati trovati inserti del Sole24Ore».
Ed è proprio alla luce di questo quadro che Candito studia, indaga, scava nell’organizzazione di Expo. Un evento che durerà sei mesi esatti, costruito tra i comuni dell’hinterland milanese di Rho e Pero ed inaugurato frettolosamente lo scorso 1 maggio, con metà dei lavori ancora da finire a causa del blocco dei cantieri per una serie di indagini che hanno comprovato l’esistenza di infiltrazioni della criminalità organizzata nei cantieri. «L’Expo – racconta Candito – è un evento a termine che non lascerà strutture permanenti, in cui tutto verrà dismesso e che a Milano è stato voluto fortemente nonostante bilanci in sofferenza e mancanza di certezze. Un’Esposizione – sottolinea – partita con un peccato originale senza precedenti». Il “peccato” di Expo rivelato da Candito sarebbe davvero il primo esempio nella storia mondiale delle Esposizioni Universali. Per la prima volta, infatti, una esposizione sarebbe stata costruita su un terreno privato.
«Un terreno agricolo comprato come edificabile – spiega ancora l’autrice – per 360 milioni di euro, una cifra esorbitante che adesso nessuno vuole pagare. Ma perché allora costruire Expo proprio in quel luogo? Perché non utilizzare e restaurare un’area dismessa? Perché forse bisognava far circolare soldi nuovi, fondi freschi».
Ancora, nel suo libro Candito accende i riflettori su quella che lei stessa definisce una “spia”, una sorta di allarme a cui si dovrebbe prestare più attenzione: «Tutta l’operazione Expo – afferma – è stata balcanizzata da una serie di inchieste che hanno svelato un sistema di corruzione, funzionale al core business della ‘ndrangheta, che è il rapporto con la politica». «La politica ha bisogno della mafia, la mafia ha bisogno del sistema politico corrotto – chiosa il pm Lombardo – e la corruzione è un collante straordinario in questo contesto». Lui che da anni lavora proprio sugli intrecci che permettono il dilagare della ‘ndrangheta in Calabria e all’estero insieme a tanti colleghi, ha permesso di scoperchiare la commistione quasi indissolubile tra criminalità e istituzioni. Un lavoro che ricorda anche il direttore del Corriere della Calabria, Paolo Pollichieni, che racconta: «Circa sette anni fa, nel giornale che dirigevo titolammo in prima pagina “Milano capitale della ‘ndrangheta”. Ai tempi fu uno scandalo, venimmo tacciati di cialtroneria. Non molto tempo dopo, grazie al lavoro dei magistrati, furono i fatti a darci ragione. Oggi – ha concluso – mancava solo chi mettesse insieme tutto questo lavoro, ed è per questo che il libro di Alessia Candito è di estrema importanza».
La scrittura di un libro che l’autrice ha affrontato con l’appoggio del collega del Sole24Ore Roberto Galullo, oggi presente in conferenza stampa, che si definisce un’anima affine alla collega calabrese, che definisce «una professionista dalla schiena dritta, che ho scelto per la sua grande preparazione, e perché come me nel suo lavoro non ha mai guardato in faccia nessuno».
«La domanda che ci dovremmo fare leggendo questo libro è – ha concluso Candito – a chi è servito l’Expo? E quale interesse serve la politica che ha voluto l’Expo?». Per conoscere la risposta a queste domande, non resta che cimentarsi nella lettura del volume, da oggi in edicola allegato a IlSole24Ore.
Benedetta Malara
redazione@corrierecal.it
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