Il pm del processo Boettcher nel mirino della 'ndrangheta
MILANO A una settimana dalla sentenza che ha condannato a 23 anni Alexander Boettcher per le aggressioni con l’acido a Stefano Savi e a Giuliano Carparelli, arrivano le minacce al sostituto procurato…

MILANO A una settimana dalla sentenza che ha condannato a 23 anni Alexander Boettcher per le aggressioni con l’acido a Stefano Savi e a Giuliano Carparelli, arrivano le minacce al sostituto procuratore Marcello Musso. Lo riporta il Corriere della Sera nella sua edizione di Milano. E spiega che «se le inchieste per gli agguati con l’acido rappresentano il contesto “pubblico” e più evidente di questa intimidazione, nella lettera si trovano però riferimenti molto specifici e dettagliati ai processi contro trafficanti di droga legati alla ‘ndrangheta che il magistrato sta portando avanti in questi mesi. E che definiscono dunque uno spessore molto più consistente dietro quelle minacce». Chi ha pedinato il pm recapitandogli la missiva potrebbe essere legato alle cosche di ‘ndrangheta impiantate a Milano.
La busta è stata trovata nella serata di domenica, intorno alle 21, dallo stesso pm che ha subito avvertito la Procura generale, quella di Brescia (competente per i casi che riguardano i magistrati milanesi) e il comando provinciale dei carabinieri.
L’impressione è che le persone che hanno pedinato il magistrato e poi imbucato la lettera abbiano sovrapposto due ordini di riferimenti: agli agguati con l’acido e ai trafficanti di droga. «L’analisi del testo – si legge ancora sul Corriere – permette però di ipotizzare che l’ambiente dal quale provengono le minacce sia proprio quello della criminalità organizzata. Un fatto confermato da due elementi: la meticolosità e la costanza con la quale il magistrato è stato più volte pedinato e la costruzione obliqua tipica del messaggio mafioso».
Musso è già stato sotto scorta negli anni passati per le minacce ricevute quando si occupava di indagini antimafia. Ma l’ombra dei clan sembra oggi comparire anche dietro quest’ultima lettera, nella quale compare un esplicito riferimento a uno degli imputati nel processo Pavone, attualmente in corso in primo grado proprio al Tribunale di Milano.
L’inchiesta vede al centro di traffici di cocaina gruppi legati agli ‘ndranghetisti Muscatello, ma anche uomini del clan di Quarto Oggiaro di Francesco «Gianco» Castriotta, condannato in via definitiva a 23 anni (sempre in un’indagine del pm Musso) e latitante da sei anni. Castriotta, peraltro, è uno degli imputati di quest’ultimo processo che, in abbreviato, ha già portato a più di trenta condanne con pene fino a vent’anni.
Il riferimento al trafficante «Gianco» e all’indagine Pavone: «Carabbiniere chi ti sente? Ti piace vedere gente portata in manette… ai cristiani chiedi di aiutarti a trovare il ragazzo scappato per forza che lai di mira di quarto…».