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Sulla sanità piovono decreti ingiuntivi

CATANZARO C’è una spada di Damocle parecchio pesante che pende sulla testa della Sanità calabrese e del bilancio regionale. È un’eredità perpetrata negli anni dall’operato delle aziende ospedaliere c…

Pubblicato il: 11/07/2015 – 10:00
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Sulla sanità piovono decreti ingiuntivi

CATANZARO C’è una spada di Damocle parecchio pesante che pende sulla testa della Sanità calabrese e del bilancio regionale. È un’eredità perpetrata negli anni dall’operato delle aziende ospedaliere calabresi. Un operato senza controllo che sta creando un buco più che milionario nelle già malmesse casse calabresi. Si tratta delle esecuzioni dei decreti ingiuntivi che le aziende ospedaliere calabresi sono condannate a pagare nei confronti dei fornitori (aziende farmaceutiche, cliniche private, ditte fornitrici di macchinari e quant’altro). Una storia antica che rischia di portare la regione verso la deriva. Ma procediamo con ordine.

 

TAR SOMMERSO DAI CREDITORI DELLA SANITÀ Da due anni a questa a parte, il Tar di Catanzaro, ad ogni udienza, si trova a trattare almeno 20 decreti ingiuntivi operati dai creditori della Sanità. Si può praticamente dire che il Tribunale amministrativo regionale si sia trasformato in un agente di riscossione per i creditori delle Asp. Debiti che vanno da poche migliaia di euro a centinaia di migliaia di euro. Il fatto che da due anni a questa parte il Tar sia sommerso da questo genere di ricorsi non è casuale. Anzi.
Due anni fa, infatti, la Corte costituzionale (con la sentenza 186/2013 del 3 luglio 2013) dichiarò l’incostituzionalità della legge che prevede l’impignorabilità dei beni delle Aziende sanitarie nelle regioni sottoposte a Piano di rientro. La normativa prevede che «non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle Regioni in Piano di rientro». Ergo, i creditori non avevano la possibilità di vedere portati in esecuzione i decreti ingiuntivi emanati dal giudice ordinario. Tradotto: anche se la legge stabiliva che i fornitori avevano diritto a essere pagati, un’altra legge sanciva che i beni delle aziende sanitarie non potevano essere toccati perché la Calabria si trova in Piano di rientro.

 

CALABRIA, MINIERA D’ORO PER LE FINANZIARIE DEL NORD A questo punto le aziende calabresi, prese dalla necessità di recuperare un po’ di liquidi, hanno svenduto i proprio crediti alle società finanzarie del Nord Italia (o meglio, con sede legale nel Nord Italia), le uniche capaci di acquisire un debito e aspettare tempi migliori per la riscossione. E i tempi migliori sono arrivati due anni fa, quando la sentenza della Corte costituzionale ha annullato la legge sull’impignorabilità dei beni delle Asp. Da quel momento, per le finanziarie la Calabria è divenuta una vera e propria miniera d’oro se si pensa che il credito che queste hanno “comprato” al ribasso dalle aziende calabresi si arricchisce di tutti gli aggravi disposti dal giudice ordinario, della penale del 2,5% aggiunta dal Tar (chiamato a dare esecuzione ai decreti ingiuntivi) e degli interessi commerciali maturati con gli anni. Una fortuna per i creditori e una tragedia per i conti, già ridotti all’osso, delle aziende sanitarie calabresi. Anche perché bisogna aggiungere che, ai costi sopra elencati, si aggiunge anche l’onorario del commissario ad acta nominato dal Tar per recuperare i soldi dei creditori.

 

UN DEBITO ENORME La situazione grave appena riportata – almeno 20 decreti ingiuntivi a udienza presso il Tar – riguarda le sole competenze del Tribunale amministrativo di Catanzaro. Perché Reggio Calabria ha il suo Tar e anche qui le cose non vanno meglio se pensiamo che la scorsa primavera il commissario ad acta Massimo Scura ha nominato un supermanager, Pietro Evangelista, per rimettere in ordine i conti dell’Asp reggina. Un commercialista – dall’onorario di tutto rispetto di 600 euro al giorno – che avrà, tra l’altro, il compito di mettere ordine tra gli enormi debiti dell’Asp reggina: «l’allineamento del partitario fornitori» e tentare di superare «numerose criticità di carattere organizzativo e procedurale che hanno prodotto, e producono ancora oggi, effetti diretti nella contabilizzazione, liquidazione e pagamento dei documenti passivi, nonché nella gestione contabile degli atti ingiuntivi di assegnazione». 
L’abitudine di pagare i fornitori dopo anni e i mancati controlli da parte degli organi regionali competenti sull’operato degli uffici amministrativi delle Asp sono una delle maggiori cause di impoverimento della Sanità calabrese. 
Ad agosto 2014 Antonella Stasi, ex presidente facente funzioni delle Regione, annunciò che «Il debito sanitario pregresso, ante 2008, e’ stato coperto parte con fondi Fas e parte con mutui. L’ammontare complessivo dei fondi Fas utilizzati destinate alla copertura del debito sanitario è pari a 688 milioni di euro, di cui 355 già ricevuti dalla Regione e trasferiti alle aziende per il pagamento dei fornitori. I rimanenti 333 milioni sono stati recentemente deliberati dal Cipe ma ancora non trasferiti dal Mise. I mutui accesi al medesimo scopo con il Ministero dell’economia e delle finanze sono due. Il primo nell’anno 2011 pari a 428 milioni che e’ stato finora utilizzato per 179 milioni; ulteriori 204 milioni sono stati trasferiti alla Regione nel luglio 2014 e presto potranno essere erogati alla aziende. I rimanenti 45 non sono ad oggi disponibili per carenza di cassa ministeriale. Il secondo mutuo, pari a 89,750 milioni, è stato stipulato nel 2013 ex dl 35/2013 e le risorse sono state già interamente utilizzate dalle aziende per il pagamento di fatture certificate. Per far fronte al pagamento di detti mutui saranno utilizzate esclusivamente risorse autonome regionali». Cifre importanti per coprire i soli debiti ante 2008. Per ripianare il debito sono stati già imposti, negli anni passati, aumenti delle tasse a carico delle imprese e dei cittadini calabresi, attraverso l’aumento della addizionale Irpef, delle aliquote Irap o dell’accisa sulla benzina.
Ma ci sono cifre esorbitanti ancora da sanare e che sotto forma di decreti ingiuntivi – ai quali, tra le altre cose, le aziende sanitarie in sede legale non si sono mai opposte – ogni giorno bussano a denari nelle tasche delle Asp calabresi.
Bisognerà fare in fretta a ristrutturare questo debito cercando di non spolpare ulteriormente una Sanità già ridotta all’osso.

 

Alessia Truzzolillo

a.truzzolillo@corrierecal.it

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