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Cari colleghi vi scrivo

Cari colleghi che avete partecipato alla manifestazione d’interesse indetta dalla Regione, sapete quanto stimi ognuno di voi (lo sapete, no?), ma permettete un attimo, date un po’ di attenzione a que…

Pubblicato il: 10/01/2016 – 11:16
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Cari colleghi che avete partecipato alla manifestazione d’interesse indetta dalla Regione, sapete quanto stimi ognuno di voi (lo sapete, no?), ma permettete un attimo, date un po’ di attenzione a questa breve concatenazione di parole. Beh, sì, insomma… avrei una trascurabilissima critica da farvi. Concedete, vero? So che è irrituale, che tra colleghi non si fa, che il lavoro è sacro e le opportunità si deve provare a coglierle, eccetera eccetera. Purtuttavia vi prego di accogliere, possibilmente con uno stato d’animo improntato alla tolleranza, queste mia frase sincera e non richiesta: siete stati degli sprovvedutelli (volevo usare un altro sostantivo, ma poi ho pensato che sarebbe stato troppo forte e mi sarei attirato le vostre, di critiche). Già, da esperti e frequentatori di “cose di Calabria” non mi aspettavo un’improntitudine del genere. Che diamine, un errore simile poteva farlo qualche altra categoria professionale, che so?, gli infermieri che credono nei concorsi regolari, gli stagisti convinti che un bando li salverà, i precari che continuano a confidare nelle promesse di questo o quel capataz locale. Ma voi, voi! Cadere così nella trappola tesa da sua eccellenza il governatore Mario Oliverio! Suvvia, vi facevo più scafati, più avveduti. Eppure dovreste conoscere bene la realtà in cui vivete e che cercate di descrivere ogni giorno con i vostri articoli, le vostre inchieste, i vostri approfondimenti. Ecco, vi sarebbe bastato fermarvi un momento e riflettere; e poi quel bando non avrebbe mai avuto il vostro nome in bella mostra. Ora vi siete resi conto di cosa avete fatto, non è così? Ve lo ripeto io, così mi calo completamente nella parte (che non mi piace e che mi sforzo di non recitare quasi mai) del bacchettatore infallibile: avete dato una parvenza di legittimità a qualcosa che legittimo non è e non sarà mai. E questo nonostante siano stati pubblicati più e più analisi e articoli (scritti da voi stessi, eh?) nei quali veniva smascherata la sostanziale illegalità di quella selezione, laddove – vivaddio – per tutti gli incarichi pubblici servono i concorsi, con tanto di prove attitudinali, scritte, orali. Funziona così, in tutti i posti che non siano questa negletta regione. L’hanno ribadito anche molti tra voi/noi: Oliverio non può scegliere i giornalisti che piacciono a lui e poi farli pagare dai calabresi. No, no, no.
Però poi mi siete caduti sul più bello e, tra l’altro, molti di voi hanno pure dovuto subire l’onta di essere depennati per quisquilie documentali, quando – fosse stata una selezione seria – sarebbe bastato ammettervi con riserva in attesa delle integrazioni necessarie e (forse) richieste.
Permettetemi di indulgere ancora, cari amici e colleghi: non sapete che qui si straparla di merito e opportunità ma alla fine a primeggiare sono sempre i prìncipi e i princìpi dell’opportunità e della clientela? Non avete avuto modo, negli anni, di sperimentarlo sulla pelle dei personaggi delle vostre inchieste, così come sulla spocchia dei soliti ras che tutto controllano e tutto insozzano?
«Io mi iscrivo, non si sa mai»: lo avete pensato e vi siete comportati di conseguenza, con ciò snobbando quella stessa esperienza maturata su un campo di battaglia infame, dove i generali urlano di continuo gli ordini di «rinnovamento», «cambiamento», «svolta», «rivoluzione», per poi favorire sempre e solo le truppe fidate e fidatissime, siano esse attrezzate alla guerra o meno.
In quell’elenco ufficiale, lo sappiamo tutti, c’erano colleghi che sapevano di essere scelti ancor prima che Oliverio firmasse il relativo decreto; quei posti, lo sappiamo tutti, sono già occupati da tempo; quel «non si sa mai» è una porta aperta al Caso che, lo sappiamo tutti, sarebbe comunque andata a sbattere contro una decisione aprioristica e giammai modificabile. Avrebbero potuto tentare la sorte anche Indro Montanelli o Arrigo Benedetti o Enzo Biagi: niente, non avrebbero avuto alcuna chance nemmeno loro, cari amici.
Dunque, qual è la mia trascurabile conclusione, stimatissimi colleghi? Arriva: siete stati complici, in buona fede, di un misfatto bello e buono (uno dei soliti, neanche troppo originale). Da voi non me l’aspettavo. Con immutata stima.

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