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Aranceto, il blitz dopo l'aggressione ai carabinieri

CATANZARO Disprezzo per l’autorità e rifiuto della legge. C’è questo, oltre alla violenza verbale e fisica nei confronti di alcuni carabinieri, alla base dell’ordinanza firmata dal gip Assunta Maiore…

Pubblicato il: 30/07/2015 – 15:21
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Aranceto, il blitz dopo l'aggressione ai carabinieri

CATANZARO Disprezzo per l’autorità e rifiuto della legge. C’è questo, oltre alla violenza verbale e fisica nei confronti di alcuni carabinieri, alla base dell’ordinanza firmata dal gip Assunta Maiore con cui questa mattina gli uomini del reparto operativo dell’Arma hanno tratto in arresto sette persone residenti nel quartiere Aranceto, a Catanzaro.
A determinare il blitz di questa mattina, infatti, è stato quanto avvenuto nel quartiere Lido nella notte dello scorso scorso 11 luglio, quando tre carabinieri, dopo aver fermato per una semplice identificazione tre ragazze minorenni di etnia rom, venivano insultati, minacciati e aggrediti da oltre trenta persone anch’esse rom. I militari, secondo quanto ricostruito dal gip anche grazie alle dichiarazioni di altri rappresentanti delle forze dell’ordine intervenuti sul posto, erano stati minacciati di morte e apostrofati con frasi ingiuriose: «Te l’ho detto già una volta – aveva inveito uno degli arrestati, padre di una delle ragazze fermate, all’indirizzo di uno dei militari – che tu la gente dell’Aranceto non la devi neanche guardare, non ci devi confondere con gli altri, noi non siamo di Pistoia (l’altro quartiere roccaforte dei rom catanzaresi, ndr). I figli miei manco li devi guardare se no fai una brutta fine, pezzo di m…: guarda che io sono pazzo e non ho nessun problema a farmi 20 anni di galera, io non ci metto un c… ad ammazzarti, pezzo di m…». O come: «Avete rotto il c…, sbirri di m…, io vi ammazzo tutti, quando ci vedete dovete voltarvi da un’altra parte». Il tutto condito da spintoni e pugni al torace che procuravano a due militari contusioni dichiarate guaribili in sette giorni. In mezzo, anche gli sputi ad un carabiniere da parte di una minorenne, sorella di una delle ragazze fermate per il controllo, e le invettive della mamma della stessa minorenne.
Ma lo spaccato offerto dal gip nelle dodici pagine che ricostruiscono i fatti e spiegano i motivi dell’arresto è una testimonianza di come a Catanzaro ci siano uomini, donne e minori che credono di essere al di sopra della legge, di essere intoccabili.
«L’episodio – si legge nell’ordinanza – rappresenta un gravissimo e allarmante fatto criminoso, ai danni di militari impegnati nel servizio di pattuglia. […] (Gli indagati), agendo in concorso con almeno altri trenta nomadi, ponevano in essere – aggiunge il gip – una vera e propria azione di resistenza collettiva, al solo fine di marcare il territorio, sottolineare la propria forza e non riconoscere in alcun modo l’autorità costituita».
Da anni, il quartiere Aranceto e viale Isonzo sono terra di nessuno, un far west in cui lo Stato raramente si avventura, in cui addirittura alcuni pezzi di Stato hanno rinunciato ad entrare. Come l’Aterp, ad esempio, che non riesce a far rispettare le graduatorie per l’assegnazione degli alloggi popolari che vengono puntualmente occupati dai rom.
A ribadire l’esigenza di maggior intervento da parte dello Stato è quindi lo stesso gip Maiore. L’ordinanza vergata dal gip, infatti, con riferimento a quanto avvenuto l’11 luglio scorso, riporta: «L’azione dimostra quindi in modo tangibile l’immediata necessità di ricorrere a misure che neutralizzino l’estrema pericolosità sociale degli indagati e che affermino il potere dello Stato di esercitare la propria sovranità anche attraverso il controllo dell’ordine e della sicurezza». Un assunto che fa eco alle dichiarazioni e alle intenzioni dimostrate dal prefetto di Catanzaro, Luisa Latella, che sin dal suo insediamento ha voluto mettere sotto la lente d’ingrandimento proprio quelle terre di nessuno. E ciò nonostante sia evidente la necessità di un rafforzamento organico non solo delle forze dell’ordine impegnate sul territorio, ma anche dei magistrati in forza alla Procura di Catanzaro, che da tempo lamentano di essere sommersi da carichi di lavoro decisamente superiori alla media nazionale a causa dei quali, alcuni procedimenti o alcune indagini – anche sulla ‘ndrangheta – rischiano di essere compromessi.

 

ale. tar.

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