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La «mafia pulita» che piace alla borghesia della Locride

REGGIO CALABRIA Per la borghesia della Locride, sono sempre stati la mafia pulita, quelli che mantengono l’ordine, quelli che – quando non sono in galera – non c’è ragione di non frequentare. Adesso…

Pubblicato il: 22/01/2016 – 13:23
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La «mafia pulita» che piace alla borghesia della Locride

REGGIO CALABRIA Per la borghesia della Locride, sono sempre stati la mafia pulita, quelli che mantengono l’ordine, quelli che – quando non sono in galera – non c’è ragione di non frequentare. Adesso però i Commisso mostrano il loro vero volto e probabilmente la vera natura della loro immensa disponibilità economica: sono fra i registi del traffico internazionale di cocaina.

AMICI INGOMBRANTI «Per la prima volta – afferma il procuratore aggiunto Nicola Gratteri – abbiamo beccato il clan Commisso con le mani nella cocaina e non i Commisso di terza fascia, ma il Mastro, quello che nelle intercettazioni afferma – ed è vero – “controllo 118 locali di ‘ndrangheta”. Adesso, la borghesia della Locride, i dirigenti della pubblica amministrazione, i professionisti e gli imprenditori che non hanno remore a mostrarsi con loro perché li considerano “mafia pulita”, vedremo cosa avranno da dire». È questa la vera novità dell’operazione “Apegreen Drug” scaturita dall’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Gratteri e dal pm Antonio De Bernardo che oggi ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 persone fra capi e gregari del clan Commisso, la famiglia di ‘ndrangheta che da decenni schiaccia Siderno e il suo comprensorio. «Un’operazione che colpisce per la qualità degli arresti più che per la quantità», commenta il direttore della prima sezione dello Sco, Andrea Grassi.

GLI ARRESTATI Per otto – il “Mastro” Giuseppe Commisso, l’ambasciatore del clan Pesce Domenico Arena, e i luogotenenti del clan di Siderno Cosimo Pezzano, Claudio Spataro, Luigi Fazari, Michele Correale, Giovanni Galluzzo e Vincenzo Genise – il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere, per gli altri – Rocco e Giuseppe De Masi, Marco Macrì, Salvatore Buttiglieri Antonio Futia e Gianluca Castagna – i domiciliari. Fra questi ultimi c’è anche il poliziotto infedele che per anni ha permesso ai Commisso di ritirare “in sicurezza” i carichi di droga senza incappare in controlli ed ispezioni.

L’INFEDELE «La ‘ndrangheta è forte quando le istituzioni sono deboli», commenta il procuratore capo della Dda reggina, Federico Cafiero de Raho. «Ma la sua individuazione – sottolinea il Questore Raffaele Grassi – è la dimostrazione che le istituzioni di Reggio Calabria hanno anticorpi sufficienti per isolare le mele marce». Per anni però, Castagna, dal suo ufficio della polizia di frontiera, è riuscito a guidare il clan nel labirinto del porto di Gioia Tauro procurando che i carichi dei Commisso arrivassero integri a destinazione. Ma non solo. In alcune occasioni, sarà lui a “scortare” gli uomini del clan quando si muovevano per le “consegne”. È stato infatti grazie al sovrintendente che più volte i Commisso sono riusciti a rifornire di cocaina Francesco Fattorusso, noto esponente del clan camorristico Aquino-Annunziata di Boscoreale. E se è vero che fin dagli anni Settanta, le ‘ndrine hanno lavorato spesso in tandem con i clan di camorra, proprio l’indagine Apegreen dimostra che qualcosa è cambiato.

RAPPORTI CON LA CAMORRA «Quando i capi di Scampia erano liberi, erano in grado di contattare direttamente i fornitori colombiani – spiega il procuratore nazionale della Dna, Franco Roberti –. Da quando sono finiti in galera, la camorra ha subito un’involuzione. Adesso abbiamo gruppi di cani sciolti che si rivolgono a diversi fornitori». E spesso, se non sempre, si tratta della ‘ndrangheta, divenuta grossista di riferimento «tanto per le famiglie del napoletano, come per Cosa Nostra», specifica Cafiero de Raho. Ma l’iniezione di cocaina calabrese sul mercato conteso del napoletano non è stata neutrale. Non è escluso che Fattorusso, nel marzo 2014 trovato morto carbonizzato all’interno della sua auto, abbia perso la vita proprio per quei fiumi di cocaina con cui la famiglia degli Aquino-Annunziata inondava piazze di spaccio contese ai clan del Salernitano.

LA ROTTA AFRICANA Droga che arrivava “in sicurezza” al porto di Gioia Tauro grazie al “fido” Campagna e alla benedizione del clan Pesce che ne controlla una porzione, all’interno di container spesso provenienti dall’Africa. «Non è la prima volta che le nostre indagini dimostrano che l’Africa è uno dei punti di stoccaggio per i carichi provenienti dall’America Latina. In alcuni casi si tratta di spedizioni tramite container, in altri la droga viene trasportata a riva da barche telecomandate di piccole dimensioni che si arenano su spiagge isolate, o tramite piccoli velivoli – spiega Gratteri, da decenni vero e proprio segugio sulle tracce dei narcos – .Le indagini in Africa sono complesse perché la corruzione è estremamente diffusa e più di una volta abbiamo visto generali dell’esercito mettere a disposizione dei narcos piste di atterraggio. Nel caso specifico, il Congo veniva utilizzato come porto di stoccaggio, da cui in seguito far partire i container».

LA REGIA DEI TRAFFICI Un traffico complesso, quasi sofisticato, concepito dal Mastro Commisso in collaborazione con il clan Pesce, perché – aggiunge Gratteri – «non è possibile entrare al porto senza lasciare una quota o una mazzetta ai clan che lo controllano». A svelarlo a investigatori ed inquirenti sono state le conversazioni captate nella lavanderia Apegreen – vero e proprio ufficio del boss – da una fortunata microspia che nel 2010 ha captato chiacchierate e informazioni finite al centro di un fortunato filone investigativo inaugurato dall’operazione Crimine e proseguito con Recupero, Bene comune, Falsa politica, Morsa sugli appalti pubblici, Krupy. Tutte indagini che hanno svelato la galassia di interessi del clan, dall’amministrazione comunale all’edilizia pubblica e privata, dagli appalti alle estorsioni, come le gerarchie e i conflitti interni. Un percorso investigativo durato anni, ma riuscito a colpire al cuore il clan più potente della Locride.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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