Nuovi rivelatori di raggi x anche "made" Lamezia
LAMEZIA TERME Una ricerca che parla diverse lingue, attraversa l’Europa fino a giungere a Lamezia Terme. È il progetto I-Flexis, finanziato dalla commissione europea all’interno del VII Programma Qua…

LAMEZIA TERME Una ricerca che parla diverse lingue, attraversa l’Europa fino a giungere a Lamezia Terme. È il progetto I-Flexis, finanziato dalla commissione europea all’interno del VII Programma Quadro, che sta portando a termine la creazione di nuovi rilevatori di raggi x non solo in campo biomedico, ma anche in altri ambiti, come la sicurezza. Assieme a vari partners europei – Francia, Portogallo e Svizzera – e alle università di Bologna, Trieste e Cagliari, è stata chiamata a collaborare anche la Bioage Srl, società lametina che si occupa di ricerca e produzione di strumentazione scientifica. Un lavoro sinergico non solo per i soggetti coinvolti, ma anche per la fondamentale unione di scienza, tecnologia e industria; lo scopo è infatti quello di creare una nuova generazione di sensori di raggi x che possano rappresentare una novità nel settore, grazie ai costi ridotti, alla semplicità di utilizzo, alla flessibilità di ricerca e di implementazione, e quindi ad una bassa tecnologia e un basso impatto ambientale.
«Ad oggi non ci sono dei rilevatori con queste particolari caratteristiche e che riescono a lavorare su grande scala», ha spiegato la professoressa Beatrice Fraboni dell’università di Bologna, che è anche la coordinatrice del progetto. Durante la conferenza stampa di presentazione del meeting, che si è svolto nella sede della Bioage alla presenza anche dei ricercatori stranieri, la professoressa ha chiarito i dettagli tecnici dei lavori. «Abbiamo utilizzo delle molecole organiche che hanno creato un materiale sottile per applicazioni impercettibili, che può reagire i raggi x e sentire quindi la loro presenza in contesti diversi – ha spiegato la coordinatrice -. Questi materiali organici sono delle molecole che possono essere disciolte in una soluzione e quindi la preparazione di questi dispositivi (i rilevatori di raggi x) può essere fatta anche con una semplice stampante che abbiamo in casa».
Un lavoro che è partito proprio da Bologna e che ha attraversato altre università e aziende di diverso settore, ognuna con un diverso ruolo e una precisa funzione. È toccato invece all’ingegnere Stefano Sinopoli spiegare il ruolo che ha avuto la Bioage all’interno della ricerca. «Noi siamo stati responsabili dell’integrazione del processo di sviluppo di tutti i dispositivi elettronici che vengono utilizzati per la lettura e la trasmissione a distanza dei raggi x. Siamo giunti in questi mesi all’ideazione di uno strumento con un’elettronica molto compatta». Lo stesso ingegnere ha anche dato dimostrazione pratica del rilevatore attraverso un manichino sul cui braccio era collocato il sensore sotto forma di braccialetto. «Il braccialetto viene indossato dal paziente in sala operatoria per misurare la dose di raggi x alla quale è sotto posto – continua Sinopoli -. Il sistema acquisisce i valori dei raggi x e li trasmette ad un computer. Se c’è una sovraesposizione, che può essere dannosa per il paziente, si accende una spia che fornisce al chirurgo le informazioni in tempo reale».
Un rilevatore, come dicevamo, utile non soltanto per la medicina, ma che può essere utilizzato anche per quanto riguarda la sicurezza in aeroporto durante lo screening dei bagagli. Infatti, tramite una semplice etichetta da bagaglio – con le stesse caratteristiche del sensore utilizzato in sala operatoria –, posta sulla valigia, si può verificare se quella stessa valigia sia stata effettivamente testata ai raggi x e quindi posso essere considerata sicura.
Il progetto, iniziato nell’ottobre 2013, giungerà a termine nell’ottobre di quest’anno, concludendo i lavoro attraverso la presentazione dei prototipi in Commissione europea a Bruxelles.
Adelia Pantano
redazione@corrierecal.it