Schiacciato dal palco della Pausini, la famiglia rifiuta il risarcimento
REGGIO CALABRIA «Ma come si fa a discutere di soldi prima di parlare di responsabilità? Prima si definiscono le responsabilità, poi si parla di quantificazione del danno. Io solo questo vorrei dire…

REGGIO CALABRIA «Ma come si fa a discutere di soldi prima di parlare di responsabilità? Prima si definiscono le responsabilità, poi si parla di quantificazione del danno. Io solo questo vorrei dire, perché non posso? Qui non si parla di soldi, io ho perso un figlio». C’è tutta la frustrazione di una donna sopravvissuta al figlio morto sul lavoro nelle parole di Paola, la madre di Matteo Armellini, il giovane operaio che ha perso la vita nel rovinoso crollo del palco che stava montando a Reggio Calabria per il concerto di Laura Pausini. Per quell'”omicidio bianco” – così il sindacato da tempo ha iniziato a definire chi di lavoro muore – sette persone e due società stanno affrontando il processo che la madre di Armellini, costituitasi parte civile e assistita dal legale Alicia Mejia Fritsch, vuole seguire fino in fondo. Anche se qualcuno avrebbe voluto estrometterla. Un tentativo oggi disinnescato dal giudice Romeo che ha respinto la richiesta della F&P Group di escludere la parte civile dal procedimento, alla luce del rifiuto dell’offerta di risarcimento di 350mila euro che la ditta e il suo titolare Ferdinando Salzano, avevano in precedenza proposto alla famiglia di Matteo. Una richiesta formalmente respinta anche oggi dalla madre del giovane operaio, che tramite l’avvocato Mejia Fritsch, ha nuovamente detto no al tentativo «di quantificare la vita di Matteo prima di accertare le responsabilità», ribadendo al contrario la volontà di affidarsi alle valutazioni del giudice all’esito dell’istruttoria, per la quantificazione del risarcimento. Per i legali della F&P Group invece, il rifiuto dell’offerta avrebbe significato il venir meno dell’interesse della parte civile al risarcimento, per questo ne hanno chiesto l’esclusione. Una richiesta respinta dal giudice Romeo, che con una lunga ed articolata ordinanza ha sottolineato che «solo lo svolgimento dell’istruttoria potrà consentire di individuare gli ipotetici responsabili del reato e dunque i soggetti tenuti al risarcimento del danno». Concluse le questioni tecniche e formalizzate le liste testimoni delle parti, è toccato ai primi cinque agenti e ufficiali di polizia e vigili del fuoco riferire in aula lo stato dei luoghi in quella tragica notte del 5 marzo 2012 in cui Matteo Armellini ha perso la vita, stritolato dalle pesanti colonne metalliche che gli sono crollate addosso quando la struttura aerea che sovrastava il palco è crollata sulle gradinate.
Un tragico incidente che, secondo il pm Rosario Ferracane, sarebbe dovuto a omissioni, imperizie e mancati controlli. Mancanze contestate in primo luogo alla F&P group srl, committente esclusiva dei lavori di allestimento del palco, poi materialmente affidati alla Italstage, uscita dal processo grazie al patteggiamento di una sanzione amministrativa di settamila euro.
Discorso diverso per il suo patron, Pasquale Aumenta, alla sbarra perché la sua società avrebbe proceduto con «negligenza, imprudenza, e imperizia» alla costruzione del palco, ma soprattutto in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni. Insieme a lui, dovranno dunque rispondere in sede penale delle mancanze loro attribuite, sia la F&P group, sia il suo legale rappresentante, Ferdinando Salzano, accusato di aver proceduto alla nomina di un direttore dei lavori che non «da un lato rilevato i gravi errori e le evidenti omissioni presenti nell’elaborato redatto dall’ingegnere Franco Faggiotto, dall’altro lato vigilato sulla corretta esecuzione dell’opera».
Anche Faggiotto sarebbe secondo l’accusa autore di una progettazione errata e carente, perché «non teneva in considerazione la possibile presenza di forze orizzontali accidentali, l’eccessiva deformabilità della struttura metallica, non prevedeva che i piedi della struttura fossero zavorrati con blocchi di calcestruzzo, non teneva in considerazione la forte deformabilità elastica del piano di posa». Ma di fronte ai giudici dovrà presentarsi anche il patron della Esse Emme Musica che aveva organizzato il concerto, Maurizio Senese, e il coordinatore della sicurezza per l’esecuzione dei lavori di costruzione della struttura che la società, come committente dell’intero evento, aveva nominato Sandro Scalise. Ma di quel mortale incidente è chiamato a rispondere anche dirigente Marcello Cammera, accusato di omicidio colposo, all’epoca responsabile del settore progettazione ed esecuzione dei Lavori pubblici, che per la Procura avrebbe omesso di «adottare un provvedimento di inibizione all’inizio dei lavori di costruzione della struttura metallica all’interno del palazzetto, dopo la consegna dell’impianto, di immediata sospensione dei medesimi lavori, non segnalando inoltre il pericolo grave e imminente di un crollo (poi avvenuto) della costruenda struttura metallica ai soggetti a vario titolo nell’organizzazione e realizzazione dell’evento musicale e/o alle autorità amministrative competenti».
a. c.