"Aemilia", in manette imprenditori e commercialisti
BOLOGNA Decine di carabinieri del comando provinciale di Modena e finanzieri di Cremona stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare e un sequestro preventivo, emessi dal gip di Bologna su ric…

BOLOGNA Decine di carabinieri del comando provinciale di Modena e finanzieri di Cremona stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare e un sequestro preventivo, emessi dal gip di Bologna su richiesta della Dda, nei confronti di sei persone e altrettante società di capitale, tra Emilia-Romagna, Veneto e Calabria. È una nuova tranche dell’operazione “Aemilia” contro la ‘ndrangheta. I provvedimenti nascono da un’attività investigativa, sviluppata in prosecuzione dell’inchiesta madre che ha individuato e disarticolato una consorteria della ‘ndrangheta autonomamente operante in Emilia, con capacità imprenditoriale e di infiltrazione. Il 28 gennaio 2015 ci furono 117 arresti; sono 224 i rinviati a giudizio o con il processo in abbreviato in corso. Il valore complessivo di beni e società sequestrate nell’indagine è di quasi 500 milioni di euro. I sequestri di beni eseguiti in mattinata da Carabinieri e Guardia di Finanza ammontano ad oltre 20 milioni di euro.
COLPITI IMPRENDITORI E COMMERCIALISTI La nuova ordinanza del gip Alberto Ziroldi va a colpire imprenditori e commercialisti. Si tratta di figure già quasi tutte coinvolte nei precedenti filoni e che rispondono di intestazione fittizia e trasferimento fraudolento di beni, con l’aggravante di aver agito per agevolare un’associazione di tipo mafioso. È stato raggiunto da custodia cautelare in carcere Giuseppe Giglio detto “Pino”, già accusato di essere uno degli organizzatori dell’associazione e attualmente in regime di 41 bis. Tra i destinatari della misura ci sono poi gli imprenditori reggiani Palmo e Giuseppe Vertinelli, anch’essi già arrestati in precedenza e imputati nel processo, il commercialista crotonese Donato Agostino Clausi, anche lui finito in manette a gennaio 2015, quindi il fratello di Giglio, Giulio e il padre, Francesco, per il quale sono scattati i domiciliari. Le indagini hanno consentito di accertare che gli indagati, fino alla primavera 2015, avrebbero eluso le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione per salvaguardare i patrimoni di provenienza illecita, di cui sono titolari occulti, rendendosi responsabili del trasferimento fraudolento di beni mobili e immobili, mezzi e quote societarie intestandole fittiziamente a prestanome. Tra i beni sequestrati, oltre a società nelle province di Crotone, Parma, Vicenza e Verona, c’è un agriturismo del Crotonese, dal valore di diversi milioni, gestito da Francesco Giglio.