«I palazzoni dell'Aterp sono un inno al degrado»
LAMEZIA TERME A Lamezia Terme la chiamano “Ciampa di Cavallo”, un semicerchio di case popolari abbandonato a se stesso, un esempio poco virtuoso di edilizia popolare costruito non lontano dall’ospeda…

LAMEZIA TERME A Lamezia Terme la chiamano “Ciampa di Cavallo”, un semicerchio di case popolari abbandonato a se stesso, un esempio poco virtuoso di edilizia popolare costruito non lontano dall’ospedale. Un degrado che fa a pugni con le villette e cooperative sorte tutt’intorno. A “Ciampa di Cavallo”, per fare un esempio, gli ascensori non funzionano, ci sono anziani, invalidi, che non escono di casa perché non possono affrontare le scale. Davanti alle porte di questi ascensori, scrivono i due consiglieri comunali dell’Udc, Giancarlo Nicotera e Pasquale Di Spena, «sono state messe statue sacre e piante nella consapevolezza che non si apriranno mai». Si cerca di dare un minimo di decoro là dove l’abbrutimento è in agguato. Il tour dei consiglieri comunali prosegue: «In via Salvatore Miceli, con uno scaricabarile assurdo, tanti residenti e soprattutto molti bambini sono costretti da mesi a giocare nelle pozze di acqua putrida derivanti dalla fogna a cielo aperto. Non dimenticando infine San Pietro Lametino, ove da anni le condizioni di vita dei residenti farebbero impallidire le popolazioni del terzo mondo».

(Una statua della Madonna davanti a uno degli ascensori degli alloggi Aterp)
L’Udc di Lamezia punta il dito contro l’Aterp che «a Lamezia Terme, in tutti questi anni, non ha certamente ecceduto in celerità, tempismo e produttività». Un esempio monumentale della malagestione degli alloggi popolari sono «i palazzoni mai finiti nei pressi di Savutano che da decenni sono l’icona del fallimento dell’emergenza abitativa». «Intere generazioni – scrivono Nicotera e Di Spena – sono rimaste senza un tetto, senza che vi fosse un sensato perché».

(Le infiltrazioni d’acqua negli appartamenti di “Ciampa di cavallo”)
L’Udc invoca il pugno duro contro l’immobilismo e l’indifferenza dei dirigenti Aterp. È giusto che il Comune intervenga e non dimentichi anche il ricorso alle maniere forti. Per esempio con una diffida ex articolo 650 – inosservanza dei provvedimenti dell’autorità – secondo la quale se non si adempie ad un compito al quale si è preposti, si incorre nella commissione di un reato. Pugno duro, dunque, e sanzioni penali «contro i dirigenti inadempienti nei casi di pericolo per le persone, la loro salute ed igiene, nonché la loro incolumità». «In Calabria forse un interventi del genere non sono stati mai adottati – dice Nicotera – ma al Nord sì e ci sono le delibere dei Comuni lo provano». Esiste una legge e si può applicare.
ale. tru.