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Spesa comunitaria, Nicolò: «Calabria al primo posto per demerito»

REGGIO CALABRIA «La Calabria ed il Mezzogiorno galleggiano su una enorme quantità di danaro fresco per l’economia che rischia di finire prosciugato e reindirizzato dopo il 31 dicembre di quest’anno…

Pubblicato il: 18/08/2015 – 11:48
Spesa comunitaria, Nicolò: «Calabria al primo posto per demerito»

REGGIO CALABRIA «La Calabria ed il Mezzogiorno galleggiano su una enorme quantità di danaro fresco per l’economia che rischia di finire prosciugato e reindirizzato dopo il 31 dicembre di quest’anno». Lo afferma in una dichiarazione il presidente del gruppo consiliare di Forza Italia a Palazzo Campanella, Alessandro Nicolò. «La data del prossimo dicembre – prosegue Nicolò – pende come una spada di Damocle sulle teste dei calabresi e dei meridionali per l’incapacità finora dimostrata di accedere e spendere efficacemente la straordinaria messe di risorse finanziarie del Por 2007/2014. Secondo gli analisti, l’insufficiente capacità di spesa delle risorse comunitarie delle Regioni meridionali, dove la Calabria è al primo posto nella classifica di demerito, è causata da fattori plurimi: dall’inefficiente ruolo della burocrazia, alla mancanza di orientamento strategico delle risorse verso i settori più appetibili sui mercati nazionali ed internazionali. Qui non si tratta – afferma Alessandro Nicolò – di gettare la croce delle responsabilità all’ultimo arrivato, ma la stagnazione, l’immobilismo, della fase politica che stiamo vivendo è sicuramente imputabile al Pd ed al centrosinistra. Ne deriva che, con l’acqua davvero alla gola, il consiglio regionale sarà chiamato a dibattere il prossimo 31 agosto, come dire, per salvare il salvabile delle quote 2007/2014 e per dare un primo orientamento chiaro su come procedere per la programmazione dei 22 mld di euro del periodo 2014/2020. Abbiamo dinanzi appuntamenti – sottolinea Nicolò – di assoluta caratura storica, il cui mancato raggiungimento significherà che per la Calabria parlare di futuro sarà esclusivamente un esercizio lessicale senza contenuti, che spingerà fuori dalla nostra terra tutti i giovani, soprattutto quelli in possesso di capacità del fare, i quali andranno ad arricchire con il loro sapere i nostri più diretti concorrenti, nazionali ed internazionali. In questo quadro – aggiunge Alessandro Nicolò – si sta sviluppando nel dibattito generale del Paese un autentico attacco culturale contro l’esperienza regionalista, ben orchestrato dai nostalgici del centralismo istituzionale che ben vedrebbero riportare al livello romano tutta la partita comunitaria, appiccicando addosso alla Calabria ed al Mezzogiorno la certificazione di “manifesta incapacità” politica ed amministrativa. Ma su un punto, però – dice ancora Alessandro Nicolò – tutti gli analisti concordano: la generale riscossa del Paese passa dallo sviluppo del Sud. Il Nord sta pagando anch’esso le difficoltà del Mezzogiorno che, secondo gli ultimi dati, fa segnare un Pil in regresso per il settimo anno consecutivo. Tutto ciò testimonia, anche se a macchia di leopardo, come aree dell’economia del Sud sempre piu’ larghe affoghino nella crisi, soprattutto il settore produttivo ed agricolo. È una situazione che la Calabria, in particolare, non potrà reggere per molto, con il territorio a forte rischio dissesto, infrastrutture di mobilità continuamente messe in discussione e maltenute, e non sempre per responsabilità degli amministratori locali. Da questa situazione – conclude Nicolò – la politica calabrese deve trovare una spinta per muoversi con forte spirito unitario per riaffermare il diritto delle nuove generazioni di vivere qui, o tornare nella loro terra, elevando la qualità del dibattito nelle sedi istituzionali misurandosi sugli obiettivi strategici e non sulle piccole prebende, offrendo al Governo ed al dibattito nazionale un quadro di riferimento istituzionale pronto ad assumersi le proprie responsabilità confinando definitivamente le piccole beghe, i contrasti ed il marchio di regione criminale che in tanti vogliono cucirci definitivamente addosso, costringedoci a rinunciare al nostro diritto di essere una terra normale, e comunque, non troppo lontana dai livelli medi di crescita e di benessere delle altre regioni».

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