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La trasformazione genetica del Pd

L’attuale espressione pubblica della politica, dimostrativa di una confusione idealistica e ideologica e di un imbarbarimento dei costumi che non ha eguali nella storia, mette in crisi le coscienze…

Pubblicato il: 01/03/2016 – 16:13
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La trasformazione genetica del Pd

L’attuale espressione pubblica della politica, dimostrativa di una confusione idealistica e ideologica e di un imbarbarimento dei costumi che non ha eguali nella storia, mette in crisi le coscienze. Lo fa a livello nazionale, per la sua conduzione “privatistica”. Riproposta anche a livello più locale. 
Vale quasi ovunque la regola della peggiore inclusione dei resti di quelli che furono i partiti. Una inclusione “politica” perfezionata così male da far venire in mente quella mineralogica, ove ogni materiale viene intrappolato, a prescindere, all’interno del minerale durante la sua formazione. Tanto da divenire un prodotto, spesso di pessima qualità e quasi sempre dalle componenti non identificabili. 
È ciò che sta accadendo nel Pd nazionale, egemone dell’attuale stagione politica che include via via “materiali” non propriamente preziosi, indispensabili per conseguire i quorum maggioritari in Parlamento. Il tutto a discapito dell’unità degli intenti che l’anima della sinistra inascoltata urla e rivendica.
Da qui la formazione di un “monolite” senza storia e privo di rispetto sociale che, anziché impreziosirsi con le novità promosse e promesse da Matteo Renzi, viene viziato progressivamente. Inquinato dalla presenza di Alfano & Co., ben sistematosi al governo, e dalla banda di Verdini, comodamente accomodati dietro le quinte, pronti a suggerire e a pretendere dai protagonisti dell’opera. Insomma, il gioco cosiddetto sporco prevale su quello pulito!
Una tale soluzione genera danni in progressione geometrica. In periferia, le postazioni decisorie risultano sempre di più occupate da consumatori di politica, intendendo per tali coloro i quali ne hanno fatto e ne fanno il peggiore uso. Trattata come se fosse un nastro trasportatore di alimenti da divorare e metabolizzare lentamente per assimilarne ogni effetto utile a taluno, singolo o associato (anche a delinquere).
Dunque, una voracità eccessiva seguita da una gestione lenta produttiva della «assimilazione» del maggiore “grasso” possibile da destinare al proprio patrimonio privato. 
Come tutti i consumi, se fatti male, del tipo quello che si è fatto del nostro territorio e dei nostri mari, generano danni spesso irreversibili incrementati da una voracità in crescita continua. Nella politica più nostrana, prevale quello di allevare al seguito aspiranti masticatori professionisti che, come le capre in mezzo agli ulivi, impediscono ogni produzione, divorando foglie e gemme sino alle cime più alte. 
Contrapposti ai suddetti ci sono i consumatori di democrazia e dei diritti. Quei cittadini che furono. quei componenti di una società civile onesta che un tempo decidevano per ideale o, quantomeno, offrendo il loro consenso a chi lo meritava. Forse a chi prometteva e (anche) dava alla collettività, ma che lo faceva impersonificando l’esercizio di una politica di qualità, guadagnata con merito. Un valore riconosciuto ovunque e da chiunque, che spesso si traduceva in incarichi pregevoli di governo e in postazioni egemoni nei partiti (su tutti Giacomo Mancini docet).
Oggi i consumatori di democrazia sono a secco perché non la rintracciano più, ingombrati come sono da piccoli e grandi mestieranti che suppongono di decidere per tutti (dicunt). Finanche delle cose più intime.

*Docente Unical

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